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Edilizia, riforma e sanatoria per gli abusi storici: come cambiano regole e tutele

Riforma dell’edilizia e sanatoria per gli abusi storici ante 1967: cosa prevede il nuovo Codice delle costruzioni, chi ci guadagna e chi teme un condono mascherato

Muratore, edilizia, pexels, mikael, blomkvist

Muratore, edilizia, pexels, mikael, blomkvist

Il governo si prepara a riscrivere le regole dell’edilizia con una legge delega che promette un nuovo Codice delle costruzioni, tempi più rapidi per i permessi e una sanatoria mirata per gli abusi “storici”, cioè quelli realizzati prima del 1° settembre 1967. Sul tavolo del Consiglio dei ministri del 4 dicembre arriva infatti la riforma del Testo unico edilizia (Dpr 380/2001), con l’obiettivo dichiarato di ridurre il contenzioso, dare più certezza a proprietari e tecnici e chiudere una volta per tutte il capitolo delle piccole irregolarità che bloccano compravendite e mutui da decenni.

Riforma dell’edilizia: che cos’è il nuovo Codice delle costruzioni

Il Testo unico dell’edilizia oggi in vigore è stato scritto prima della riforma del Titolo V della Costituzione, che ha ampliato il ruolo delle Regioni in molte materie. Ne è nato un sistema ibrido, nel quale Stato e Regioni condividono competenze e spesso adottano regole diverse, con effetti diretti sulla vita dei cittadini: un progetto regolare in una città può risultare contestato in un’altra, non per differenze tecniche ma per interpretazioni discordanti.

La legge delega punta a fissare in modo più netto che cosa spetta in via esclusiva allo Stato e che cosa può essere disciplinato dalle Regioni, individuando un “nocciolo duro” di criteri nazionali su definizione degli abusi edilizi, parametri minimi di abitabilità, titoli abilitativi. L’idea è che alcune grandezze – altezza dei locali, requisiti minimi per i sottotetti, nozione uniforme di difformità lieve o grave – non possano cambiare a seconda del territorio, proprio per ridurre il rischio che una stessa opera venga giudicata in modo opposto da uffici diversi.

Secondo le anticipazioni, il nuovo Codice dovrà inoltre coordinarsi con le norme in materia di rigenerazione urbana oggi in discussione in Parlamento, in modo da evitare sovrapposizioni fra piani di recupero dei quartieri, incentivi fiscali e disciplina dei titoli edilizi.

Abusi storici ante 1967: che cosa cambia con la sanatoria mirata

Il capitolo più sensibile è quello dedicato agli abusi “storici”, cioè le difformità presenti su immobili realizzati prima del 1° settembre 1967, data di entrata in vigore della cosiddetta Legge Ponte (n. 765/1967). Fino a quella soglia, l’obbligo di licenza edilizia non era esteso in modo uniforme su tutto il territorio nazionale: vigeva la legge urbanistica del 1942 e molti fabbricati rurali o periferici venivano costruiti senza un titolo oggi considerato indispensabile.

Questa zona grigia ha prodotto nel tempo un numero enorme di piccoli abusi: verande chiuse senza permesso, scale interne aggiunte, balconi ampliati, cubature lievemente fuori norma. Interventi che spesso non minacciano la stabilità degli edifici, ma rendono complicate le vendite, la concessione di mutui o i passaggi ereditari, perché la piena conformità urbanistica non è dimostrabile con la documentazione disponibile.

La delega chiede al governo di ampliare i casi in cui non è più necessario il rispetto della cosiddetta “doppia conformità”: oggi, per ottenere una sanatoria, l’opera deve essere compatibile sia con le regole attuali sia con quelle vigenti al momento in cui è stata realizzata. Un requisito spesso impossibile da verificare per lavori eseguiti molti decenni fa, magari in assenza di un vero piano regolatore. Con il nuovo impianto, per gli immobili realizzati prima del 1967 si punta a privilegiare il principio di non retroattività, evitando di considerare come illegale ciò che all’epoca non era definito come abuso.

