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Acilia, sangue in via Molteni: la fuga in pigiama e l’arresto di Lorenzo Vitali dopo l’omicidio della nonna

Ad Acilia un trentenne colpisce con un martello il compagno della madre e uccide la nonna. La fuga in pigiama, il bar come rifugio, il quartiere sotto choc

Lorenzo Vitali con mamma e nonna

Lorenzo Vitali con mamma e nonna

In via Giuseppe Molteni, ad Acilia sud, il sabato mattina comincia di solito con il via vai dei residenti, il caffè al bancone, i saluti di chi scende a comprare il pane. Questa volta, invece, i clienti del bar all’angolo si sono ritrovati davanti un uomo in pigiama, scalzo, coperto di sangue, che chiedeva aiuto. Era Flavio Rocca, compagno di una donna infermiera, ferito alla testa e al volto. Pochi minuti dopo, nello stesso stabile, gli agenti avrebbero trovato senza vita l’ottantenne Gabriella Armari, colpita a martellate dal nipote, Lorenzo Vitali, trent’anni. Una scena che ha segnato Acilia e l’opinione pubblica e rimesso al centro il tema della violenza domestica nascosta dietro le persiane chiuse dei palazzi di periferia.

La mattina dell’aggressione: dal martello in casa al bar come unico riparo

Secondo quanto riferito dalle forze dell’ordine, tutto è iniziato poco dopo le otto. Vitali, rientrato a Roma dalla Svizzera per alcuni giorni, ha lasciato l’albergo dove alloggiava e ha raggiunto l’appartamento di famiglia usando le sue chiavi. In casa c’erano la nonna e Rocca, che dormiva. L’infermiera, Patrizia Vannettelli, era già in ospedale per il turno del mattino al Sant’Eugenio.

La discussione con l’anziana sarebbe scoppiata subito, in salotto. Poi, in pochi istanti, la situazione sarebbe degenerata. Dai primi accertamenti emerge che il giovane avrebbe afferrato un martello presente in casa, colpendo prima il compagno della madre e poi la nonna. I colpi a Rocca, al volto e alla testa, sono stati talmente violenti da provocare l’amputazione di un orecchio e lesioni gravi a un occhio. Nonostante le ferite, l’uomo è riuscito a fuggire, è sceso in strada e ha raggiunto il bar di fronte, dove la barista e alcuni clienti hanno compreso che non si trattava di un semplice malore e hanno chiamato subito polizia e 118.

Nell’appartamento, gli agenti del commissariato di Ostia e il personale del 118 non hanno potuto fare altro che constatare il decesso della signora Armari. La casa, sigillata per i rilievi scientifici, è diventata in poche ore il centro di un’indagine affidata alla Squadra mobile di Roma.

L’arresto di Vitali: la fuga in treno e la telefonata alla polizia

Dopo la doppia aggressione, Lorenzo Vitali ha lasciato l’abitazione, si è disfatto del martello in un campo e ha cercato di allontanarsi usando i mezzi pubblici. Secondo quanto emerso, avrebbe viaggiato sulla linea Metromare e avrebbe contattato lui stesso le forze dell’ordine, in stato confusionale, mentre era in movimento. Gli investigatori hanno seguito gli spostamenti del cellulare e lo hanno raggiunto poche ore dopo in viale Giustiniano Imperatore, zona Garbatella.

Portato negli uffici della Squadra mobile, il trentenne non ha negato il gesto. Davanti agli inquirenti avrebbe spiegato di sentirsi preso di mira da anni: «Mi hanno sempre perseguitato. Ce l’hanno tutti con me. Mi deridevano. Venivo umiliato, dicevano che sono un nullafacente». Una versione che indica un rancore accumulato nel tempo, un conflitto familiare profondo che, quella mattina, sarebbe esploso nel modo più estremo.

A carico di Vitali non risultano, al momento, episodi recenti di violenza segnalati alle forze dell’ordine. L’unico precedente noto è una vecchia contestazione per detenzione di droga ad uso personale. Una vita fatta di lavori precari, studi interrotti, una figlia piccola che vive in Svizzera con la madre: elementi che delineano un profilo fragile, su cui ora si concentrano periti, magistrati e investigatori.

Le parole della madre e il nodo delle cure mancate

La madre, infermiera con anni di servizio alle spalle, è stata raggiunta dalla notizia mentre era al lavoro. Convocata dagli investigatori, ha raccontato un figlio che da tempo mostrava segnali di sofferenza psicologica, con comportamenti difficili da gestire in casa, ma senza episodi recenti che facessero pensare a un gesto così estremo. Secondo quanto riferito, negli ultimi mesi la situazione sembrava addirittura migliorata, tanto da ridurre la percezione del rischio.

I controlli effettuati dagli agenti hanno però confermato che il trentenne non era seguito da strutture sanitarie pubbliche o private. Nessuna presa in carico formale, nessun trattamento inserito nelle banche dati, nessuna terapia farmacologica tracciata. Una fotografia che fa emergere una realtà diffusa: famiglie che convivono con il disagio di un figlio adulto, affidandosi solo alle proprie forze, spesso senza riuscire a coinvolgere stabilmente i servizi territoriali.

Il quartiere, fra sgomento e domande sulla sicurezza domestica

All’esterno del palazzo di via Molteni, per ore si sono alternati curiosi, vicini, parenti, colleghi della donna uccisa e dell’infermiera, ancora increduli. Nessuno descrive quell’appartamento come una casa dove regnavano litigi continui. Si parla piuttosto di tensioni sottotraccia, di un nipote dal carattere difficile, di discussioni che restavano dietro la porta, vissute come un problema interno alla famiglia.

Nel bar che ha fatto da rifugio a Rocca, la barista e un cliente ripercorrono ogni dettaglio: l’uomo che entra trafelato, il sangue, la richiesta di aiuto, il timore che in casa ci fossero anche la bambina di tre anni e la madre, poi fortunatamente smentito. Chi vive in zona non chiede solo più controlli sul territorio, ma soprattutto più strumenti per intercettare in tempo situazioni di fragilità che si consumano in silenzio all’interno delle mura domestiche.

Il fermo di Lorenzo Vitali per omicidio e tentato omicidio non chiude la vicenda. Saranno le perizie psichiatriche, gli interrogatori, le testimonianze dei vicini e dei conoscenti a delineare il quadro completo. Resta però un dato che pesa su Acilia e su Roma: in quella casa nessuno immaginava che le incomprensioni familiari potessero trasformarsi, in pochi minuti, in un delitto consumato con un martello. Un epilogo che interroga non solo chi dovrà giudicare, ma anche chi ogni giorno prova a tenere insieme famiglie fragili senza un supporto adeguato.