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Governo Meloni, tra l’eredità del berlusconismo e quella del draghismo

Buona parte dei ministri già vista, qualità media bassa e asset principali (politica interna, estera ed economia) pressoché bloccati. A Giorgia Meloni il compito di evitare un film già visto

Foto di gruppo del neonato Governo Meloni

Foto di gruppo del neonato Governo Meloni (© Courtesy quirinale.it)

Con il giuramento di questa mattina al Salone delle Feste, è nato il Governo Meloni. Con la lista di tutti i ministri è possibile già tracciare una linea, che sarà quella di partenza del primo esecutivo della storia con una guida al femminile.

Governo Meloni: l’eredità del berlusconismo

È un governo politico di centrodestra dove la qualità è molto bassa. Per certi versi una specie di Governo Berlusconi senza Berlusconi. Ci sono tantissimi ministri che vengono dall’esperienza di 10-20 anni fa, come fu il Governo Berlusconi IV del 2008.

Comprendendo anche la premier, allora Ministro della Gioventù, 11 componenti su 26 sono già stati presenti nella squadra del Berlusconi IV  tra viceministri e sottosegretari. C’è molto vecchiume. Anche considerando che Marcello Pera probabilmente prenderà la commissione per le riforme. Non c’è tutta questa qualità che aveva promesso la Meloni: non ci sono tecnici di alto livello perché gli hanno detto di no.

Questo è un vulnus: la vera novità è la Meloni premier, altrimenti rischiamo un film già visto con i precedenti governi di centrodestra. La speranza è quella di vedere un finale migliore.

Governo Meloni: l’eredità del draghismo

Oltretutto le scelte di politica interna e politica estera in economia sono pressoché obbligate, quindi il governo Meloni dovrà continuare a seguire ciò che aveva iniziato Mario Draghi. Le uniche modifiche possibili in senso sovranista per far vedere qualcosa di diverso è sul tema dei diritti sociali e dei diritti civili. Non a caso è stato cambiato il nome dei ministeri in questi settori: è un’operazione di marketing politico per dare il segno del cambiamento, per far vedere che si cambia qualcosa.

Potranno incidere lì, perché per quanto riguarda il discorso interni, economia ed esteri, che sono gli asset principali di un Governo, non si può toccare nulla, e non succederà altrimenti se viene stravolto qualcosa – in economia soprattutto – si va a casa dopo un mese, come si è visto pochi giorni fa in Inghilterra. I mercati non perdonano perché non si può fare quello che si vuole: ci sono delle regole scritte e non scritte che comunque qualsiasi Governo deve rispettare. Non è che siccome si è vinto alle urne si può fare quello che si vuole, lo abbiamo già visto di recente.

Il rischio di essere né carne, né pesce

Poi a livello politico è da capire la situazione che verrà fuori tra i tre leader di partito, perché è chiaro che prima o poi Berlusconi presenterà il conto. Salvini alla fine sbraita tanto ma poi tende ad accodarsi e non è alla lunga un problema.

In definitiva rischia di essere un “Governo Berlusconi senza Berlusconi” e allo stesso tempo un “Governo Draghi senza Mario Draghi”, vuole essere una via di mezzo tra il draghismo e il berlusconismo con il rischio di rimanere in mezzo al guado e di non essere né carne né pesce.

Prende dai governi Berlusconi tanta gente, quindi è erede del berlusconismo ma è erede anche del draghismo, perché sugli asset principali non potrà fare a meno di seguire le orme di Draghi.

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