Dal decreto “Salva Casa” al nuovo Codice

La riforma arriva dopo il decreto “Salva Casa” del 2024, convertito nel 2024 in legge e già intervenuto su tolleranze costruttive, cambio di destinazione d’uso e criteri per dimostrare lo stato legittimo degli immobili. Quel provvedimento ha reso meno rigidi alcuni parametri di superfici, altezze e distanze e ha introdotto prime forme di semplificazione per la regolarizzazione delle difformità meno gravi.
Il nuovo Codice delle costruzioni, nelle intenzioni del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti guidato da Matteo Salvini, vuole rappresentare il passo successivo: non più interventi puntuali ma un riordino organico di definizioni, procedimenti e titoli edilizi.

L’obiettivo dichiarato è consegnare “un corpo normativo moderno ed efficiente”, capace di ridurre i tempi e rendere più leggibili le regole tanto per i cittadini quanto per gli uffici tecnici. Rispetto al decreto “Salva Casa”, la delega interviene in modo più marcato sugli abusi storici e sulla tempistica delle decisioni amministrative, introducendo meccanismi automatici nel caso in cui gli uffici non rispettino i termini previsti.

Silenzio-assenso e commissario ad acta: tempi certi per le sanatorie

Un altro tassello decisivo riguarda il rafforzamento del silenzio-assenso. Già oggi questo principio opera in alcuni procedimenti: se l’amministrazione non si pronuncia entro un termine prestabilito, l’istanza del privato si considera accolta. Con il nuovo Codice i termini diventeranno realmente perentori, e la mancata risposta degli uffici potrà determinare in modo automatico l’accoglimento della richiesta di sanatoria, quando le condizioni di legge risultano rispettate.

Per i casi più complessi, come gli immobili sottoposti a vincoli storico-artistici o paesaggistici, è prevista la figura di un commissario ad acta, nominato proprio per evitare che i conflitti fra enti blocchino le pratiche per mesi o anni. Se un soprintendente, un ufficio regionale o un Comune non si esprimono entro i tempi stabiliti, il commissario potrà sostituirsi agli organi inerti e chiudere il procedimento. L’intento dichiarato è impedire che il rimpallo fra competenze diverse si traduca in paralisi amministrativa.

Avvocati e tecnici sottolineano però che il ricorso massiccio a meccanismi automatici richiede un quadro di regole molto preciso: altrimenti il rischio è spostare il contenzioso sul momento in cui scatta il silenzio-assenso, con ricorsi mirati a dimostrare che le condizioni per l’accoglimento non erano presenti.

Nuova classificazione degli interventi edilizi e titoli abilitativi

Nel disegno del governo, la riforma non si limita alle sanatorie. Il Codice dovrebbe superare l’attuale distinzione fra manutenzione straordinaria, restauro, risanamento conservativo e ristrutturazione edilizia, giudicata da molti operatori troppo rigida e spesso fonte di incertezze. Gli interventi verrebbero classificati secondo criteri di rilevanza, natura e impatto sul territorio, con una corrispondenza chiara fra tipologia di opera e titolo abilitativo necessario.

Per ogni categoria verrebbe associata, su base nazionale, la procedura corretta: comunicazione per lavori minori, Cila, Scia o permesso di costruire per interventi più incisivi. L’obiettivo è evitare situazioni come quelle registrate in alcune grandi città, dove differenze interpretative hanno portato al blocco di cantieri e alla sospensione di vendite su immobili prenotati “sulla carta”, con famiglie che avevano versato consistenti anticipi senza poter entrare nelle nuove abitazioni.

La delega prevede anche la digitalizzazione generalizzata dei procedimenti: modulistica uniforme, invio telematico delle pratiche, tracciamento dello stato di avanzamento per permettere a cittadini e professionisti di seguire l’iter senza doversi affidare solo al contatto diretto con l’ufficio.

