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Afghanistan, “America First”: non solo Trump, slogan del paese che abbandona i suoi alleati

L’analisi di Marco Guidi, sette anni in Afghanistan come inviato di guerra

Il presidente americano Joe Biden

Joe Biden durante il discorso sulla crisi in Afghanistan

Mentre il presidente americano Joe Biden difende il ritiro delle truppe dall’Afghanistan, i talebani danno la caccia ai civili casa per casa. Il Consiglio di sicurezza dell’Onu chiede “l’immediata cessazione di tutte le ostilità” e “l’istituzione attraverso negoziati di un nuovo governo unito, inclusivo e rappresentativo, anche con la partecipazione piena, equa e significativa delle donne”.

Abbiamo chiesto a Marco Guidi, che ha passato sette anni in Afghanistan durante i conflitti, di analizzare la situazione, partendo dalla politica estera recente adottata dagli Usa.

Le parole di Biden

“Gli Stati Uniti si sono impegnati in Afghanistan vent’anni fa con obiettivi chiari: fare giustizia degli autori degli attacchi dell’11 settembre 2001, fare in modo che Al Qaeda non usasse l’Afghanistan come rifugio”. Lo ha detto ieri sera il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, commentando gli ultimi sviluppi in Afghanistan dopo la presa di Kabul da parte dei talebani. “Abbiamo dato la caccia a Bin Laden e lo abbiamo preso”, ha detto Biden, secondo cui l’obiettivo non era quello di “costruire una democrazia centralizzata”. “Volevamo perseguire i nostri interessi nazionali ed evitare attacchi terroristici nel nostro territorio”, ha dichiarato Biden.  Le minacce legate al terrorismo oggi sono diverse rispetto a quelle di vent’anni fa, ha sottolineato il presidente degli Stati Uniti. “Oggi la minaccia si è metastatizzata con Al Nusra in Siria, Boko Haram in Africa”, ha spiegato l’inquilino della Casa Bianca.

E sull’avanzata dei talebani il presidente Usa ha dichiarato che “il crollo delle forze regolari afgane di fronte all’avanzata dei talebani è avvenuto prima di quanto ci aspettassimo”, evidenziando che “l’esercito si è dissolto senza provare a combattere, gli sviluppi di questa settimana potenziano l’idea che la nostra presenza potrebbe essere stata inutile, l’esercito Usa non può combattere le guerre per procura degli afgani”, ha aggiunto Biden. “Le truppe americane non devono combattere una guerra che le forze afgane non sono in grado di combattere”, e ancora: “continueremo a sostenere il popolo afgano attraverso la diplomazia, così come facciamo in tutto il mondo. I diritti umani devono occupare un posto rilevante della nostra politica estera” .

Quattro presidenti, diverse tappe del conflitto in Afghanistan

Bush ha iniziato la guerra in Afghanistan nel settembre del 2001. Obama, arrivato alla casa Bianca nel 2009, ha avviato una nuova strategia caratterizzata da un maggiore impegno militare a cui è seguita l’uccisione di Osama Bin Laden. Fu poi con Trump che sì siglò l’accordo con i talebani e si stabilì la data del ritiro delle truppe americane dall’Afghanistan.

Nel 2018 il presidente Trump avviò delle nuove trattative che si sono concluse a febbraio 2020 con la firma di un accordo che prevedeva il ritiro completo delle 12 mila truppe americane ancora presenti sul territorio afghano entro il primo maggio 2021.

Biden ha posticipato il termine entro il quale gli USA avrebbero dovuto ritirarsi dall’Afghanistan: non più il primo maggio come deciso da Trump, ma l’11 settembre, data dell’anniversario dell’attacco alle Torri Gemelle.

Dunque la guerra in Afghanistan iniziata nel 2001 ha coinvolto ben quattro presidenti americani, due repubblicani e due democratici.

L’analisi di Marco Guidi, sette anni in Afghanistan durante i conflitti

“C’è un aspetto sul quale l’America sembra essere incorreggibile, che si tratti di presidenti repubblicani o democratici: l’interesse esclusivo per la politica interna e la miopia estera. Non è la prima volta: gli americani hanno appoggiato i curdi quando c’era da abbattere l’Isis, per poi abbandonarli da un giorno all’altro. Gli americani non sono alleati affidabili, sia Trump che Biden sono molto simili in questo, sebbene diversissimi dal punto di vista ideologico.

Vediamo cosa ci racconta la Storia recente.

Gli americani in Vietnam

Gli americani sono entrati in Vietnam perché temevano il dilagare del comunismo. Il parallelo che usò Reagan fu quello del salame. I comunisti, soprattutto russi e cinesi, tagliano ogni volta una fetta sottile dal salame. Così per un po’, con parsimonia, ma alla fine il salame è finito. Intervennero quindi in Vietnam sostituendo l’imperialismo francese. Hanno condotto una guerra devastante e non si sono voluti rendere conto che una guerriglia che non ha l’appoggio di buona parte della popolazione, è destinata a fallire. Avevamo infatti già l’esempio dei russi in Afghanistan: dieci anni di massacri, personalmente sette anni di quei dieci li ho passati lì. Alla fine hanno perso.

Usa in Iraq e Siria

E ancora quando lo stato islamico ha conquistato metà Iraq e mezza Siria. Gli americani in Iraq hanno stretto accordi con i curdi del nord e gli sciiti perseguitati dall’Isis, chiudendo un occhio sul fatto che forse gli sciiti erano armati da Teheran.

Invece in Siria si sono appoggiati ai curdi, i quali hanno fatto bene il loro mestiere e hanno eliminato non solo le bande dell’Isis ma anche i mercenari dei turchi che appoggiavano l’Isis. Finito questo, dopo neanche due mesi hanno mollato i curdi nelle mani delle rappresaglie dei turchi, che sono ancora in corso.

Oggi la Turchia ha costruito una fascia profonda 80 km e lunga 960 km: si è ingrandita occupando una provincia come quella di Roma. Gli americani fanno finta di nulla. La stessa cosa in Afghanistan. Nel 1956 l’America esortò l’Ungheria alla ribellione antisovietica, ma quando il 4 novembre Chrushev violò i patti mandando 1600 carri armati gli americani non mossero un dito, giustificandosi dicendo “vogliamo evitare la terza guerra mondiale”.

Naturalmente non sto affermando che gli americani siano gli unici responsabili di quanto sta accadendo in Afghanistan o in altre guerre. Tuttavia credo sia importante rilevare come il loro atteggiamento non sia di fatto mai cambiato. Non solo non viene esportata alcuna democrazia, ammesso si possa fare con le armi, ma non vi è alcuna lungimiranza nella politica estera americana.

Quando gli americani abbandonarono i mercenari cubani

Un altro esempio: appena Kennedy andò alla Casa Bianca si trovo di fronte l’operazione della Baia dei Porci a Cuba, nel 1961. Così pagò esuli cubani, mercenari e fascisti cubani perché sbarcassero promettendogli protezione dal cielo. Poi quando Castro intervenne con tutto l’esercito cubano l’aviazione americana non si è palesata.

Le giustificazioni di Biden sono ridicole e patetiche, Biden in questa tremenda occasione si è bruciato molte delle simpatie del suo elettorato.

In ogni caso gli Usa si sono sempre mossi solo per la loro politica interna. America First è il motto di Trump ma la verità è che lo anche per altri presidenti che non si espongono nel farne il proprio slogan”.

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