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A scuola mancano i professori: nel Lazio 9.000 insegnanti di cui 6.000 a Roma

Il calendario regionale del Lazio ha previsto la riapertura delle scuole per il 15 settembre, è una delle regioni che aprono più tardi

Ragazzi a scuola sui banchi seduti di spalle che scrivono

Nella scuola italiana c’è un buco di 15.000 docenti, proprio mentre ci si lamenta che manca il lavoro. La colpa è dei soliti ritardi e di un iter di selezione complicato che favorisce il mantenimento dei 225.000 precari. Se nel prossimo futuro si ridurrà il numero degli studenti, forse potremo farcela a far quadrare le cose?

di Carlo Raspollini

Chi sa fa e chi non sa insegna” si malignava così negli anni passati, cinicamente, sulla impreparazione del corpo docente dovuta al fatto che chi si dedicava all’insegnamento lo faceva perché aveva fallito nella propria professione. Un buon architetto non ha nessun vantaggio ad andare a insegnare e così un matematico, un ingegnere. Un professionista avrà sempre maggiori possibilità di carriera e di guadagno nel settore privato che non “ridursi “a fare l’insegnante.

Nel Lazio mancano 9.000 insegnanti di cui solo a Roma 6.000

Intendiamoci bene. Insegnare è una missione della massima importanza e sempre più lo sarà nella società del domani. Il problema è della preparazione degli insegnanti e di come vengono utilizzati e remunerati nella scuola. La scarsa considerazione con cui si trattano i docenti è un dato palese. Gli stessi studenti e genitori li considerano alla stregua di poco più che falliti per aver accettato di lavorare con stipendi inadeguati e con scarse possibilità di carriera. Non può stupire quindi, ad oggi, il dato della carenza di docenti nelle scuole.

Nel Lazio mancano all’appello 9.000 insegnanti, dei quali nella sola Roma 6.000. Mancano anche 1.500 bidelli per il corrente anno scolastico 2023-2024. Il calendario regionale del Lazio ha previsto la riapertura delle scuole per il 15 settembre, essendo una delle regioni che aprono più tardi delle altre e questo senza giustificazioni di carattere meteorologico, giacché non siamo né costretti da gelate improvvise, né sottoposti a siccità per un clima torrido.  Il Piemonte apre per esempio l’11 settembre. Ma a noi non è dato sapere il perché delle differenze.

Venerdì scorso – spiega Cristina Costarelli, preside del liceo Newton e presidente dell’Associazione nazionale dei presidi del Lazio – abbiamo ricevuto una nuova richiesta dall’ufficio scolastico per sapere di quanti docenti abbiamo bisogno. Spero che non si vada troppo in là con i giorni”. Il Newton è tra le scuole che giocherà di anticipo, riaprendo il 13 settembre: “Possiamo farlo perché mancano 6 docenti su 90, due dei quali sul sostegno, quindi posso avviare le lezioni ma ci sono scuole in enorme difficoltà con 20 docenti in meno. Soprattutto sul sostegno”.

Perché si è arrivati a tutto questo? Non era prevedibile?

La responsabilità sembra sia dovuta ai complicati iter di assunzione dei docenti. Il buco sarebbe di 15.000 docenti. Il Ministero dell’Istruzione ha avviato nel mese di luglio i procedimenti per l’assunzione dei nuovi docenti a tempo indeterminato e determinato. Le così dette “Fase 1 e “Fase 2” però non hanno soddisfatto la richiesta e a fronte di più di 50mila posti disponibili, soltanto 36mila sono i professori collocati.

Ma non si poteva iniziare prima? Bisognava aspettare luglio? Tanto per chiedere.

Il meccanismo di assunzione è un dedalo di leggi e regolamenti che dovrebbero assicurare la correttezza delle scelte e invece provoca lentezze, ritardi e disfunzionalità. La qualità dei nostri insegnanti per esempio, come la si valuta? Con queste selezioni? Perché quando andiamo a verificare, troviamo una classe insegnante inadeguata, non aggiornata, insoddisfatta, non motivata? Spesso l’unico desiderio di chi insegna, pur facendolo con passione, è scappare, cambiare mestiere o cambiare proprio Paese.

L’iter di assunzione si basa su graduatorie, provinciali, di merito, ad esaurimento

La prima graduatoria è chiamata Gps (graduatoria provinciale per le supplenze). Istituita nel 2020, la graduatoria assegna le supplenze su base provinciale e gli insegnanti possono essere “pescati” dall’elenco dal 30 giugno al 31 agosto. Alle Gps sono subordinate le GaE, (graduatorie ad esaurimento). Istituite nel 2006, sono le graduatorie dove sono iscritti i docenti precari (senza ruolo). Dal 2016, agli iscritti in GaE sono autorizzate assunzioni nel limite del 50 per cento dei posti conferibili. L’altro 50 per cento di assunzione deve invece provenire dalle Gm, graduatorie di merito, cioè l’elenco dei docenti che ha vinto il concorso ordinario. 