Gli effetti attesi per famiglie, imprese e professionisti

Per i proprietari di immobili, la sanatoria degli abusi storici potrebbe tradursi in maggiore serenità nelle transazioni. Un fabbricato rurale con piccole modifiche interne mai formalizzate, una casa costruita negli anni Sessanta con documentazione incompleta, un sottotetto abitato da decenni ma non pienamente in regola con le norme attuali potrebbero ricevere un riconoscimento definitivo, a condizione di rispettare i requisiti fissati dai decreti attuativi.

Per le banche, un quadro più chiaro sullo stato legittimo degli immobili ridurrebbe il rischio connesso alle ipoteche, mentre le imprese di costruzione chiedono regole uniformi per programmare gli investimenti e stimare con precisione tempi e costi dei cantieri. I professionisti tecnici – ingegneri, architetti, geometri – guardano con interesse alla semplificazione ma sollecitano, al tempo stesso, indicazioni nette su controlli e responsabilità in caso di dichiarazioni non corrette.

Le critiche: il timore di un condono mascherato

Non mancano le voci contrarie. Una parte dell’opposizione parla apertamente di “condono mascherato”, temendo che la sanatoria per gli abusi storici finisca per lanciare un messaggio indulgente verso chi ha costruito o modificato senza titolo. Associazioni ambientaliste e urbanisti invitano a distinguere fra le piccole irregolarità formali e gli interventi che hanno inciso sull’assetto del territorio, chiedendo che questi ultimi restino soggetti a controlli rigorosi e, se necessario, a demolizione.

Alcuni costituzionalisti richiamano l’attenzione sulla necessità di rispettare l’equilibrio fra poteri dello Stato e autonomie regionali: se il Codice dovesse restringere troppo gli spazi di intervento delle Regioni, il rischio sarebbero nuovi contenziosi davanti alla Corte costituzionale, con conseguente incertezza sui tempi di attuazione. Altri osservatori ricordano che ogni sanatoria, per essere accettata dall’opinione pubblica, deve apparire strettamente limitata e accompagnata da un rafforzamento dei controlli per il futuro.

Sicurezza degli edifici e tutela del patrimonio: i paletti annunciati

Un punto rilevante delle indicazioni di delega riguarda il collegamento fra regolarizzazione e sicurezza. Per gli abusi storici, soprattutto in zone sismiche o su immobili che ospitano molte persone, la sanatoria potrà essere concessa solo se il proprietario esegue gli interventi necessari per mettere in sicurezza la struttura e adeguarla alle norme tecniche inderogabili. In questo modo si intende evitare che il bisogno di chiudere contenziosi pluridecennali vada a discapito della tutela dell’incolumità dei cittadini.

Lo stesso vale per gli edifici sottoposti a vincoli storico-artistici: anche qui la regolarizzazione dovrà fare i conti con l’esigenza di proteggere un patrimonio che ha valore collettivo. Il commissario ad acta potrà sbloccare pratiche ferme da anni, ma non potrà ignorare pareri tecnici e limiti derivanti dalle norme sulla tutela del paesaggio e dei beni culturali.

Prossime tappe: dodici mesi per i decreti e un cantiere aperto

La legge delega, se approvata dal Parlamento, concederà al governo dodici mesi per scrivere i decreti legislativi che daranno vita al nuovo Codice delle costruzioni. In quella fase si giocherà la partita più concreta: definizione puntuale degli abusi sanabili, misura delle sanzioni economiche, set di documenti necessari, modalità di verifica dei requisiti di sicurezza e dei vincoli urbanistici.

Per cittadini e professionisti questo significa che, nella migliore delle ipotesi, il nuovo quadro sarà operativo solo dopo un anno e che fino ad allora continueranno a valere le norme attuali, compreso il decreto “Salva Casa”. La discussione che si apre ora, fra governo, Regioni, ordini professionali e associazioni di categoria, servirà a misurare quanto la riforma riuscirà davvero a coniugare semplificazione, tutela del territorio e certezza del diritto, o se prevarranno i timori di un ennesimo intervento emergenziale destinato a riaprire il dibattito fra qualche anno.