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Perizia su Paolo Mendico: il caso riaccende l’attenzione sul bullismo anche a Roma

La perizia conferma l’asfissia per Paolo Mendico. Indagini su studenti e adulti. Il caso riporta al centro il problema del bullismo anche a Roma

Paolo Mendico, suicidio Latina

La conferma arrivata dalla perizia medico-legale sulla morte di Paolo Mendico, lo studente di 14 anni trovato senza vita nella sua stanza lo scorso settembre, riporta in primo piano un tema che riguarda da vicino anche la capitale: il bullismo come fenomeno diffuso, spesso sottovalutato, che continua a lasciare segni profondi nella vita di molti adolescenti. Il caso del ragazzo di Santi Cosma e Damiano, seguito dalla Procura di Cassino e dalla Procura dei Minori di Roma, offre una fotografia dolorosa che apre uno sguardo più ampio su ciò che accade dentro le scuole, comprese quelle romane.

La perizia sul caso Mendico e gli sviluppi investigativi

La relazione medico-legale parla di morte per asfissia, confermando la dinamica ricostruita dagli inquirenti: Paolo si sarebbe tolto la vita utilizzando una corda all’interno della sua stanza. Una scelta maturata dopo mesi segnati da episodi vessatori, ora al centro dell’indagine guidata dal procuratore di Cassino, Carlo Fucci, che valuta le ipotesi di istigazione o aiuto al suicidio. Indagati quattro studenti del suo istituto, mentre altre posizioni sono al vaglio della Procura dei Minori di Roma, che sta approfondendo anche episodi precedenti all’ultimo anno scolastico.

Nel frattempo prosegue anche l’analisi sul comportamento di alcuni adulti che facevano parte dell’ambiente frequentato dal ragazzo. Le testimonianze raccolte dai carabinieri di Formia delineano un percorso di sofferenza che sarebbe durato anni, a partire dalle scuole medie fino all’Istituto tecnico “Pacinotti”, frequentato fino allo scorso giugno.

Le responsabilità scolastiche e l’ispezione del Ministero

Il Ministero dell’Istruzione ha chiuso l’ispezione avviata dopo la morte di Paolo. I verbali sono stati acquisiti dai carabinieri e dall’Ufficio scolastico regionale, che procede con un’istruttoria autonoma. Quattro docenti sono stati raggiunti da una comunicazione preliminare di avvio della procedura disciplinare e ora dovranno presentare le rispettive memorie difensive. Il nodo resta quello della gestione dei segnali che, secondo la famiglia, erano presenti da tempo.

L’Istituto “Pacinotti” sostiene di non aver ricevuto richieste formali di aiuto, né dal ragazzo né dai genitori. Tuttavia, gli investigatori hanno accertato che Paolo aveva parlato con lo psicologo scolastico, pur senza riferire episodi vessatori. Una discrepanza che ora viene valutata attentamente per capire se il giovane avesse difficoltà a esprimersi o se il contesto non fosse percepito come uno spazio del tutto sicuro.

Il bullismo oltre Latina: cosa accade nelle scuole romane

Il caso Mendico riaccende il dibattito sul bullismo anche a Roma, dove nelle ultime stagioni non sono mancati episodi segnalati da famiglie, dirigenti e associazioni. Dalle aggressioni filmate davanti ai licei fino agli insulti ripetuti nei corridoi, passando per gruppi WhatsApp che diventano luoghi di umiliazione quotidiana: elementi diversi che compongono un fenomeno complesso, spesso difficile da intercettare con tempestività.

Gli ultimi dati elaborati dall’Ufficio scolastico del Lazio mostrano che molte scuole romane attivano sportelli psicologici e iniziative dedicate, ma si registra ancora una forte distanza tra i disagi vissuti dagli studenti e ciò che gli adulti riescono a identificare. Molti ragazzi, spiegano gli psicologi, faticano a parlare con insegnanti o genitori, temendo ripercussioni o giudizi. In altri casi, gli episodi vengono minimizzati dai coetanei, creando un clima in cui è complicato chiedere aiuto.

Le reazioni delle famiglie romane e il ruolo della scuola

La notizia della perizia su Paolo Mendico ha generato numerose reazioni anche a Roma, dove diversi genitori hanno rilanciato l’urgenza di programmi più solidi di ascolto e prevenzione. Alcuni istituti hanno avviato nuove attività di sensibilizzazione, coinvolgendo psicologi, esperti di dinamiche giovanili e associazioni attive sul territorio. La richiesta che emerge è chiara: non bastano interventi formali, occorre una presenza costante, capace di intercettare i primi segnali di isolamento o disagio.

Il caso di Paolo evidenzia come la scuola possa diventare un punto di osservazione fondamentale. Al tempo stesso, mette in luce la necessità di un coordinamento reale tra insegnanti, dirigenti, famiglie e figure professionali incaricate del supporto. Gli inquirenti stanno infatti cercando di capire se episodi significativi siano stati comunicati o interpretati in modo parziale.

Un punto di svolta per il Lazio?

La vicenda di Paolo Mendico non riguarda soltanto il territorio in cui viveva il ragazzo, ma l’intero sistema scolastico regionale. Il Lazio, e Roma in particolare, contano una popolazione studentesca vasta e articolata, dove fenomeni come il bullismo si manifestano con forme sempre nuove, non solo fisiche ma anche digitali.

Il lavoro delle Procure, la reazione delle famiglie, le decisioni dell’Ufficio scolastico regionale e i segnali che emergono dalle scuole romane delineano uno scenario che richiede interventi strutturali, non episodici. La speranza è che questa vicenda, dolorosa e ancora tutta da definire sul piano investigativo, possa rendere più forte l’impegno a proteggere gli adolescenti, affinché nessun segnale venga ignorato e nessun ragazzo resti solo davanti a un dolore che non sa come raccontare.