Per l’anno scolastico in corso 2023/2024 la prima fase di assunzioni di docenti ha visto ripartirsi gli aspiranti insegnanti di ruolo nelle due graduatorie: una metà in Gm (per aver vinto il concorso) e un’altra metà in GaE (come docente precario), al quale è subordinato l’elenco Gps (provinciale). Alla fine però, tutta questa geniale composizione, non ha comunque coperto la domanda di insegnanti. Dovevano essere assunti 50.807 docenti. Ne sono stati collocati solo 36.324, lasciando vacanti 14.483 posti. Per cui i docenti andranno recuperati in altri modi. Come?

Mancano insegnanti di italiano, storia e geografia, matematica, informatica

Ce n’eravamo accorti dagli interventi sui social network e in tv che l’Italiano, la Storia e la Geografia sono carenti nella preparazione dei nostri studenti. Deve essere un problema che dura da qualche decennio, questa ripetuta assenza di insegnanti formati nelle tre materie basiche. Quando si legge che l’Italiano è diventata la quarta lingua più studiata (non più parlata attenzione) nel mondo, viene subito in mente che, visto il successo, bisognerebbe insegnarla anche in Italia.

Mancano anche ben 800 docenti di matematica e fisica e quasi 800 ingegneri e informatici per insegnare elettronica, informatica e meccanica e oltre mille docenti di laboratorio alle scuole superiori. Il motivo di queste mancanze è da ricercarsi nel metodo di assunzione: troppo rigido e legato al territorio, capita spesso che un insegnante sia disponibile in una regione mentre ne manca uno in un’altra. Questa nostra divisione regionale diventa sempre più spesso un handicap invece di essere un vantaggio, non solo per la scuola ma anche per la sanità, l’occupazione, l’ambiente, il dissesto idrogeologico. Forse è venuto il momento di rivedere le competenze regionali e ripristinare un sano centralismo su materie di carattere e importanza nazionale.

Il metodo per poter risolvere l’impasse venne istituito dalla ministra Lucia Azzolina (Cinque Stelle) nel 2020. Si tratta della chiamata veloce”, ovvero un meccanismo che consente di collocare insegnanti in posti vacanti in tutta Italia attraverso l’uso di un algoritmo per la loro assegnazione. Chi è iscritto o nella graduatoria Gm o nella graduatoria GaE può scegliere di essere assunto in un’altra provincia o in un’altra regione semplicemente richiedendolo.

La chiamata veloce è il secondo metodo che il ministero ha attivato per trovare i 14mila insegnanti mancanti all’appello. L’inconveniente, in questo caso, è dover accettare un lavoro molto lontano da casa, addossandosi il problema di una casa da affittare e di una vita da soli, lontano dai propri affetti. In molti casi potrebbe non essere un vantaggio. La chiamata veloce di quest’anno s’è chiusa il 31 luglio.

Pensionamenti e nuovi concorsi per assunzioni a tempo indeterminato

Sembra che in questo mese scatteranno anche i pensionamenti per circa 81mila docenti. Per 51mila insegnanti si cercheranno precari da assumere attraverso i metodi illustrati sopra. Sono invece 30mila i posti che verranno assegnati con un nuovo concorso ordinario, ma nel frattempo verranno impiegati dei supplenti. Viene da chiedersi, ma perché non si cerca di sopperire alle carenze con personale a tempo indeterminato, invece di continuare con la storia dei supplenti? E di questi 81.000 pensionamenti, non ci potrebbe essere qualche insegnante che accettasse di rinviare, per poter usufruire di personale comunque più qualificato di quello nuovo?

In Italia i precari dell’insegnamento sono 225mila. È grazie a loro che funziona la scuola. Siamo un Paese fondato sul precariato. Tutto è provvisorio, a tempo determinato. Potrebbe anche essere un sistema ottimo se venisse compensato in maniera adeguata, permettendo alla persona di passare agevolmente da un settore a un altro, trovando sempre l’occupazione. Se potessi svolgere la professione di architetto e insegnare solo quando viene a mancare la proposta di lavoro, non sarebbe un male. Ma il problema è che non c’è lavoro per l’architetto e non c’è neanche la sicurezza di poter insegnare con continuità.

Scuola: caccia al supplente

Sarà caccia al supplente per i presidi d’Italia, che si contenderanno i posti di lavoro con i vincitori dei concorsi. Questi ultimi vorrebbero accaparrarsi loro la totalità dei posti vaganti ma bisogna mantenere il sistema in equilibrio, tra precariato e docenti di ruolo. Il problema ovviamente è la qualifica dei vari supplenti. Non tutti possono insegnare tutto. Bisogna verificare quali sono le materie per cui le scuole necessitano di coprire le esigenze. Il Ministero ha fatto i conti dei posti che potranno essere attribuiti per carenza di candidati inseriti nelle liste provinciali ad esaurimento (Gae) o nelle graduatorie dei concorsi (Gm) per cui restano ai supplenti oltre 30.000 cattedre vacanti per assenza dei docenti titolari. La corsa dei presidi è per trovare quei supplenti, fra i 225.000, in grado di insegnare quelle discipline necessarie a ogni singola scuola.