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Il vaticanista Schiavazzi e le messe vietate: “Conte miope, ha fatto un regalo a Salvini e Meloni”

La Cei ha risposto severamente al Governo che nella fase 2 non permette l’accesso alle parrocchie per la messa. Ma è davvero in pericolo la libertà di culto?

Il Papa durante la messa di Pasqua

Il Papa durante la messa di Pasqua

L’intervista esclusiva al vaticanista Schiavazzi sulla fase 2 per commentare il discorso del premier Conte che si è svolto ieri sera, domenica 26 aprile.

Infatti ieri sera il premier ha annunciato il nuovo decreto per la Fase 2 che inizierà il 4 maggio. Per questa data è prevista la riapertura delle aziende della manifattura, per i cittadini la possibilità di ricongiungersi con i cari e parenti, ma sempre senza assembramenti e con i dispositivi anti contagio (mascherine, guanti, disinfettanti) e distanza sociale.

Dal 18 maggio via libera invece a musei e allenamenti per le squadre sportive di livello agonistico. Dal 1 giugno aprono bar, ristoranti, parrucchieri e centri estetici, ma sempre con l’obbligo del distanziamento sociale e delle entrate contingentate nei locali.

Le messe sono ancora vietate mentre i funerali prevedono un massimo di 15 persone partecipanti alla cerimonia, la quale dovrà svolgersi con mascherine, distanza sociale e preferibilmente all’aperto.

La CEI si dichiara decisamente insoddisfatta per questi provvedimenti affermando che essi limitano la libertà di culto. Le parole del Professore Schiavazzi, vaticanista e docente dell’unica cattedra di geopolitica vaticana al mondo.

In quanto il vaticanista Schiavazzi e docente di geopolitica vaticana, come spiega la reazione così dura ed energica della Chiesa dopo gli annunci del premier relativi alla Fase 2 e al divieto di riaprire alle messe?

“La Chiesa ha parlato in modo chiarissimo con il comunicato di ieri sera e stamattina con l’editoriale di Marco Tarquinio, direttore di Avvenire. La mia analisi è che il fatto è grave non privo di conseguenze anche se non ritengo che in Italia ci sia un rischio per la libertà di culto.

Tuttavia il fatto è grave per il messaggio che manda: ossia che la Chiesa non è indispensabile, non è strategica. Il Governo ha dichiarato che l’apertura riguarderà gradualmente i settori strategici, va da se quindi che la Chiesa viene considerata un settore sociale non strategico.

Affermare in modo perentorio che si riapre ciò che è strategico e quindi affermare che la Chiesa non lo è, questo è il vulnus. Pur essendo stata evocata la libertà religiosa, non credo affatto che nel nostro paese essa sia a rischio.

Però la Cei ha dichiarato questo. Ci spieghi meglio.

È una sorta di gioco dei ruoli e il Vaticano, quasi in maniera propagandistica, non poteva far mancare una dura risposta per questo. In questa occasione ha deciso di non parlare ‘curialese’, con quel linguaggio soft che dice e non dice, che lascia sempre una sponda al peccatore.

Questa volta è stato usato un linguaggio duro e di condanna. Ma non perché davvero sia a rischio la libertà religiosa. Allora perché?

Il Governo non ritiene strategica la parrocchia e la sua agenzia sociale. Quei 150 milioni dell’8 per mille devoluti alle fasce in difficoltà e questo impegno sociale non sono stati valorizzati.

Quella Chiesa che Bergoglio ricorda spesso non essere una Onlus è stata colpita davvero, per questo ha invocato la libertà di culto.

Il punto però è un altro e forse anche più grave: la Chiesa teme di perdere il suo essere religione di popolo. Forse in Italia non possiamo parlare di religione di massa, ma è uno dei pochi paesi in Europa dove possiamo parlare di religione di popolo, nel quale il 20% delle persone va a messa di domenica.

Nelle feste tradizionali e comandate come a Natale e Pasqua le chiese ancora si riempiono. Il cattolicesimo, direbbe un sociologo, è ancora un fatto di popolo in Italia. La Chiesa non intende perdere questa posizione e questo primato sociale, pastorale e nell’immaginario collettivo.

Sono questi i simboli che influenzano l’immaginario collettivo e mediatico. E il Governo ha comunicato al subconscio sociale che la Chiesa non è strategica”.

Questa mossa del Governo Conte verso il vaticano avrà effetti anche di politica interna?

“Dal punto di vista politico invece questa mossa di non aprire alle messe, denota una grave miopia del Governo: è un enorme regalo all’opposzione, a quel Salvini, che mentre il Governo vieta le messe, va a pregare in televisione; questo è ciò che ei cittadini recepiscono da questo colpo inferto alla Chiesa.

È un regalo a Giorgia Meloni e a quei partiti che si presentano come difensori della religione del popolo.

La Chiesa aveva salutato con favore il passaggio dal governo giallo verde a quello giallo rosso, soprattutto per la questione immigrazione. Conte ha demolito o almeno colpito violentemente questo legame e l’unico alleato davvero importante che lo sosteneva.

Per usare una metafora si tratta di un doppio autogol sul piano interno e internazionale durante la stessa partita, anche sul campo di calcio è raro riuscire a farlo!

Conte si è formato a Villa Nazareth, cenacolo in zona Pineta Sacchetti, dove tradizionalmente si formano molti quadri dirigenti in campo economico, giuridico e politico. Il presidente ha intrattenuto una frequentazione assidua con il Vaticano ma ora il rapporto si incrina.

Professor Schiavazzi, ci può dare la sua opinione personale su questa scelta del Governo?

“Una mia opinione più personale: al di la del mio ruolo di vaticanista sono un fedele che va a messa e credo che si sarebbe potuto trovare il sistema per accedere alle messe, sempre con le disposizioni quali il distanziamento sociale, mascherine e guanti.

Ricordo un episodio simile nella memoria collettiva: quando una parte di studenti e alcuni professori impedì a Ratzinger di recarsi all’università La Sapienza di Roma.

Il governo Prodi fu tiepido, non si schierò dicendo che a prescindere dai contenuti, il vescovo di Roma avrebbe dovuto avere la possibilità di presiedere all’Ateneo principale della città. Il senso di rivalsa crebbe e di lì a poco il centro sinistra perse le elezioni; non fu un caso”.

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