Torvajanica, attentato contro Sigfrido Ranucci: auto distrutta da una bomba, paura per la figlia
L’ordigno contro Sigfrido Ranucci, secondo i primi rilievi, conteneva almeno un chilo di esplosivo e poteva uccidere

Sigfrido Ranucci a Report
Un ordigno esplosivo è stato piazzato sotto l’auto di Sigfrido Ranucci, giornalista e conduttore di Report, ed è esploso nella tarda serata di ieri a Campo Ascolano, frazione vicino a Torvajanica, tra Pomezia e Roma. L’attentato non ha causato feriti, ma ha distrutto due auto e danneggiato la palazzina dove vive il cronista. La Procura di Roma ha aperto un’inchiesta immediata, mentre cresce la preoccupazione per la sicurezza dei giornalisti sotto minaccia.
La deflagrazione contro Ranucci a pochi chilometri da Roma
L’attacco è avvenuto intorno alle 22 in una zona residenziale di Campo Ascolano, a sud della Capitale. L’ordigno, secondo i primi rilievi, conteneva almeno un chilo di esplosivo. La deflagrazione è stata talmente potente da ridurre in cenere l’auto di Ranucci e da coinvolgere anche la seconda vettura di famiglia, utilizzata dalla figlia, parcheggiata poco prima nei pressi.
L’esplosione ha provocato anche danni all’esterno della palazzina in cui vive il giornalista, senza però coinvolgere gli abitanti. I vigili del fuoco hanno lavorato per ore per spegnere le fiamme e mettere in sicurezza l’area, mentre carabinieri, Digos e polizia scientifica hanno avviato i rilievi.
Le parole di Ranucci: “Potevano ammazzare mia figlia”
Ranucci, sconvolto ma lucido, ha raccontato quanto accaduto al Corriere della Sera nelle prime ore successive all’attentato. «Mia figlia è passata davanti alla mia auto pochi minuti prima dell’esplosione. Potevano ammazzarla», ha dichiarato.
Il conduttore di Report non esclude che l’attacco possa essere legato ai temi delle nuove inchieste annunciate dalla trasmissione. «Non credo alle coincidenze», ha aggiunto, sottolineando come la tempistica dell’attentato sia troppo ravvicinata alla presentazione dei prossimi servizi investigativi.
Le indagini della Procura di Roma
La Procura capitolina ha subito aperto un fascicolo, affidando le indagini a carabinieri e Digos. Il Prefetto è stato informato nella notte e la zona è stata presidiata a lungo dalle forze dell’ordine. Gli investigatori stanno analizzando le tracce lasciate dall’esplosivo e visionando le telecamere di sorveglianza installate nel quartiere, con l’obiettivo di ricostruire i movimenti sospetti nelle ore precedenti l’attacco.
La pista principale è quella di un attentato intimidatorio legato all’attività professionale del cronista, ma gli inquirenti non escludono, per ora, altre ipotesi.
La reazione del mondo politico e giornalistico
La notizia ha scosso non solo il mondo dell’informazione, ma anche quello istituzionale. Numerosi esponenti politici, dal governo all’opposizione, hanno espresso solidarietà a Ranucci, definendo l’attacco «un fatto gravissimo» e «un pericolo diretto alla libertà di stampa».
Anche l’Ordine dei Giornalisti del Lazio e la Federazione Nazionale della Stampa Italiana hanno diffuso una nota congiunta in cui chiedono protezione per i cronisti che si occupano di inchieste delicate e piena chiarezza sull’attentato. «Colpire un giornalista – si legge – significa colpire il diritto dei cittadini a essere informati».
Un segnale inquietante per la Capitale
L’attentato di Campo Ascolano accende i riflettori su Roma e dintorni, territori che non sono nuovi a episodi di criminalità organizzata e intimidazioni. L’uso di un ordigno esplosivo rappresenta un salto di qualità preoccupante, capace di mettere in allarme l’intera comunità.
Per la Capitale e la sua area metropolitana, l’attacco a Ranucci è un monito: chi indaga su affari e poteri scomodi rischia ancora molto. E proprio per questo, dicono le associazioni di categoria, la protezione dei giornalisti non può essere considerata una questione privata, ma una responsabilità collettiva che riguarda la democrazia stessa.