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Covid-19. Ubbidire e zitti: l’associazione di Burioni contro Byoblu e Montanari

Dichiarazioni non allineate e arrivano gli esposti penali. Nel tentativo di instaurare “il monopolio della verità”

Vietato dissentire.

Non potendo affermare una tale enormità per via immediatamente politica, si cerca di raggiungere lo stesso obiettivo utilizzando altre strade. Tangenziali o scorciatoie, fate voi. Di sicuro a senso unico.

L’esposto presentato contro il dottor Stefano Montanari e contro i canali online che ne hanno diffuso le opinioni, a cominciare dal seguitissimo Byoblu di Claudio Messora, va in questa direzione. Ci si appella alla scienza, trasformandola in una sorta di religione dogmatica che non ammette deroga alcuna a ciò che viene stabilito dai suoi Altissimi Sacerdoti, e si demonizza chiunque non sia d’accordo. Trattandolo da ciarlatano. Da mentitore spudorato e pericoloso.

L’esposto, infatti, è stato inoltrato alle Procure di Modena e di Ancona e ipotizza, o suggerisce, “la presunta violazione dell’art. ex art. Art. 656 c.p. (Pubblicazione o diffusione di notizie false, esagerate o tendenziose, atte a turbare l’ordine pubblico)”. La chiave di volta è nella parte finale, che non si può non riportare. E che va letta con estrema attenzione: sia per ciò che dice, affermandolo con un tono perentorio da Santa Inquisizione, sia per quello che richiama più o meno implicitamente.

“Il bene giuridico tutelato [dal succitato articolo 656 – ndr] è l’ordine pubblico, potenzialmente minacciato dalla diffusione di notizie false, esagerate o tendenziose.

Nel caso di specie le notizie sulla non pericolosità del virus e sulla pericolosità dei vaccini, nonché l’idea del complotto che presiede a tale evento tragico contenute nei video hanno l’attitudine a produrre un effetto dannoso per l’ordine e la tranquillità pubblica e le tante visualizzazioni ottenute confermano l’attitudine, così come è certamente falsa, poiché difforme nel caso di specie da ogni evidenza ascientifica.

Le dichiarazioni ivi contenute alterano la realtà dei fatti, presentandoli in una forma in grado di minacciare la tranquillità pubblica e l’ordine pubblico, che in questo momento deve essere assolutamente preservato date le difficoltà organizzative a cui il Paese è sottoposto per fronteggiare negli Ospedali il contagio, nelle carceri per sedare le rivolte, rispetto alla vita quotidiana di ciascun cittadino per fargli capire quali siano i comportamenti da adottare”.

La triangolazione è evidente, ma per ulteriore sicurezza indichiamola per esteso. Primo vertice del triangolo, e della gabbia: il Governo si affida al parere di determinati professionisti, che agendo in ambito scientifico vengono innalzati al rango di giudici unici e supremi. Secondo vertice: in forza di quel parere si assumono delle straordinarie misure di drastica limitazione delle libertà personali, come quelle che si stanno applicando oggi in Italia. Terzo vertice: se qualcuno si azzarda a sollevare dei dubbi sulla fondatezza dell’intera costruzione teorico-pratica, lo si accusa di fomentare la disubbidienza o addirittura la sedizione popolare, come se il libero pensiero fosse di per sé il presupposto di una condotta illegale.

Cogito, ergo sum… reus.

Siccome penso con la mia testa, posso facilmente trasformarmi in un colpevole. In un sovversivo. In un delinquente.

Inchinarsi, prego

Questo metodo è tutt’altro che inedito – vedi, in campo economico, la pretesa e indiscutibile superiorità dei tecnici alla Mario Monti, nella sciagurata stagione iniziata a fine 2011 – ma ai più continua a sfuggire.

Detto in maniera colta, si sta cercando di sostituire la tecnica alla politica. In una delle sue ultime interviste, rilasciata al Fatto Quotidiano nel giugno scorso, il filosofo Emanuele Severino lo disse con il consueto acume. Beninteso: il linguaggio non è esattamente quello dei tg o dei talkshow o di Vanity Fair. Ma si merita eccome l’eventuale sforzo che si dovrà fare per seguirlo.

