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Caso Stefano Cucchi, la Procura riapre le indagini?

Pignatone si dice “disponibile” a riaprirle se emergeranno “fatti nuovi”. Anselmo avvisa: “Cambiare capo di imputazione”

“Il giudice penale deve accertare se vi sono prove sufficienti di responsabilità individuali e in caso contrario deve assolvere. È quello che i miei giudici hanno fatto anche questa volta”. Le parole sono del presidente della Corte d'Appello di Roma, Luciano Panzani, all’indomani della sentenza sul caso Cucchi che ha generato un’indignazione totale in quanti non si aspettavano l’assoluzione di tutti e 12 gli imputati per ‘insufficienza di prove’, invitando dunque a evitare la "gogna mediatica".

Da una parte, anche Ilaria Cucchi, nel suo commento affidato al web, scrive: “Non ce l'ho con i giudici, che rispetto”. Eppure, la rabbia c'è. Contro un sistema farraginoso che non consente di trovare un colpevole per la morte di un ragazzo di 30 anni. Contro prove che sembrano non esistere, nonostante le foto di Stefano, mostrate anche durante il processo. Per questo, Ilaria, nel suo commento si è poi rivolta a Giuseppe Pignatone, procuratore capo di Roma. “Voglio chiedere al dottor Pignatone – scrive Ilaria – (…) se è soddisfatto dell'operato del suo ufficio. Voglio chiedergli se quando mi ha detto che non avrebbe potuto sostituire i due pubblici i ministeri che continuavano a fare il processo contro di noi, contro il mio avvocato, e contro mio fratello ha fatto gli interessi del processo e della verità sulla morte di Stefano. Insufficienza di prove. Caro procuratore capo. Su tutto e per tutti. Ma l'importante è tutelare il prestigio dei colleghi”.

A qualche giorno di distanza dalla sentenza, e dai commenti dei familiari di Stefano, è proprio il procuratore Pignatone a prendere la parola, dicendosi “disponibile” a riaprire le indagini sul caso Cucchi “se emergeranno fatti nuovi o comunque l'opportunità di nuovi accertamenti”, sottolineando come sia “inaccettabile che una persona muoia, non per cause naturali, mentre è affidata alla responsabilità degli organi dello Stato”.

Non si è fatta attendere la contro risposta di Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, che allora ha chiesto di “azzerare le perizie e le consulenze che hanno fatto solo fumo e nebbia sui fatti”.    

La notizia di una possibile riapertura delle indagini, è stata accolta con favore anche dal legale dalla famiglia Cucchi, Fabio Anselmo. Che però pone una condizione: l’eventuale ‘inchiesta bis’ sulla morte di Stefano Cucchi deve veder cambiare il “capo di imputazione”. Solo così, secondo Anselmo, si possono ottenere dei risultati concreti.

Anselmo, quindi, è chiaro: bisogna “contestare l'omicidio preterintenzionale e considerare la morte come conseguente alle lesioni”. “Se si aprisse un'inchiesta bis – dichiara Anselmo a Radio Popolare Roma, noi siamo a disposizione se potrà fare più chiarezza, forse il Procuratore ne sa più di me, ma non capisco quali meccanismi pensi di attivare. Da parte mia però ricordo che c'è già un processo in corso, con un terzo grado ancora da effettuare e che fra due anni e mezzo scatterà la prescrizione per tutti gli attuali capi di imputazione”.

La sentenza di Anselmo è decisamente più amara di quella emessa dalla Corte d’Assise: “Tutto in questo processo non ha funzionato fin dall'inizio e la vicenda delle perizie è grottesca. La vicenda e il processo per la morte di Stefano sono divenuti simbolo di ordinaria ingiustizia”.

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