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Enorme alveare a Castelnuovo di Porto, l’esperto: “È il più grande nido mai estratto, oltre 100 mila api”

L’esperto che le ha rimosse, Andrea Lunerti, ci tiene a ricordare che “le api non possono essere uccise per legge, laddove possibile vanno recuperate vive”

Andrea Lunerti e un alveare di api

Andrea Lunerti

Castelnuovo di Porto, piccolo centro alle porte di Roma, ha fatto segnare un nuovo primato assoluto. In un’abitazione, incassato tra le mura, è stato rinvenuto un enorme alveare che contava più di 100mila api. Per saperne di più sulle modalità dell’intervento e la delicatezza dell’operazione di salvataggio, abbiamo intervistato l’etologo ed esperto naturalista Andrea Lunerti che ha effettuato la rimozione del nido.

“I favi erano lunghi più di 130 cm”

Partiamo dal dato numerico: erano davvero 100 mila api?

“Erano forse anche di più di 100 mila api. La colonia che ho rimosso persisteva in quel luogo da oltre cinque anni, i favi erano enormi con una lunghezza che superava i 130 cm e all’interno ve ne erano almeno otto. Per tutte queste ragioni viene da dire che le api presenti erano almeno 100 mila unità. Mi preme aggiungere, inoltre, che le unità da me aspirate superavano di gran lunga i 5 kg di peso”.

È il più grande nido mai estratto?

“Per quanto riguarda la mia esperienza di messa in salvo di abitazioni e siti domestici, è in assoluto il più grande nido mai estratto. Anche confrontandomi con altri amici apicoltori, questi hanno senza indugio confermato la mia teoria: si tratta di un record assoluto”.

Una volta rimosse, dove sono state portate le api?

“Le api le ho portate al Rifugio del lupo, la fattoria dove io risiedo e nella quale ci sono tutti gli animali che io recupero. Le ho ricollocate in delle arnie comuni e questo garantisce una ripresa della vita in libertà, accanto a 50 ettari di bosco, e la produzione anche di un buon miele. Questo avverrà, se tutto va bene, il prossimo anno”.

Com’è avvenuto l’intervento di rimozione?

“La rimozione si è resa possibile grazie a un particolare aspiratore che io stesso ho costruito. Si tratta di un aspiratore da apicoltura ed è uno strumento necessario per recuperare le api laddove non è possibile all’interno di cavità e intercapedini. Le api si introducono in questo contenitore, aspirate delicatamente, e cadono in una rete che ne attutisce la caduta. Qui possono stare anche 12 ore, visto che il contenitore è anche ventilato”.

Ti hanno punto le api? E dopo la puntura, l’ape muore?

“Sì, ho preso circa venti punture. Me la cavo sempre con qualche lineetta di febbre durante la notte, per fortuna. Per quanto riguarda la seconda domanda, è bene chiarire che l’ape muore quando la puntura viene inflitta a noi mammiferi, nello specifico noi esseri umani. Abbiamo una tipologia di pelle che non consente al pungiglione di rientrare. Il loro pungiglione è fatto come un arpione che rimane conficcato, e in questo modo viene asportata la parte finale dell’intestino dell’ape. Dopo una puntura, è buona regola rimuovere subito il pungiglione e lo si può fare, con un’azione superficiale, anche con un’unghia. Mi preme sottolineare che è bene farlo lontano dal luogo dove siamo stati punti, poiché il pungiglione rilascia un feromone specifico che potrebbe scatenare un attacco di massa da parte dello sciame”.

Perché è sempre più frequente la presenza di api in contesti urbani e non naturali?

“Soprattutto in questa stagione, le api sono sempre meno attente nella ricerca di un luogo nel quale nidificare. In questo periodo ci sono state piogge per oltre un mese, proprio nel mese nel quale le api si riproducono. Gli sciami così si allontanano dal nido madre e vanno alla ricerca di una nuova dimora. La pioggia può mettere in crisi l’intera colonia che si sta riproducendo in quanto, se il fenomeno di un temporale le intacca, le api vengono bagnate, si raffreddano, cadono a terra e possono morire”.

È bene ricordare che le api non possono essere uccise.

“Assolutamente, è fondamentale. Le api non possono essere uccise per legge, laddove è ovviamente possibile. Gli sciami di solito non sono aggressivi perché le api hanno l’addome rigonfio di miele, e quindi sono impossibilitate a pungere, e perché non hanno prole al seguito. Per farsi pungere da uno sciame bisogna urtarlo, colpirlo, allora a quel punto può diventare pericoloso”.

Come ci si deve comportare quando ci si imbatte in uno sciame di api?

“Ti dico una cosa che non è mai uscita. C’è una legge, l’Art. 924 del codice civile, che stabilisce che quando uno sciame arriva all’interno di una proprietà privata, se l’apicoltore limitrofo lo reclama la proprietà privata non può opporsi e deve lasciare entrare l’apicoltore. Se nessuno risponde invece, e non c’è la presenza di alcun apicoltore, noi – se le api hanno realizzato cera – nel giro di 12/24 ore diventiamo proprietari a tutti gli effetti delle api. Proprietari significa anche esserne responsabili: se c’è una persona allergica, ad esempio, il proprietario a sue spese deve farle rimuovere e la persona incaricata deve fare di tutto affinché queste vengano rimosse vive”.

*Foto presa dal profilo Facebook di Andrea Lunerti