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Dal Che a Jovanotti, storie di incredibili viaggiatori

Storie di viaggi in moto, in bici, in barca, a piedi, per raggiungere Capo Nord, per fare il giro del mondo. Tra questi anche Che Guevara e Jovanotti

Viaggiatrice

In moto, in bici, in barca, a piedi, per raggiungere Capo Nord, per fare il giro del mondo. Tra questi anche Che Guevara e Jovanotti. Qualcuno è partito anche da Roma per la Malaysia: “Dai sette colli ai sette passi” il loro sito. C’è chi è partito nel ’62 ed è ancora in viaggio, dopo 609mila km.

Viaggiare cercando i propri limiti

Mollo tutto e faccio un viaggio in bicicletta, in moto, in barca, faccio il giro del mondo in solitaria. Sono tanti coloro che hanno seguito uno di questi sogni. Da sempre l’uomo ha in sé la spinta a viaggiare, a superare le colonne d’Ercole, vedere cosa c’è di là ma soprattutto capire chi siamo. Niente come un viaggio estremo ti pone di fronte ai tuoi limiti e ti costringe a superarli. Niente è più formativo, più ricco, più ineguagliabile. Ho una profonda ammirazione per chi lo ha fatto e per chi lo fa, per lo spirito d’avventura.

Il libro simbolo del viaggio estremo: Patagonia di Bruce Chatwin

Molti lettori di Bruce Chatwin, l’autore di Patagonia, il racconto di un luogo estremo dove si poteva sfuggire ad una possibile catastrofe nucleare, nutrono questo ideale del viaggio. Chatwin vi andò ma non per salvarsi dalla guerra nucleare, come alcuni sostengono, bensì per cercare tracce di un parente navigatore e scoprì il fascino del viaggiare, di ritrovarsi perduti in un deserto dove il vento sibila tra i cespugli spinosi senza nessun segno di vita intorno, “all’infuori di un falco e di uno scarafaggio su una pietra bianca”.

Da quando venne pubblicato nel 1977, la Patagonia è diventata uno dei simboli del viaggio interiore e pericoloso, per mettersi alla prova, come Capo Nord, come traversare il Sahara o il deserto australiano, come il giro del mondo. Ci sono avventure che provocano un innamoramento istantaneo, una gran voglia di evadere, di scappare dalla routine quotidiana, uno stimolo che prende alla fine dell’adolescenza e fa vivere a pieno la giovinezza, per poi diventare veri adulti.

Guevara con la Poderosa II attraversa tutto il Sud America

Un’altra di quelle avventure che hanno segnato una generazione è il viaggio che, un poco più che ventenne Ernesto Guevara, che poi diventerà “El Che” della rivoluzione cubana, compie dal sud dell’Argentina fino agli Stati Uniti.  Parte con la Poderosa II.

Una Norton 500 del 1939 di proprietà del suo amico Granado, per coprire 12mila chilometri in condizioni durissime, affrontando difficoltà che sarebbero insormontabili per molti di noi. Il viaggio iniziò il 4 gennaio del 1952, attraverso la Cordillera delle Ande, il deserto di Atacama al nord del Cile (oggi scenario del Rally Dakar), per proseguire verso il Perù, il Venezuela fino a Miami, in Florida, dove un aereo lo riportò poi in Argentina. La moto non ce la fece e venne abbandonata a Valparaiso, in Cile.  Il viaggio è un’odissea compiuta con ogni mezzo, dall’autostop alla zattera, in piena foresta amazzonica, prestando la sua opera di medico nei lebbrosari o con chiunque ne avesse bisogno.

Jovanotti in bici nel Sud America, vittima di una caduta

Sullo stesso cammino ma con molti meno rischi si è mosso un divo dei tempi nostri, un cantante, Jovanotti, al secolo Lorenzo Cherubini. Ha la passione della bicicletta e forse non tutti sanno che ama passare così gran parte del suo tempo libero.  Affrontare viaggi estremi in sella alla sua bici. Uno dei suoi ultimi viaggi da La Serena in Cile a Buenos Aires, passando da Antofagasta e poi il deserto di Atacama, il Paso de Jama e il Salta, l’ha pubblicato con una serie di video autoprodotti (19 novembre 2021) su un docutrip di Rai Play e sul suo canale Youtube.

