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Cleaning, il neo-anglicismo istituzionale che fa discutere

“#Cleaning: ancora un (infelicissimo) caso di itanglese istituzionale”, spiega su Twitter il linguista Giuseppe Antonelli

Fertility day, hotspot, jobs act, spending review, stepchild adoption … nel già ricco campionario di anglicismi istituzionali entra di diritto dal 25 agosto scorso anche "cleaning", evocato da Paola Basilone, prefetta di Roma. "Si è trattato di una operazione di cleaning, di riportare l'ordine a piazza Indipendenza, di ristabilire le regole", ha dichiarato in una intervista al Corriere della Sera a proposito dell'intervento di sgombero del palazzo di via Curtatone.

Senza entrare nel merito dell'operazione, l'uso del termine 'cleaning' – ovviamente non casuale – per descriverla, ha generato dibattito e interpretazioni. Per due motivi: il ricorso ad un termine inglese e il suo significato.

"#Cleaning: ancora un (infelicissimo) caso di itanglese istituzionale", spiega su Twitter il linguista Giuseppe Antonelli. Ma, si chiede la terminologa Lucia Corbolante, "ha senso parlare di 'operazione di cleaning'?".

In effetti, il verbo clean, spiega Corbolante sul suo blog, equivale al nostro 'pulire' e quindi 'cleaning' è un'azione di pulitura. Se poi ci si riferisce ad una piazza s'intende la rimozione della spazzatura. Più vicino, semmai, al concetto espresso dalla prefetta è l'espressione 'cleaning up' che in senso figurato vuol dire riportare l'ordine, bonificare un luogo da un'attività o da comportamenti non corretti. Ancora più diretto, 'cleaning out' che se riferito a persona assume il significato di espellere, allontare con la forza.

Per il linguista Michele Cortellazzo, il ricorso ad un forestierismo, al di là del suo significato, ha "il carattere di un vero e proprio fumogeno linguistico", una "strategia di mascheramento … fatta propria anche dagli alti funzionari dello Stato", come la prefetta Basilone, che in questo modo ha "edulcorato … l'azione di forza della polizia di Roma, che ha usato, come la legge consente, idranti, manganelli, cariche".

Usare "il corrispettivo italiano, pulizia, sarebbe stato un eufemismo", prosegue Cortellazzo, e in ogni caso, "sul piano semantico si crea un'eco, ben più grave e insidiosa, con la pulizia etnica, diventata tragicamente famosa durante le guerre nei Balcani".

Ecco perché, come scrive in una lettera aperta alla prefetta il deputato di Sinistra italiana-Possibile Andrea Maestri, "parlare di cleaning quando si ha a che fare con lo sgombero di persone (tra cui donne e bambini) significa dire – solo in modo un po' più garbato ma assai ipocrita – che quelle persone sono come rifiuti da rimuovere con la famigerata ruspa".

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