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Aggrediscono la compagna e postano il video, accadde anche a Ostiense con un ragazzo down

Vigliacchi sono coloro che aggrediscono in gruppo una persona sola e inerme. E vigliacchi erano i giovani verso il ragazzo affetto da sindrome di down,

Carabinieri in servizio a Piazza Vittorio Emanuele, Roma

Carabinieri in servizio a Piazza Vittorio Emanuele, Roma

È successo di nuovo, questa volta in una scuola media di Padova, ma è una scena vista e rivista in Italia. Cosa hanno i 14-15enni, questa volta tutte ragazze, per cui devono sfogare la loro rabbia sui compagni più deboli, in questo caso una loro amica?

Ci siamo di nuovo. Ragazza pestata dalle compagne di scuola. C’è anche un video dell’aggressione ripreso con il cellulare e inviato su WhatsApp. Il video è stato divulgato sulla chat delle mamme da uno dei genitori.  Si vede la ragazza che viene circondata, schiaffeggiata, intimidita. Intorno le altre gridano, ridono, si divertono assistendo alla scena che a noi fa inorridire.  Sono ragazze, non maschi, hanno 14 anni, siamo nella preadolescenza. Poco più che bambine ma con atteggiamenti da adulte. Non possiamo parlare di machismo, di violenza dell’uomo sulla donna. Sono giovani donne queste ”bambine cattive” che maltrattano una coetanea.

Nel 2021 era successo a Ostiense con un ragazzo down

Le immagini riguardano una scuola di Padova ma di queste scene ne abbiamo viste anche in altre parti d’Italia, Roma compresa. Come quando un 17enne, affetto dalla sindrome di down, venne picchiato selvaggiamente nel maggio 2021, in piena pandemia, da cinque ragazzi di 15 anni, fuori della stazione della metropolitana di piazzale dei Partigiani, in zona Ostiense a Roma. Lo hanno massacrato senza un movente, riprendendo la scena e postandola poi sui social. L’accusa nei loro confronti fu di aver agito con crudeltà da parte della Procura presso il Tribunale dei Minori. Aggressioni del genere possono creare un danno forte in chi le subisce e segnare per sempre la vita di chi le commette, avviandolo al carcere e a una vita ai margini della società.

Non c’è da avere timore a chiedere aiuto. Va detto e spiegato che la vigliaccheria è agire in tanti contro uno non difendersi

Una delle ragazze alle quali è arrivato il filmato sul cellulare lo ha mostrato alla madre e lei ha deciso di divulgarlo proprio sulla chat di scuola, per far vedere a tutti cosa stesse accadendo. Il filmato è già stato inviato al preside e in questura. Parlare, aprirsi, svelare è quello che serve contro gli episodi di violenza che vivono nell’omertà.

La violenza è scattata per una frase detta, per parole ritenute “sbagliate“. La vittima ha paura, troppa paura di due coetanee di 14 anni. Una passante chiede che succede, se serve aiuto, se deve chiamare la Polizia. La vittima risponde di no, che va tutto bene, e così non si salva, resta nelle mani delle sue tormentatrici. Questo è l’errore grave che non si dovrebbe mai commettere. La vittima deve chiedere aiuto, deve rivolgersi a un adulto in cui possa confidare. Nei giovani è attecchita questa assurda filosofia mafiosa, mutuata dalla criminalità, per cui chi è vittima non debba né denunciare, né chiedere aiuto, per non mostrarsi vigliacca. Ma qui si ribaltano i concetti!

La vigliaccheria di tanti

Vigliacchi sono coloro che aggrediscono in gruppo una persona sola e inerme. E vigliacchi erano i giovani verso il ragazzo affetto da sindrome di down, vigliacche sono le amiche che in gruppo circondano la loro compagna sola.

Vigliacchi sono stati i due fratelli Marco e Gabriele Bianchi, di 26 e 28 anni, che hanno assassinato, assieme a Mario Pincarelli e Francesco Belleggia, Willy Monteiro Duarte, di 21 anni, a calci e pugni la sera del 5 settembre 2020 a Colleferro, intervenuto per difendere l’amico Federico Zuma da un’aggressione ingiustificata. Ora i due fratelli e gli altri due loro amici hanno perso ogni speranza di realizzazione con un’esistenza da carcerati che durerà decine di anni, mentre a Willy è andata peggio, gli è stata tolta la possibilità di vivere. Se si pensasse prima a cosa porta questo desiderio di supremazia, di dimostrazione di forza, di dominio, tanti errori non si commetterebbero.

