Vati-gate, quali possibili soluzioni all’affaire della (Santa) Sede impedita?
Se Benedetto XVI non si è dimesso è ancora il Papa regnante, e serve un Concilio o un sinodo che lo certifichi: altrimenti la linea successoria, d’ora in poi, sarà antipapale
La vexata quaestio che potremmo ribattezzare Vati-gate è, senza dubbio, anche una magna quaestio – anzi, probabilmente è la Magna Quaestio per eccellenza. Perché, se Benedetto XVI non si è realmente dimesso come da vulgata ottennale, è ancora lui il Pontefice regnante, con tutte le conseguenze del caso. Un caso certamente di non facile risoluzione, anche se per fortuna la Storia può accorrere in nostro aiuto.
L’origine del Vati-gate
Il Papa è uno solo (non esistono due Papi, né un Papato “allargato”). Dal 1983 l’ufficio papale si considera composto di due enti: il munus (il titolo divino di Sua Santità) e il ministerium (l’esercizio pratico del potere). Secondo il Canone 332 §2 del Codice di Diritto Canonico vaticano, un Pontefice intenzionato a dimettersi deve rinunciare al munus. Tuttavia, nella celeberrima Declaratio del febbraio 2013 Papa Ratzinger ha affermato di abbandonare il ministerium.
Sono queste, in estrema sintesi, le argomentazioni all’origine del Vati-gate. Argomentazioni accolte, paradossalmente, anche da canonisti “bergogliani” quali Monsignor Giuseppe Sciacca e la professoressa Geraldina Boni. Argomentazioni che, come hanno dimostrato autorevoli giuristi, rendono la Declaratio stessa giuridicamente invalida, se la si interpreta come attestazione di rinuncia. Laddove tutti i pezzi dell’intricato puzzle tornano a combaciare se si considera il documento come certificazione di (Santa) Sede impedita, come prevede il Canone 412.
Rebus sic stantibus, è come se tutti gli eventi che hanno riguardato la Chiesa Cattolica dopo il 28 febbraio 2013 semplicemente non fossero mai avvenuti. E abbiamo già descritto quali conseguenze comporterebbe un simile scenario. Scenario che però, mutatis mutandis, si è già verificato in passato, il che può fornire un indizio per provare a sbrogliare la matassa.
Una falsa soluzione
C’è chi sostiene che, anche nella prospettiva appena illustrata, l’ordine potrebbe sempre essere ristabilito dall’eventuale successore di Jorge Mario Bergoglio. Il quale, del resto, malgrado le smentite continua ad alimentare le voci su una sua imminente uscita di scena. Come ha fatto in Sicilia, dove, invitato a visitare Ragusa nel 2025, ha risposto che ci penserà Giovanni XXIV.
In ogni caso, si tratterebbe di una falsa soluzione perché, se il legittimo Papa è Joseph Ratzinger, l’intera linea di successione di Francesco sarà antipapale. Magari sarebbe auspicabile un pronunciamento dello stesso Papa Benedetto, che potrebbe anche ratificare un’abdicazione valida. Tuttavia, proprio perché è in condizione di sede impedita – e, dunque, impossibilitato a comunicare con i fedeli, se non in modo allusivo -, neppure quest’opzione sembra praticabile. Senza contare che dovrebbe essere seguita da un nuovo Conclave che, per essere regolare, dovrebbe annoverare solamente i Cardinali nominati prima del 2013. O, per dirla con la curiosa perifrasi della Declaratio, «coloro a cui compete» l’elezione del nuovo Successore dell’Apostolo Pietro.
Come si può sbrogliare la matassa del Vati-gate
Come detto, però, non è la prima volta che un simile affaire si verifica, e mai come ora bisogna guardare all’historia in quanto magistra vitae. Il professor Antonio Sànchez Sàez, ordinario di Diritto presso l’Università di Siviglia, ha ricordato che nel Medioevo «la soluzione è stata talvolta promossa da re e imperatori». In altre circostanze «è giunta attraverso un Concilio ecumenico, come quello di Costanza, che chiuse lo scisma d’Occidente. A volte sono bastati sinodi, come quelli di Reims e di Piacenza, che riaffermarono il vero Papa, Innocenzo II, contro l’antipapa Anacleto II». Senza dimenticare il ruolo di figure come San Bernardo di Chiaravalle, che nel 1138 depose l’antipapa Vittore IV, successore di Anacleto II, nuovamente di favore di Innocenzo II.
Oggi, sfortunatamente, ci troviamo un po’ a corto di sovrani e Santi di tale levatura, ma un nuovo Concilio o un nuovo sinodo è certamente possibile. Anzi, bisogna proprio augurarselo. Perché altrimenti la Chiesa potrebbe sopravvivere solamente tornando nelle catacombe, come agli inizi del Cristianesimo. Raccogliendosi attorno a un «piccolo resto» come quello evocato da San Paolo, il «piccolo gregge» di cui profetizzò, nel lontano 1969, un giovane e brillante teologo bavarese. Il suo nome? Joseph Ratzinger.