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“Banda pericolosa”: arrestato Giampietro Manenti del Parma Calcio

22 arresti disposti dalla Procura di Roma ed eseguiti dalla Guardia di Finanza: tra di loro anche Manenti

Una vasta operazione delegata dalla Procura della Repubblica di Roma sta impegnando, da questa mattina, i Finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria della Capitale, i quali stanno eseguendo degli arresti per un totale di 22 persone, alle quali sarebbero contestati i reati di peculato, associazione per delinquere, frode informatica, utilizzo di carte di pagamento clonate, riciclaggio e autoriciclaggio aggravato dal metodo mafioso. 

Sono state inoltre eseguite 60 perquisizioni su tutto il territorio nazionale. In manette anche Giampietro Manenti, patron del Parma Calcio, per reimpiego di capitali illeciti.

L’ACCUSA. L’accusa per il patron del Parma, Giampietro Manenti, nell’ambito dell’indagine della Procura di Roma e della Polizia Tributaria della Gdf che ha portato all’arresto di 22 persone per vari reati tra cui frode informatica, riciclaggio e auto riciclaggio, è di concorso in tentato reimpiego.

Si tratterebbe, hanno spiegato i magistrati Nello Rossi, Michele Prestipino e i militari della GdF, di una “pericolosa organizzazione criminale dedita alla commissione in Italia e all’estero di reati di frode informatica, utilizzo di carte di pagamento clonate, reimpiego di capitali di provenienza illecita, riciclaggio e auto riciclaggio aggravato dal metodo mafioso” composta da “hacker informatici e riciclatori” per far pervenire nelle casse del Parma “4,5 milioni di euro”.

Come ha spiegato il procuratore aggiunto della DDA di Roma, Michele Prestipino “attraverso le intercettazioni in corso è emerso un accordo in base al quale questo gruppo, attraverso l’utilizzazione delle provviste finanziarie caricate sulle carte credito clonate, avrebbe messo a disposizione di Manenti la somma di circa 4,5 mln spendendo queste somme caricate sulle carte di credito, in operazioni commerciali varie, da forme di sponsorizzazione, all’acquisto di gadget, all’acquisizione di abbonamento per fare confluire la somma di 4,5 mln di euro nella disponibilità di Manenti, che poi avrebbe dovuto impiegarle”. Di questa somma “il 50% sarebbe stata la percentuale per Manenti”, per il fatto che avrebbe messo a disposizione del gruppo criminale un canale per riciclare il denaro.

“Manenti ha a disposizione”, secondo l’ipotesi accusatoria, “un canale possibile per acquisire questi fondi, cioè una società che può ricevere sponsorizzazioni e merchandising – ha spiegato il procuratore aggiunto, Nello Rossi – Il Parma è uno strumento, poi cosa Manenti ne avrebbe fatto di questi soldi, se li avrebbe dedicati tutti a un Parma Calcio forte, non lo sappiamo”.

Ciò che si sa è che il patron della società emiliana “a metà febbraio fa salire a Parma questi soggetti milanesi – ha aggiunto il comandante Cosimo Di Gesù – e fanno il tentativo, attraverso i pos del merchandising o delle biglietterie del Parma, di scaricare le carte di credito clonate in modo da simulare vendite di biglietti o merchandising e il Parma incamerare questi denari da spartire. Per fortuna queste cose non si sono verificate ma è provato che c’è stato questo tentativo".

“Queste attività – ha concluso Prestipino – sono rimaste alla soglia del tentativo perché chi doveva operare ha incontrato difficoltà tecniche nell’effettuare queste operazioni di riciclaggio e non si è creata la disponibilità finanziaria in concreto, poi questa mattina abbiamo eseguito i provvedimenti”.

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