La legge del più forte è innata negli animali, serve alla sopravvivenza. Ma noi non viviamo in una giungla

In ogni gruppo i sono sempre i soggetti più fragili, più deboli. Come in una legge della giungla gli altri li prendono di mira, li annusano, ne avvertono la debolezza e la vogliono sfruttare a loro vantaggio, per affermare un senso di potere e di superiorità che, come singole persone, non possono manifestare. Sfogano quindi questa loro frustrazione su chi è più debole. Fa male dirlo ma è una legge psicologica umana. Tutti gli “animali” hanno questa sorta di istinto. Sacrificare il più debole per salvarsi loro. Gli “uomini” non sono diversi. Avrebbero gli strumenti culturali per affrancarsi da questo istinto brutale ma spesso se lo dimenticano, riescono a nasconderlo, a far prevalere l’istinto primordiale del più forte che schiaccia il più debole. In questo non c’è nessuna virtù, nessuno spirito di superiorità, c’è solo vigliaccheria. Perché presi singolarmente i componenti del branco sono ugualmente fragili, ugualmente deboli e siccome lo sanno, debbono agire in gruppo per sentirsi forti.

La sopraffazione è istintuale, la tolleranza e il rispetto no, si deve imparare

La vittima del video viene accusata di aver detto qualcosa che non doveva, qualcosa che la sua aguzzina prende a pretesto per vessarla, intimidirla. Spesso si tratta di scuse. La vittima viene provocata per misurare la sua capacità di reazione, la sua forza appunto. Se non reagisce o si spaventa è fatta. Chi infierisce sa che la strada è libera e può fare della vittima ciò che vuole. Questo meccanismo funziona anche psicologicamente, ed è aberrante, nelle coppie malate, nelle relazioni sbilanciate, dove c’è un manipolatore e un manipolato.

Ad ogni cenno, non dico di ribellione, ma di disubbidienza, scatta la punizione. Sono meccanismi atavici. Ce li abbiamo tutti dentro nella nostra storia di esseri viventi. Ma per vivere in comunità non sono accettabili. Esiste la logica, il ragionamento, il rispetto dell’altro, l’amore, tutte cose che si debbono imparare, mentre la sopraffazione no, ce l’abbiamo già naturalmente. Come la fuga. Sono istinti primordiali di sopravvivenza. Ma noi non dobbiamo sopravvivere, dobbiamo imparare a vivere, specie a 14 anni!

La violenza è dappertutto. Andrebbe incanalata in cose produttive

Perché allora dei preadolescenti, dei giovani poco più che bambini, si comportano in questa maniera? Le motivazioni psicologiche le abbiamo dette, quelle sociali ce le ripetiamo da una vita, da più vite, inutilmente. Se non cambiano le condizioni delle nostre società, difficilmente cambieranno i comportamenti dei giovani e degli adulti. L’aggressività e la violenza sono ormai insite nella nostra società e ne osserviamo gli effetti ogni giorno per strada, in famiglia, nei luoghi di lavoro e di divertimento. Spesso è una violenza fine a sé stessa, senza movente addirittura, più spesso è un senso di proprietà, di superiorità rispetto al prossimo che la fa scattare negli individui meno strutturati, ovvero più semplici, con meno capacità culturali. 

Non ripeterò il ritornello per cui servirebbe una scuola che educhi al rispetto dell’altro, dove l’educazione sentimentale abbia un suo ruolo fondamentale. Sono speranze che saranno deluse perché non c’è la volontà politica di fare questo e neanche la preparazione culturale per realizzarlo. Restano solo le famiglie. Ma i genitori sono sempre più spesso assenti fisicamente e assenti culturalmente e spiritualmente, nel senso che sono impreparati loro per primi a gestire questi problemi. Spesso agiscono nella maniera sbagliata, assolvono l’aggressore e scaricano le colpe sulla vittima. Vedete che succede nei casi di stupro, specie se poi è stupro di gruppo o di branco, verrebbe da dire.

Gli eroi ci sarebbero ma non ci sono le figure reali cui appoggiarsi

A questi ragazzi mancano figure di adulti da prendere ad esempio. Una volta erano i genitori, o gli insegnanti, che incarnavano questi ruoli. Ricorderete tutti il film L’attimo fuggente di Peter Weir con Robin Williams, che interpreta l’insegnante che apre agli studenti uno squarcio sul mondo della poesia. Qualcosa che non va imparata a memoria ma compresa e vissuta come educazione sentimentale per farne il mezzo per affermare la propria personalità e non essere schiacciati dalla sopraffazione degli altri. I modelli ci sarebbero.

La predisposizione a coglierli pure, perché spesso gli adolescenti amano questi eroi buoni del cinema, della letteratura, dello sport, della musica. Ma se non c’è l’esempio accanto a loro, se non c’è la figura di riferimento cui appoggiarsi, che traccia la strada, si può facilmente deviare e perdersi. E possono prevalere eroi negativi, di cui è piena la nostra società di influencer privi di scrupoli, politici senza dignità, sportivi e pseudo artisti senza valori che non siano quelli del guadagno facile.