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Acqua: pubblica e partecipata

Legge approvata dal Consiglio regionale del Lazio sulla gestione del servizio idrico integrato

Acqua: pubblica e partecipata. Così ha deciso il Consiglio regionale del Lazio che, recependo gli esiti referendari del 2011, ha approvato all’unanimità la proposta di legge di iniziativa referendaria sull’acqua (proposta da 39 Comuni del Lazio e sottoscritta da 40mila cittadini) che deve essere, appunto, a gestione “pubblica e partecipata”, “senza finalità lucrative”.
La gestione del servizio idrico integrato, oltre a non avere finalità lucrative, deve anche avere come obiettivo “il pareggio di bilancio” e deve “perseguire finalità di carattere sociale e ambientale”.

Si stabilisce che la gestione del servizio idrico sia “integrata”: “Le opere di captazione, gli acquedotti, le fognature, gli impianti di depurazione e le altre infrastrutture e dotazioni patrimoniali afferenti al servizio idrico integrato,  sono di proprietà degli enti locali e sono assoggettati al regime proprio del demanio pubblico”.

La legge, che stabilisce che “l’acqua è un bene naturale e un diritto umano universale” e che quindi “tutte le acque superficiali e sotterranee sono pubbliche e non mercificabili”, abolisce anche i vecchi ‘Ato’ (Ambiti territoriali ottimali). Pertanto, la gestione delle acque dovrà avvenire a livello del bacino idrografico. A questo proposito, è  inoltre previsto che la gestione avvenga secondo un preciso bilancio idrico che dovrà assicurare “l’equilibrio tra prelievi e capacità naturale di ricostituzione del patrimonio idrico” e che dovrà essere aggiornato ogni 5 anni.
Ad individuare gli ambiti di bacino idrografico e le relative autorità, nonché a disciplinare “le forme e i modi di cooperazione fra gli enti locali e l’organizzazione e la gestione del servizio pubblico integrato”, ci penserà la Regione, entro 6 mesi dall’entrata in vigore della legge. I delegati degli enti locali, inoltre, potranno partecipare alle assemblee decisionali, con vincolo di mandato.

Entro lo stesso lasso di tempo (6 mesi dall’entrata in vigore della legge), la Regione dovrà anche definire forme e modalità di partecipazione dei cittadini e dei lavoratori alla “pianificazione, programmazione e gestione del servizio idrico integrato”. 

Non solo. È prevista la costituzione di due fondi: uno, destinato alla “ri-pubblicizzazione” dell’acqua (circa 60 milioni), destinato agli enti locali che vogliano tornare a gestire il servizio “subentrando a società di capitale”; l’altro, a carattere di “solidarietà internazionale”, che si prefigge lo scopo di “concorrere ad assicurare l’accesso all’acqua potabile a tutti gli abitanti del pianeta”, e che sarà destinato a progetti cooperativi, escludendo ogni forma di profitto privato.

Soddisfazione da parte del Coordinamento Regionale Acqua Pubblica, che in una nota spiega che si tratta di “una legge che recepisce i risultati referendari, a partire dalla definizione di servizio idrico come servizio di interesse generale da gestire senza finalità di lucro, fino al fondo stanziato per incoraggiare la ripubblicizzazione delle gestioni in essere. Una legge che rimette al centro finalmente gli enti locali, delineando gli ambiti territoriali ottimali sulla base dei bacini idrografici e dando la possibilità ai Comuni di organizzarsi in consorzi e di affidare il servizio anche ad enti di diritto pubblico, tutelando al contempo la partecipazione delle comunità locali nella gestione di questo bene fondamentale, anche rispetto alle generazioni future”.

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