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Gli aforismi del divo Giulio

di Massimo Persotti

Divo Giulio, Belzebù, il Gobbo, Vecchia Volpe … anche dai soprannomi si misura la popolarità di un personaggio, il timore o la riverenza che suscita. Anche in questo Giulio Andreotti rappresenta un 'maestro'. E con la sua scomparsa, non muoiono solo i più disparati nomignoli creati nel corso degli anni dai suoi amici e – soprattutto – avversari. Si chiude anche un'era di un lessico politico che proprio Andreotti – meglio di chiunque altro – incarnava, riflettendone i principi e gli elementi identitari tipici di quella che ormai comunemente chiamiamo 'Prima Repubblica'.

Difficile infatti immaginare che almeno una volta non si sia mai detto: "a pensare male si fa peccato, ma spesso si indovina". Oppure a pronunciare un po' per gioco, un po' per esorcismo la frase che rappresenta il 'mantra' dell'andreottismo: "Il potere logora chi non ce l'ha". E poco importa che gli storici la attribuiscano al celebre politico e diplomatico francese del Settecento, Charles Maurice de Tayllerand. Per tutti, è lo slogan degli slogan di Andreotti.

Proprio gli aforismi costituiscono il tratto tipico, caratteristico della filosofia andreottiana, dove ironia e acutezza si miscelavano, raccogliendo lo spirito bonario e disincantato di una romanità che Andreotti ha sempre orgogliosamente rappresentato, e dando vita a risultati divenuti veri e propri casi da manuale.

Chissà, ad esempio, quanti oggi sottoscriverebbero il suo: "Amo talmente tanto la Germania che ne preferivo due", bruciante commento della storica riunificazione, quanto mai attuale visti i rapporti di forza nell'UE tra il paese guidato da Merkel e gli altri stati dell'Unione. Oppure la franchezza sulla classe politica che proiettata ai giorni nostri acquista ancor più forza: "Nella sua semplicità popolare il cittadino non sofisticato, passando dinanzi al parlamento o ai ministeri, è talora indotto a porre il dubbio se sia proprio lì che si governi l'Italia".

Altro storico esempio di pragmatismo andreottiano il celebre "meglio tirare a campare che tirare le cuoia", opposto a chi criticava la sua strategia tendente a rinviare i problemi pur di conservare la poltrona. In molte delle sue frasi celebri prevaleva la pura ironia come nel caso dell'umiltà che è "una virtù stupenda, ma non quando si esercita nella dichiarazione dei redditi". O quella sulla ragione: "Non basta averla, bisogna avere anche qualcuno che te la dà".

Scaramantico, nel 2009 a chi pensò di celebrare i suoi 90 anni precisò: "Di feste in mio onore ne riparleremo quando compirò cent'anni…". Perchè in fondo anche per l'inossidabile Andreotti, pur Belzebù per taluni, la morte era un evento da allontanare: "Ho solo un'aspirazione: morire in grazia di Dio, il più tardi possibile". E ora che la morte è arrivata, chissà se riuscirà ad ottenere un suo recondito desiderio: "Cosa vorrei sulla mia epigrafe? Data di nascita, data di morte. Punto. Le parole delle epigrafi sono tutte uguali. A leggerle uno si chiede: ma scusate, se sono tutti buoni, dov'è il cimitero dei cattivi?"

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