«Stiamo abbandonando la tradizione. Ma la tecnica destinata al dominio non si è ancora fatta innanzi. In questa fase intermedia anche il livello di intelligenza della gente ne risente. (…) L’abbandono della tradizione, di quella tradizione che può dire alla tecnica “guarda che tu non puoi fare tutto quello che sei capace di fare”, provoca uno stato di decadenza e di smarrimento che giustifica anche i fenomeni di cui parlava lei. La superficialità del nostro tempo ha ragioni profonde».

E ancora: «È inevitabile che si vada verso una restrizione della libertà. È però inevitabile che non si vada verso una restrizione di tipo politico ma verso una restrizione di tipo tecnico-razionale della libertà; e altro è un dittatore politico, altro è una dittatura della ragione scientifica».

Chiaro, no?

A una tesi politica è lecito opporsi perché si tratta di un punto di vista. A una “verità scientifica” bisogna solo inchinarsi.

Gli sceriffi di Science City

“Patto trasversale per la Scienza”: l’associazione che ha presentato gli esposti si chiama così. E la maiuscola è nell’originale. La Scienza. Nel chiaro intento di collocarla, a priori, su un piedistallo che la renda superiore di per sé. Inavvicinabile e incontestabile, di per sé, da parte di chi non condivida il suo stesso approccio.

Basta già questo a farvi sentire puzza di dogmatismo? Bene. Significa che avete l’olfatto culturale, e politico, che ancora vi funziona.

Ma per chi invece ce l’avesse meno efficiente (magari a causa di un’influenza…) ecco qua l’articolo 5 dello Statuto, così come riportato sul sito ufficiale: “Lo scopo dell’associazione è la promozione e la diffusione della scienza e del metodo scientifico sperimentale in Italia al fine di superare ogni ostacolo e/o azione che generi disinformazione su temi scientifici, il tutto nell’ottica del precipuo interesse della tutela della salute umana garantito costituzionalmente, contrastando altresì ogni azione e/o condotta da parte di chiunque che possa pregiudicarla sia in forma individuale che collettiva anche tramite illeciti civili, amministrativi o penali”.

Gli sceriffi della Scienza, in pratica. Alla caccia dei “fuorilegge” che si azzardano a discostarsi dalle versioni dominanti.

Sceriffi che, attenzione, si sono autonominati da sé, visto che trattasi di “un’associazione non riconosciuta”: in pratica un tot di persone, e a norma di legge ne bastano appena tre, che si è scritta l’atto costitutivo e lo ha registrato spendendo quattro soldi, ossia i 200 euro di tributo fisso più le marche da bollo da 16 euro in base al numero di pagine o di righe.

Depositato lo scartafaccio, senza offesa, i paladini di turno possono iniziare a darsi da fare sotto l’egida della loro altisonante, ma sedicente, denominazione. Nel caso specifico, appunto, “Patto trasversale” eccetera. “Patto” suona al contempo autorevole e onorevole: un impegno solenne. “Trasversale” rivendica il collegamento a una molteplicità di altri soggetti: un’armata poderosa. Un esercito di vaste e variegate schiere che si sono riunite in nome del medesimo, nobile scopo.

Del resto, quando l’iniziativa è stata presentata il 5 giugno 2019, il sito Medicalfacts di Roberto Burioni (sì, proprio lui) ha sottolineato che “il Patto è stato sottoscritto in questi mesi da quasi 6 mila persone, tra cui alcuni premi Nobel, molti politici, ma anche persone comuni”.

Ora: “quasi 6 mila persone” non sono pochissime e tuttavia non diventano, fino a prova contraria, rappresentative di nessun altro che sé stesse.

Le maiuscole te le puoi regalare da solo.

La stella di sceriffo non è in dotazione con i camici di laboratorio e dovresti aspettare che te la attribuisca un’autorità politica. Autenticamente democratica, se possibile.

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