Da qui è nata un a docuserie dal titolo Non voglio cambiare pianeta, che prende spunto da una poesia di Pablo Neruda, che il cantante legge su una spiaggia al tramonto, raccontando il viaggio con “immagini semplici ma suggestive, citazioni, cover, riflessioni e gli occhi pieni di stupore di chi esplora nuovi mondi”. Più recentemente, questa estate, Jovanotti ha avuto un incidente per via di un dosso non segnalato in una strada interna della Repubblica Dominicana, che l’ha costretto ad un lungo ricovero in ospedale per varie fratture: al femore, alla clavicola e alcune costole. Per sua fortuna l’incidente è accaduto in un luogo sperduto si ma comunque abitato da persone generose che l’hanno soccorso. Se fosse successo a sud della Penisola Valdés, in Patagonia, non so come si sarebbe salvato.

Una passione tutta occidentale

Sul web c’è il sito icebike.org specializzato in turismo a due ruote. La bibbia del ciclo viaggiatore ha una lista di 121 imprese di ciclisti da tutto il mondo. Non figura mai un africano, un asiatico, un sud americano. Da loro la vita è già abbastanza dura così, che cercarla ancora più dura sarebbe da stupidi. Ma per noi occidentali no, è una sfida. Da soli, in coppia, con ogni mezzo. La durata del tour parte in media dai 3 mesi per giungere i 67 mesi e gli 85mila chilometri dell’irlandese Julian Bloomer per fare il giro del mondo.

Il record assoluto resta quello dell’austriaco Heinz Stücke, che di chilometri ne ha percorsi 609mila: partito da casa nel 1962 è tuttora in viaggio. Oppure l’australiano Tilmann Waldthaler, in viaggio dal 1977. Come si mantengono? Con gli sponsor, facendo lavoretti lungo il percorso, postando video su Youtube, con gli aiuti dei locali.

Da poco tempo è tornato ad Ancona, sua città natale, Daniela Panarella. Era partito il 3 novembre scorso ed è arrivato in bicicletta fino a Capo Nord. Duecentosettantuno giorni. I fondi raccolti con le donazioni, 6.000 euro, andranno tutti ad Emergency.Non posso credere sia finito, ha detto una volta arrivato. Troppi bei posti ho visto, troppe belle persone, troppe belle esperienze in un tempo così breve. Guardo la mia mappa, così tante volte assaltata da occhi curiosi ed estasiati, e vedo una linea che non si chiude.

Si spende circa 4mila dollari in un anno e in molti offrono aiuto

Ci sono statistiche molto concrete. La bici più usata, per esempio, è la Surly Long Haul Trucker, ma qualcuno usa il monociclo. In merito al budget i cicloviaggiatori vivono con 10-15 dollari al giorno, che all’anno fanno 4.000 dollari. Il soggiorno? La tenda in primis, ma anche ospitati, in cambio di piccoli favori e volontariato. Nella lista figurano anche degli italiani: sono le coppie Veronica e Leo, cicloviaggioatori di professione, fondatori del sito web Life in Travel, e Daniele e Simona, partiti da Roma nel luglio 2014 e giunti in Malaysia. Chi vuole saperne di più sugli oltre 20mila chilometri che hanno percorso trova tutti i dettagli sul sito Becycling.net e può seguirli sui social attraverso la pagina facebook “Dai sette colli ai sette passi”.

Fa il giro del mondo in vespa dal 2017 e ancora non ha terminato

Per dieci anni ha lavorato prima in una fonderia di Modena e poi in un bed and breakfast. Ilario Lavarra, 40 anni, milanese, dal 2017 è in giro per il mondo con una vespa del 1968: “Ho capito che il mio mondo non era quello. Così i soldi non li ho investiti in un appartamento, oppure in un’auto da 30 mila euro. Non ho un budget illimitato, ma me lo godo viaggiando”, ha raccontato al Corriere della Sera.

Il suo giro del mondo in vespa doveva durare tre anni, è partito nel 2017 e la pandemia l’ha bloccato in Iran e altri 9 mesi in Turchia.  Le sue tappe sono tutte raccolte sul profilo Instagram Vespanda, che è anche il nome del suo progetto. Fino ad oggi ha percorso oltre 200mila chilometri, dormendo in tenda e spendendo circa 20 euro al giorno tutto compreso: “L’unica spesa importante è la benzina, solo in Europa è carissima. In Bhutan costa 80 centesimi a litro, in Iran 10.

