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Da grande voglio fare l’avvocato

La giustizia è donna: nulla di più vero. Da sempre il concetto di giustizia è stato sempre assimilato a quello della figura femminile

Riforma Giustizia

Riforma Giustizia

La giustizia è donna: nulla di più vero. Dal termine greco femminile dike, alle rappresentazioni iconografiche, il concetto di giustizia è stato sempre assimilato a quello della figura femminile. Quanto però esso sia rappresentato dai fatti è tutta un’altra storia, una storia che ha origini recenti.

Stando agli archivi informatici della Cassa Forense, gli avvocati Italiani al 1° gennaio 2021 risultano 245.030 dei quali 117.559 sono donne. Numeri che fanno pensare a una parità di genere raggiunta…. ma piano ad esultare. Per quanto il 47% della popolazione giurista italiana sia femminile si percepisce un forte divario sia a livello dei ruoli ricoperti sia a livello di retribuzione. Infatti, a fronte di un reddito medio maschile di 54.496 euro, alle donne se ne attribuiscono circa 25.073, cioè un guadagno di circa il 46% inferiore rispetto a quello dei colleghi uomini con una ulteriore eterogeneità nella distribuzione all’interno delle regioni del nostro Paese.

Se il diritto ad accedere alle facoltà giuridiche e conseguire la laurea è arrivata nel primo decennio del secolo scorso, questo non ha portato con sé l’effettiva possibilità di esercitare la professione.

L’accesso alla professione viene disciplinato da una legge unitaria del Regno d’Italia firmata da Vittorio Emanuele l’8 giugno 1874 in cui, come requisiti necessari si menziona l’iscrizione all’albo degli avvocati previo conseguimento della laurea in giurisprudenza, completamento della pratica forense e superamento dell’esame teorico-pratico orale e scritto. La legge prevede alcune incompatibilità (ad esempio con la professione di notaio o agente di cambio) ma non menziona limitazioni di genere o età.

Perché allora permane l’esclusione del genere femminile?

Permangono due assiomi molto semplici: il primo, di carattere ancora folkloristico-superstizioso, vede le donne incapaci di occuparsi dei clienti durante i giorni del periodo mestruale a causa della mancanza di serenità di giudizio e di condizioni fisiche non ottimali; il secondo, di carattere giuridico, le vede assoggettate ancora al volere del padre e del marito secondo la norma dell’autorizzazione maritale, entrata nel Codice Civile italiano del 1865.

Non è un mestiere per donne!

Tutte queste motivazioni emergono con limpida chiarezza nel caso di Lidia Poet, una delle prime donne italiane laureate in giurisprudenza. La Corte di Appello di Torino nel 1883 annullò la sua iscrizione all’albo degli avvocati per l’incompatibilità del mestiere con il genere femminile.

In Italia le donne vengono ammesse ufficialmente alla professione soltanto nel 1919 con la legge Sacchi del 17 luglio n.1176. Sulla Gazzetta Ufficiale all’art. 7 si legge infatti “le donne sono ammesse a pari titolo degli uomini ad esercitare tutte le professioni e a ricoprire tutti gli impieghi pubblici, esclusi soltanto, se non vi siano ammesse espressamente dalle leggi, quelli che implicano poteri pubblici giurisdizionali o l’esercizio di diritti e di potestà politiche che attengono alla difesa dello Stato”.

Questo è il primo punto di svolta che apre le porte della carriera forense alle donne, a cui seguirà, molto più tardi, nel 1981 la legge per l’accesso alla carica di Magistratura.

Tuttavia, la strada per l’effettiva parità di genere è ancora lunga

In un’intervista rilasciata a Morning Future nel 2018, Barbara de Muro, responsabile della sezione donne dell’associazione Asla, pone la questione delle donne giuriste in ruoli manageriali. Il 24 % fa parte dei soci dello studio in cui lavora, soltanto un 20% partecipa agli utili, e solo il 13% è managing partner.

Solamente negli ultimi anni il tema della gender equity ha presentato la sua necessità di essere affrontato e risolto. L’Italia è un Paese in cui la strada per le pari opportunità rimane ancora lunga nonostante l’attenzione e la comunicazione di questi temi si siano fatte più frequenti e mirate. Le nuove generazioni si stanno facendo portavoce del cambiamento e hanno il coraggio di reclamare i propri diritti. Chi vuole intraprendere il percorso dell’avvocatura deve iniziare al meglio puntando sul miglior corso per l’esame di avvocato di Roma tenuto da Formazione Giuridica – Scuola Zincani che, in oltre 20 anni, ha formato più di 20.000 avvocati.

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Fonti

Per i dati circa la professione forense si veda www.cassaforense.it

Per l’intervista di Barbara de Muro si veda www.morningfuture.com

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