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Roma, Caffè della Pace verso la chiusura: lavoratori in protesta

Un flash mob dei lavoratori che ha riunito anche passanti e residenti. La richiesta: scongiurare la chiusura del Caffè della pace, storico locale di via della Pace

Roma, via della Pace. Mattinata di ordinarie proteste. Siamo al Caffè della Pace, dove i lavoratori hanno organizzato un flash mob: in fila indiana, davanti allo storico locale di via della Pace, i lavoratori si sono simbolicamente incatenati. Una lunga fila, che, col passare dei minuti, è diventata sempre più affollata e alla quale si sono aggiunti anche passanti, residenti e qualche esponente del mondo dello spettacolo.

I lavoratori del Caffè della Pace hanno deciso di inscenare questa protesta per rivolgersi, ancora una volta, al sindaco di Roma, alle istituzioni tutte e alla proprietà dello storico locale di via della Pace. Quale la richiesta? Quella di scongiurare la chiusura del Caffè, sempre più vicina. ‘Fermare la chiusura di uno dei caffè più antichi della Capitale’ e ‘Una speranza per lavorare: ci sentiamo abbandonati’ – si legge su alcuni striscioni srotolati.

Rischia infatti di andarsene un pezzo di una Roma antica, una Roma romantica, una Roma che ha fatto storia, e continua a farla ogni giorno. Il Caffè della Pace, a due passi da piazza Navona, è sotto sfratto. L’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno aveva mostrato solidarietà nei confronti dei lavoratori del Caffè della Pace. Dopo di lui, anche l’assessore alla Roma Produttiva Marta Leonori, si è mostrata solidale. Poi, sono arrivate anche le dichiarazioni del sindaco Ignazio Marino: “Scriverò al Rettore, che risiede a Vienna, dell’Ordine proprietario dello stabile che ospita il Caffè della Pace, spiegando personalmente le ragioni del disagio della città per la chiusura di un caffè storico, frequentato da oltre cinquant’anni da romani e turisti” – aveva dichiarato qualche mese fa, in occasione di un incontro con Daniela Serafini, gestore del caffè, e il presidente dell’associazione Botteghe Storiche Giulio Anticoli. Oltre le firme raccolte, però, nulla sembra essersi mosso.

Proprio Giulio Anticoli, in occasione del flashmob di questa mattina, ha dichiarato: “È iniziato il conto alla rovescia, lo sfratto è ormai una questione di settimane. Abbiamo raccolto nei mesi passati 35mila firme contro la chiusura, abbiamo chiesto al sindaco un tavolo per trovare una soluzione condivisa, ma non abbiamo avuto, in entrambi i casi, alcuna risposta. Ora la nostra unica speranza è una legge dell’Unesco che prevede la tutela di quei locali che sono espressione di un’identità culturale condivisa. Noi continueremo la nostra battaglia fino alla fine” – ha fatto sapere.

“Qui parliamo di 30 famiglie che si ritroveranno senza lavoro – ha poi ribadito Daniela Serafini – Se nemmeno 35mila firme smuovono le istituzioni, allora noi non sappiamo veramente più cosa fare. Quelle stesse istituzioni che, forse per motivi di visibilità, sembravano inizialmente interessarsi del problema, ma poi sono sparite. Dopo i primi contatti con Marino e con l’assessore Marta Leonori è calato il silenzio totale. È un peccato perché si parla tanto di cultura, ma come sempre sono solo parole”.

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