I soldi che usa sono quelli risparmiati negli anni di lavoro, ma anche i guadagni che ottiene su Youtube: “Di recente ho collaborato con uno youtuber indiano che mi ha dato metà dei proventi. Non faccio grandi soldi”.

La sua idea è di fare un viaggio Cape to Cape, comprendendo Capo Nord e Cape Town in Sud Africa.  In tanti gli aprono le porte di casa, persino palazzi reali: “Qualche giorno fa sono stato ospite in un monastero buddista tra le montagne del Bhutan a 3 mila metri di altitudine. Un paio di settimane fa ho dormito in un palazzo reale dello stato indiano del Nagaland, un palazzo diviso a metà tra il confine indiano e quello del Myanmar”.

Per secoli l’umanità si è mossa a piedi

A noi sembra un’impresa eccezionale girare il mondo a piedi eppure è così che per millenni s’è spostata l’umanità, prima di usare il cavallo e di montare su un carro. Jason Lewis, inglese, era partito nel 1994 e in 13 anni e due mesi circa, ha percorso 74.408 km a piedi, toccando 5 continenti e i due poli. Anche Carlo Taglia, italiano, ha voluto vivere la stessa esperienza, girare a piedi in quanti più paesi possibile. È partito nell’ottobre 2011 e ha riportato la sua esperienza in un libro: “Vagamondo. Il giro del mondo senza aerei”. Armato di un solo zaino, Taglia ha attraversato 24 nazioni percorrendo 95.450 km, seguendo i propri sogni e superando i propri limiti.

Da Savigliano (Cuneo) alla Nuova Zelanda a piedi

Mattia Miraglio, di Savigliano (Cuneo), ha percorso dalla sua valle in Piemonte fino alla Nuova Zelanda tutto a piedi trainando un passeggino di 40 kg e coprendo gli spazi di mare con dei voli aerei. In tutto 50mila km. Ha cercato qualche sponsor, ha comprato un passeggino da jogging Chariot Cx1,  per trasportare attrezzatura e cibo. Infine ha iniziato ad allenarsi correndo 10/20 km al giorno o facendo lunghe camminate di 30 km. “Il 19 aprile del 2014 sono partito, camminando dai 30 ai 50km al giorno sempre verso est.  In Iran avevo il ginocchio destro gonfio.

Mi sono dovuto operare e nella convalescenza ero ospite di una famiglia persiana, così ho potuto immergermi completamente in quella cultura.” Mattia ha attraversato col suo passeggino l’India, il Pakistan, il Nepal. Con un volo è arrivato a Bangkok poi ha attraversato la Thailandia, la Malesia fino a Singapore. Con una nave è arrivato a Bali e con un altro volo è approdato in Australia, a Darwin. Ha attraversato il deserto di Outback. Ha fatto 3.100 km in 70 giorni, con medie di cammino di 50 km quando il passeggino pesava anche 90 kg per via delle riserve di acqua e viveri. “Sono arrivato ad Adelaide puzzolente e malconcio ma felice. Ho preso un volo per la Nuova Zelanda. Nel punto più lontano da casa. Avevo percorso 13mila km in 18 mesi di solo cammino.”

Viaggia e conosci il mondo, non sarai mai solo

Che cosa spinge queste persone ad affrontare tanta fatica, tanti rischi, tanti problemi? Perché lo fanno? Cosa li spinge? È incredibile che l’umanità comprenda tante belle persone, piene di coraggio e di voglia di vivere e di conoscere il prossimo mentre ogni giorno siamo costretti a confrontarci con vite squallide, con azioni grette e meschine, con giudizi razzistici o quantomeno intrisi di egoismo e di ignoranza. L’umanità non è tutta uguale, esistono anche persone che non temono di incontrare chi è diverso da loro, che vogliono imparare nuovi idiomi, nuove usanze, fare amicizie, confidare nell’aiuto disinteressato dello straniero che sa accoglierti e soccorrerti e che tu ugualmente puoi aiutare e fartelo amico.

In questi viaggiatori e in questi viaggi, c’è la chiave per il futuro dell’umanità e, se ci si pensa bene, è una chiave che era già scritta nell’Odissea di Omero, nel Milione di Marco Polo, in Siddharta di Hermann Hesse, nella Poderosa II di Guevara, in Patagonia di Chatwin ed in molti altri libri di avventure fantastiche. Viaggia e conosci il mondo, ti sentirai umile e piccolo ma non sarai mai solo.