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Giornalista molestata: la violazione del corpo non è mai goliardia

La violenza non è solo lo stupro o il maltrattamento, ma l’idea di disporre del corpo dell’altro o dell’altra

Giornalista molestata

Greta Baccaglia

Sabato 27 novembre 2021, la partita tra Empoli e Fiorentina è da poco giunta al termine e Greta Baccaglia, giornalista inviata allo stadio per Toscana TV, è in diretta per discutere del dopopartita con i tifosi che stanno tornando a casa.

Andrea Serrani, cinquantatreenne e affermato commerciante, decide che sarebbe divertente sputarsi sulla mano e dare poi una pacca sul sedere della giornalista ferma in piedi davanti a lui.

Giornalista molestata, un gesto goliardico?

L’aggressore, una volta intercettato dichiarerà che è stato “solo un gesto goliardico” dettato dalla rabbia per la sconfitta della Fiorentina, sua squadra del cuore. Una squadra perde una partita e si decide di sputarsi sulla mano e dare uno schiaffo sul sedere di una donna? Una logica difficile da accettare, e che al contrario testimonia la totale assenza di una cognizione di causa. Ma può esistere una cognizione di causa accettabile dietro un gesto del genere?
Sono episodi come questo, che le donne vivono ogni giorno, a dimostrare la malsana educazione rispetto al sessismo in uso nella società odierna.

A riprova, vi è l’aggravante dato dall’esclamazione del conduttore presente in studio e in collegamento con la Baccaglia, il quale afferma “Non te la prendere, non te la prendere”, accompagnato da un sogghigno del tutto fuori luogo.

Violare significa usare violenza a persone, trasgredendo norme morali e di rispetto della loro integrità fisica e dignità umana.

Si è davanti ad una violazione senza ritegno del corpo di una donna, per di più pubblica, e ciò che viene detto è di non prendersela!

Certi comportamenti prendono vita anche grazie ad un contesto che restituisce una sorta di immunità dettata dall’incomprensione ancora troppo radicata di circoscrivere la violenza sulle donne solo rispetto a comportamenti come lo stupro o l’aggressione fisica, dimenticando altresì che la semplice mancanza di rispetto inizia nel mancato riconoscimento dell’altra. Intanto all’uomo è stato dato un Daspo di tre anni.

Giornalista molestata, cosa si può fare per evitare che certe situazioni si ripetano?

È difficile non essere banali su un argomento trattato e ritrattato come questo, ma è assolutamente necessario un cambiamento culturale che si focalizzi sul rispetto delle persone in generale e delle donne in particolare. Rieducando partendo dalle famiglie, dalla scuola, dalle istituzioni politiche, fino ad arrivare ad una sana condivisione del messaggio nei diversi canali di informazione.

Solo pochi giorni fa è stata celebrata la Giornata internazionale per la “eliminazione della violenza contro le donne”, ma in pochi si sono spinti ad oggi verso un concreto cambiamento.

Dedicare solo 24 ore a tale grave problematica è di per sé già un chiaro segnale di un sentire troppo vago di ciò che le donne vivono.

La molestia sessuale è troppo spesso sottovalutata e tollerata, tanto che rieducare significa ridisegnare quel confine fra molestia e complimento, fra forma di corteggiamento o impulso incontrollabile, confine che oggi è ancora troppo spesso travisato. Eppure, le molestie possono avere conseguenze devastanti per chi le subisce.

Conseguenze che possono andare dalla sensazione di impotenza e smarrimento nel momento esatto in cui si ricevono, a quelle post evento. Contemplando una sintomatologia in alcuni casi molto grave come il disturbo da stress acuto, il disturbo da stress post-traumatico, sintomi depressivi, disturbi alimentari.

Molestie sottovalutate e senso di colpa della vittima

In molti casi, le donne arrivano perfino a colpevolizzarsi dell’accaduto senza minimamente avere la percezione che la colpa sia esclusivamente da additare all’aggressore.

Creare una nuova realtà votata alla non violenza significa ripartire dall’azione nel proprio piccolo, nel proprio quotidiano vivere in relazione con gli altri, senza demandare, senza dimenticare che il “silenzio” è complice.

Parlarne, denunciare e rielaborare nei vari contesti di ciò che differenzia la molestia dal complimento, la goliardia dall’offesa, diviene perno fondamentale per far sì che non si possa più sentirsi esclamare “lascia correre”.

Il progetto “I Live non ti lascio sola”

In questo senso, un’altra idea potrebbe essere quella di estendere il progetto “I Live non ti lascio da sola”, che riguarda la violenza sulle donne all’interno locali notturni, ad altri ambienti come appunto quello degli stadi.

Il progetto nasce nel 2019 da Massimiliano Ioppolo, addetto alla security nelle discoteche. Ioppolo ha aperto uno sportello d’ascolto “I live Panta Rei” a Robbio (PV), allo scopo di creare un punto di riferimento per le donne vittime di molestia all’interno dei locali.

Le strutture che accolgono il progetto comunicano e spiegano ad inizio serata il funzionamento dello stesso direttamente dalle consolle dei DJ o diffondendo tramite volantinaggio l’assistenza offerta.

Un servizio che oltre a garantire la sicurezza nel luogo, risponde al bisogno di informazione rispetto alle problematiche trattate, il tutto con il coinvolgimento di personale altamente preparato e la supervisione di psicologi.

Un’idea questa che potrebbe essere estesa a molti altri contesti a rischio come stadi, palazzetti e grandi eventi all’aperto. Tanto da poter garantire un pronto intervento in situazioni di emergenza o in situazioni come quelle che il caso di Empoli ci ha raccontato.

Prendere posizione è ciò che ha contraddistinto chi è riuscito a vincere le battaglie più dure. Ed è esattamente ciò che ha fatto Greta Baccaglia, niente più di ciò che è necessario fare per abbattere le barriere culturali del patriarcato.

Ricordiamo in caso tu o qualcuno che conosci sia vittima di violenza o stalking o di violenza di genere, puoi chiamare il numero 1522, un servizio pubblico gratuito e attivo 24 h su 24 che accoglie con operatrici specializzate le richieste di aiuto e sostegno delle vittime di violenza e stalking.

In collaborazione con Miriam Petronella dott.ssa in psicologia clinica

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