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Fausto Leali: la parola negro non può essere detta, pena espulsione e gogna. Ipocriti

Fausto Leali, “Il negro bianco”, espulso con disonore da Il grande fratello Vip per aver pronunciato la parola negro

Fausto Leali, negro

Fausto Leali, il negro bianco

La parola negro non può essere pronunciata, pena l’espulsione e la gogna pubblica. Questo è successo a Fausto Leali, durante Il Grande Fratello Vip, in onda su Canale 5. L’interprete di Angeli negri, una vecchia canzone venezuelana del 1948, adattata in lingua italiana da Giancarlo Testoni. Quella canzone fu cantata nel 1950 anche da Don Marino Barreto junior e poi finalmente nel 1968 proprio dal nostro Fausto Leali, come singolo tratto dal suo album Il negro bianco. Capito? Fausto Leali, “Il negro bianco”, espulso con disonore da Il grande fratello Vip per aver pronunciato la parola negro. E naturalmente Faustino non ha pronunciato quella parola per ferire qualcuno. In quel caso sarebbe tutto un altro discorso.

Censura per il negro bianco Fausto Leali

Pensare che quella parola, come altre, non possano essere pronunciate, significa applicare una censura. Censura. Parola sinistra, che evoca, quella sì, momenti storici impronunciabili. Non è la parola negro, pronunciata da un innocente Fausto Leali, che a tutto pensava tranne che a umiliare Enock Barwuah, il fratello di Mario Balotelli, ma il senso che dai a quella parola a ferirti nel profondo. E vale per disabile, handicappato, zoppo, ciccione, stupido, matto, donnina, omino, frocio. Mi fermo, l’elenco è infinito. Se queste parole hanno sapore di sfregio fanno tutte male allo stesso modo, esattamente come negro. Va censurato l’insulto, l’aggressione, la violenza, l’odio, la malvagità, non la parola che è un’arma scarica. Siamo noi a metterci il piombo delle nostre intenzioni.

La vicenda di David Irving in Austria

Rimango ancora incredulo oggi a pensare al caso di David Irving nel 2005. Lo storico inglese era in Austria quando fu arrestato a causa di discorsi che aveva tenuto più di 15 anni prima e nei quali negava l’esistenza delle camere a gas ad Auschwitz, mettendo in dubbio Olocausto. Fu condannato a tre anni di reclusione, messo in galera e scarcerato dopo più di un anno solo perché il reato di negazionismo era remoto. Appena fuori dal carcere, Irving tornò in tutta fretta nel Regno Unito, affermando di aver avuto torto a nutrire dubbi sull’Olocausto. Una storia incredibile, soprattutto se consideriamo che è avvenuta nel 2005, in pieno XXI secolo e in Europa, nella civilissima Austria.

Avrebbero sicuramente potuto dire che Irving fosse un irresponsabile a divulgare pubblicamente quelle opinioni e a negare una tragedia evidentissima, ma non ficcarlo in galera.

Fulvio Abbate, lo scrittore che è nella casa del Grande Fratello Vip ha parlato correttamente di ritardo culturale, di ignoranza, quella di Fausto Leali. Ignorante sì, nel non considerare che il pregiudizio è una mannaia sempre sopra le nostre teste. E che non siamo liberi di mostrare le nostre mancanze, i nostri deficit culturali. Certamente non pronuncerei mai la parola negro, non mi verrebbe mai in mente, perché nella mia testa quel termine è offensivo. Credo di non averla mai pronunciata, né da solo, né in compagnia. Ma Fausto Leali l’aveva pronunciata di sicuro visto che ha cantato Angeli Negri e lui stesso veniva chiamato il negro bianco. Nella sua testa non c’erano offese in quella parola.

Basta con i pregiudizi. La censura, l’espulsione, la gogna pubblica vanno applicate, eccome. Ma a chi offende un’altra persona, una comunità, una scelta, qualunque scelta personale, anche politica o culturale. Facciamo i seri, signori. Fausto Leali non andava espulso.

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