Greta Thunberg Superstar. Cambierà tutto, adesso? No. E vi spieghiamo perché
Lei va all’Onu e usa toni perentori. Moltissimi giovani protestano a gran voce, in nome del loro futuro. E il Potere? Il Potere la sa lunga
![](https://www.romait.it/wp-content/uploads/2020/06/39070.jpg)
Povera Greta, che magari ci crede davvero nella possibilità di mettere l’establishment con le spalle al muro. «We’ll be watching you», ha tuonato lei durante il summit dell’ONU sul clima, a New York. «We’ll be watching you», Vi terremo d’occhio.
Non è il classico plurale maiestatis dei singoli che si ergono a paladini di una certa causa ma sono – e sono destinati a restare – degli individui senza seguito. No, Greta Thunberg il seguito ce l’ha. Ed è anche molto vasto, come hanno dimostrato le imponenti manifestazioni giovanili di venerdì scorso.
Quello che invece non ha è uno sguardo sufficientemente smaliziato da consentirle di capire realmente con chi ha a che fare. Quello che non sa, a causa dei suoi pochi anni così ricchi di entusiasmo ma così poveri di esperienza e di preparazione culturale e politica, è che le sue sfuriate e le sue minacce non intimoriscono proprio nessuno, tra i grossi calibri del potere mondiale.
Al contrario: con il cinismo che li contraddistingue, e che è attestato “al di là di ogni ragionevole dubbio” dalle rispettive carriere, il loro primo e fondamentale pensiero è come volgere a proprio vantaggio le attuali proteste contro il degrado ambientale. È un ribaltamento che conoscono benissimo. Perché lo hanno già utilizzato in molte altre occasioni. E in molti altri ambiti. E spesso sfruttando proprio l’ingenuità delle nuove generazioni. I cui slanci idealistici sono tanto nobili nel loro aspirare a un mondo migliore, quanto presuntuosi nell’illudersi che per ottenere dei cambiamenti epocali basti scendere nelle strade e alzare la voce.
Splendido, se fosse così semplice. Ma purtroppo non lo è.
Greta spinge, il sistema schiva
Analizziamola meglio, questa strategia di finta attenzione. E di fintissima condivisione.
Prima di farlo, però, fissiamo un paio di punti. Premessa: la classe dirigente che oggi si dice pronta a correggersi, sulla spinta di Greta e dei suoi sostenitori, è la stessa che ci ha portati all’odierna situazione. Domanda: si può davvero credere che i vertici di questo gigantesco apparato internazionale, e sovrannazionale, non conoscessero gli effetti negativi dei loro modelli di produzione e consumo?
Chiaro che lo sapevano. Altrettanto chiaro che se ne sono infischiati.
Se adesso mostrano di volersene occupare è per tre motivi. Che di sincero, e di autenticamente democratico, non hanno proprio nulla.
Primo motivo: il riscaldamento globale, quali che ne siano le cause, è un dato di fatto e nei prossimi anni o decenni genererà fenomeni di crescente gravità, o persino catastrofici. Chi governa, quindi, non può continuare a esibire l’abituale indifferenza, allo scopo di potersi poi trincerare dietro un ritrovato impegno. Sia pure più di facciata che di sostanza.
Secondo motivo: le ultime Europee hanno visto un forte incremento dei partiti ambientalisti, per cui è conveniente disinnescare sul nascere le relative turbolenze. Al posto del muro contro muro, il muro di gomma. O se preferite il muro riverniciato di verde: quella Green Economy in cui i creduloni vedono un ripensamento etico, ma che per gli investitori è innanzitutto un business. Tanto più interessante perché molti altri comparti sono ormai saturi e non offrono più grandi occasioni di guadagno.
Terzo motivo, ancora più strategico degli altri due: accogliendo alcune istanze ambientaliste si fa passare l’idea che il sistema si possa emendare senza intervenire drasticamente sulle sue fondamenta. Che sono la crescita infinita, la speculazione finanziaria e il massimo profitto. Così come a suo tempo si erano inventati la definizione truffaldina di “benzina verde”, adesso suggeriscono che ci possa essere il “consumismo light”. Che non è proprio ecologista, visto che non può esserlo a meno di rinunciare ai suoi presupposti di vanità e di spreco, ma un po’ ci assomiglia.
Greta Thunberg, senza rendersene conto, è funzionale a tutto questo. Così come lo sono stati, in un passato non troppo lontano, i movimenti come Occupy Wall Street o gli Indignados in Spagna. Si sa: l’Occidente liberale e liberista riconosce il diritto di protesta. Purché sia temporaneo e, soprattutto, a scartamento ridotto.