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Commissione Segre, dall’Inghilterra l’ultimo avviso sui rischi per la libertà

Bernardo Silva, centrocampista del Man City, condannato ai lavori sociali per un tweet scherzoso su un compagno: censurato come razzista contro ogni buonsenso

Il binomio calcio-razzismo è sempre stato un filone molto florido per i media, soprattutto per quelli che hanno bisogno di creare – o enfatizzare – dei casi che possano distrarre l’opinione pubblica dalle difficoltà (eufemismo) governative. Involontariamente aiutati, in questo disegno, da quel pugno di ignoranti artatamente moltiplicati per giustificare allarmismi che non hanno in realtà alcuna ragion d’essere se non quella – appunto – di essere funzionali a certe strategie sinistre: come quella che ha partorito la “Commissione straordinaria per il contrasto dei fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza”, per gli amici Commissione Segre.

Questa lunga premessa serve a inquadrare un caso che a un primo sguardo può sembrare completamente alieno da questo discorso (e nei fatti lo è) ma che, in realtà, è figlio della stessa mentalità distorta: che a sua volta affonda le proprie radici ideologiche nell’unione tra libido censoria e politicamente corretto d’assalto.

Il caso in questione arriva dall’Inghilterra, e ha per protagonista Bernardo Silva, talentuoso centrocampista del Manchester City, che per i profani è fondamentalmente la squadra più importante del calcio britannico contemporaneo. Un paio di mesi fa, il giocatore portoghese aveva pubblicato un tweet scherzoso che accostava alla mascotte di un noto snack iberico (consistente in arachidi ricoperte di cioccolata) una foto da bambino dell’amico e compagno di squadra Benjamin Mendy, francese di origini senegalesi.

Il cinguettio aveva subito scatenato polemiche, tanto che il calciatore lo aveva rimosso dopo neanche un’ora, lamentando che al giorno d’oggi non si può più nemmeno scherzare con un amico. Il buonsenso avrebbe voluto che la questione si chiudesse qui, ma non aveva fatto i conti con i più realisti del re che avevano già segnalato la goliardata alla Football Association (la Federcalcio inglese). La quale ha ora deciso di comminare a Bernardo Silva un turno di squalifica (e ne rischiava sei), una multa da 50.000 sterline e l’obbligo di svolgere alcune ore di lavori socialmente utili. Il tutto malgrado il nazionale lusitano fosse stato scagionato dallo stesso Mendy attraverso una lettera assolutoria indirizzata alla FA.

Niente da fare: la Commissione disciplinare della Federazione, che anche il tecnico dei Citizens Pep Guardiola aveva esortato a occuparsi di problemi più seri, ha sentenziato che, non trattandosi di una conversazione privata, il post avrebbe potuto offendere qualcuno. E sulla base di questa pura e semplice ipotesi sono scattati gogna, sanzione e rieducazione.

Ora, qualcuno potrebbe chiedersi cosa c’entra in tutto ciò la Commissione Segre: c’entra, perché segue la stessa (il)logica che sta dietro a questo esempio di follia albionica. Per cui una commissione autoproclamatasi depositaria della verità può imporre bavagli che, essendo dettati da mera appartenenza ideologica, scatteranno puntualmente e indubitabilmente in maniera unidirezionale: facendo oltretutto strame delle fondamentali libertà di pensiero, parola ed espressione ancora tutelate (almeno per il momento) dall’articolo 21 della nostra Costituzione.

Di fatto, i fenomeni che la Commissione Segre intende combattere sono già perseguibili penalmente nel malaugurato caso che si traducano in atti concreti: il che rende questo istituto, come minimo, superfluo, a meno che non lo si consideri alla luce della tattica sopracitata e dello scopo non dichiarato di silenziare le opinioni non allineate.

Perché, altrimenti, escludere dal testo di una mozione sull’antisemitismo la parola “Israele”, si è ad esempio chiesta la leader di FdI Giorgia Meloni? Perché cassare qualsiasi riferimento all’integralismo islamico, che è il vero e principale veicolo dell’odio anti-ebraico anche nella vecchia Europa?

E perché fondare la necessità di una simile commissione sui 200 messaggi d’odio vomitati ogni giorno via social contro Liliana Segre, salvo poi scoprire che la senatrice non ha alcun account social, e che i messaggi (197 in tutto, per la precisione) erano stati rilevati dall’Osservatorio antisemitismo nell’intero anno 2018 (non nell’arco di 24 ore) ed erano riferiti solo in minima parte all’ex bambina sopravvissuta agli orrori di Auschwitz? Ancora, perché questi ultimi dati non hanno meritato gli stessi titoli a nove colonne che erano stati riservati alle fake news che andavano a smentire?

La risposta a tutte queste domande l’ha data, senza nemmeno rendersene conto, Giovanni Floris, affermando in diretta tv, di fronte al leader della Lega Matteo Salvini, che c’è differenza tra le minacce ricevute dal Capitano e quelle rivolte alla stessa senatrice Segre. Farneticazione che fa capire benissimo il rischio che correrebbe il libero pensiero nel caso fosse sottoposto al vaglio e alla censura di un nuovo Minculpop rosso-giallo. Anche se istituito in buona fede.

Foto da News Number

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