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Croppi: La sorte di Raggi legata a patto non scritto tra Pd e M5s

“Grillo e Pd interessati a non farla cadere fino alle politiche. Non cadrà per le inchieste ma è troppo debole per arrivare alla fine”

"Virginia Raggi non cadrà per effetto delle inchieste giudiziarie, ma è troppo fragile per riuscire ad arrivare alla fine del suo mandato. La sua sorte è legata a un patto non scritto tra Pd e M5s…".

Sono le parole di Umberto Croppi, ideologo, conoscitore delle trame politiche ordite a Palazzo Senatorio, assessore alla Cultura con la giunta Alemanno dal 2008 al 2011, uno dei fondatori di "Nessuno tocchi Caino", lega internazionale per l'abolizione della pena di morte, di cui è membro del Consiglio Direttivo, presidente della Cosmec, società di comunicazione, autore del volume "Romanzo Comunale", edito da Newton Compotn, un racconto sui segreti dei palazzi del potere di Roma, sulla malapolitica durante la prima giunta Alemanno.

L'ex assessore capitolino, dal suo osservatorio speciale, delinea un quadro della situazione politica attuale della giunta Raggi, rispondendo alle domande del giornalista de "Il Mattino", Antonio Galdo.

"Grillo e il Pd hanno il comune interesse di non fare cadere il sindaco di Roma fino alle elezioni politiche. I 5 stelle perché sanno che una sconfitta della Raggi potrebbe essere determinante, in senso negativo, per il risultato alle elezioni nazionali, e il Pd perché sono terrorizzati dalla sola idea di nuove elezioni a Roma. sanno di perderle alla grande", afferma Croppi.

Come spiega l'impasse della Raggi: impreparazione o piuttosto è stata vittima delle infiltrazioni della destra nelle sue file?

"Io ho sostenuto Giachetti, ma da cittadino ho guardato perfino con interesse e con favore alla giunta Raggi. E non mi sembrava un gruppo di dilettanti allo sbaraglio, né una squadra di ex fascisti. C'erano personaggi di spessore, come Marcello Minenna, Carla Romana Maineri, Paolo Berdini: nomi che certo non appartengono a una destra che si sarebbe riciclata attraverso il sindaco Cinque Stelle".

Ma il più potente di tutti era Raffaele Marra.

"Anche qui bisogna fare chiarezza sulle leggende metropolitane. Marra è arrivato in Campidoglio con Alemanno, ma dopo un anno è stato cacciato. Ha fatto un giro alla Rai, alla Regione, e poi è tornato con Marino. Non era una meteora riciclata dell'universo fascista. La Raggi mi ha ricordato l'insediamento di Alemanno, quando il sindaco che aveva sconfitto Francesco Rutelli era circondato da grandi aspettative di discontinuità, e invece si fece risucchiare dalla palude del consociativismo romano. Dove affondò".

Lei è stato assessore per due anni e mezzo: ha visto qualcosa?

"Ho visto e ho fatto. Chi mi sembrava losco, è stato allontanato; chi ha lavorato con me si è speso con grande generosità e con preparazione. E ho fatto una battaglia contro i rimborsi che i consiglieri si spartivano in modo furbo ma legale. Come vede la politica, se vuole, può intervenire ben prima della magistratura. Forse per questo, dopo due anni e mezzo, sono stato cacciato."

Se dovessimo guardare gli interessi di Roma e dei suoi cittadini, dovremmo concludere che l'unica via d'uscita è un lungo commissariamento della città.

"Sono sempre stato contrario alle gestioni straordinarie, ma a questo punto servirebbe una scelta coraggiosa, di natura nazionale. Una legge speciale, che preveda una Costituente per assegnare e definire i nuovi poteri e le nuove funzioni di Roma Capitale e area metropolitana. Nel frattempo, tre anni di rigoroso commissariamento della città".

Vede all'orizzonte qualcuno in grado di fare una proposta di questo genere?

"No, ma riparliamone tra qualche mese. La politica riserva anche sorprese e a Roma forse si tornerà a parlare di politica, e non di una guerra tra bande mentre la città sprofonda, dopo le elezioni nazionali", conclude Umberto Croppi.     (Antonio Galdo – da "Il Mattino" di Napoli)

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