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Attentato a Sigfrido Ranucci: la deflagrazione è stata così forte da far tremare le villette di Campo Ascolano

Attentato a Sigfrido Ranucci: auto distrutta da una bomba carta a Campo Ascolano. Indaga la DDA di Roma, cresce la preoccupazione per la libertà di stampa

Sigfrido Ranucci

Sigfrido Ranucci, foto di Franco Ferrajuolo

La deflagrazione è stata così forte da far tremare le villette di Campo Ascolano, sul litorale sud della Capitale, e da farsi sentire a chilometri di distanza. Alle 22.17 di mercoledì sera una bomba carta di alto potenziale ha devastato l’auto di Sigfrido Ranucci, giornalista d’inchiesta e conduttore di Report su Rai 3. L’attentato, che non ha provocato feriti per puro caso, rappresenta l’ennesimo episodio inquietante contro chi fa informazione scomoda.

Attentato a Ranucci: la dinamica e il pedinamento partito da Roma

Gli investigatori ritengono che l’azione sia stata pianificata con cura. Gli attentatori avrebbero seguito Ranucci da Roma fino alla casa di famiglia in viale Po, a Campo Ascolano, attendendo il momento giusto per agire.

La scorta, di livello “tutela” – il più leggero tra quelli previsti – aveva lasciato il giornalista poco prima. A quel punto, i responsabili si sarebbero mossi dall’area alberata vicino alla chiesa di Sant’Agostino, un luogo da tempo conosciuto per traffici di droga e piccoli crimini. Qui avrebbero preparato l’ordigno, composto da circa un chilo di polvere pirica e innescato manualmente con una miccia.

L’esplosione e i danni: una devastazione che poteva uccidere

Il boato è stato registrato persino da un residente che in quel momento stava inviando un messaggio vocale: la forza dell’esplosione ha sollevato l’auto di Ranucci, riducendola a un rottame, e ha danneggiato anche la vettura della sorella, parcheggiata poco prima davanti al cancello.

Nonostante la potenza, gli inquirenti sono convinti che l’obiettivo non fosse colpire le persone, ma lanciare un segnale intimidatorio. Una scelta che, se confermata, rimanda agli episodi di Ostia e Acilia, dove ordigni simili sono stati utilizzati negli ultimi mesi per spaventare commercianti e rivali.

L’uomo incappucciato e la pista criminale

Un testimone ha notato un uomo incappucciato e vestito di nero allontanarsi di corsa subito prima della deflagrazione, in direzione degli alberi che costeggiano viale Po. Gli investigatori non escludono che si trattasse di uno dei membri del commando.

La pista più accreditata al momento porta alla malavita locale: la bomba carta è infatti un “marchio di fabbrica” della criminalità del litorale, usata come strumento di intimidazione. L’ipotesi di un attentato su commissione resta comunque sul tavolo, con collegamenti a interessi che potrebbero essere stati toccati dalle inchieste giornalistiche di Ranucci.

Le indagini della Direzione Distrettuale Antimafia

La Direzione Distrettuale Antimafia di Roma coordina le indagini, con l’accusa di “danneggiamento aggravato dal metodo mafioso”. Gli artificieri dell’Arma stanno analizzando i frammenti dell’ordigno per risalire al tipo di polvere pirica e alla mano che lo ha confezionato.

Contestualmente, i carabinieri hanno acquisito le immagini delle telecamere presenti lungo il tragitto percorso dall’auto della scorta, fino a quelle nei pressi dell’aeroporto militare di Pratica di Mare. Nelle stesse ore è stata rinvenuta anche una Fiat 500X rubata nella zona: un dettaglio che potrebbe rivelarsi decisivo.

Ranucci ascoltato dai magistrati: “Quattro o cinque piste”

Nella giornata successiva all’attentato, il giornalista ha trascorso ore in procura con il pm Carlo Villani e il procuratore Francesco Lo Voi, ricostruendo l’elenco delle minacce subite in passato. Secondo indiscrezioni, Ranucci avrebbe fatto riferimento a “quattro o cinque piste che portano allo stesso ambito”. L’interrogatorio, tuttavia, resta secretato.

Solidarietà e timori per la libertà di stampa

Dal mondo politico e giornalistico sono arrivate immediate attestazioni di vicinanza. La Rai ha espresso “sostegno totale” al conduttore, ricordando come Report abbia spesso acceso i riflettori su questioni scomode e delicate.

L’Ordine dei Giornalisti e la Federazione Nazionale della Stampa hanno parlato di un episodio gravissimo, che colpisce non solo una persona, ma l’intero diritto alla libertà di informazione.

Il ministro dell’Interno ha assicurato la massima attenzione investigativa, annunciando un rafforzamento delle misure di sicurezza attorno al giornalista.

Il tempismo dell’attacco: a pochi giorni dal ritorno di Report

L’attentato arriva a ridosso del 26 ottobre, data di esordio della nuova stagione di Report. Un dettaglio che rafforza la convinzione degli inquirenti che non si tratti di un gesto casuale, ma di un messaggio diretto, lanciato nel momento di maggiore visibilità per Ranucci.

Un segnale che, se da un lato mira a intimidire, dall’altro ha già prodotto l’effetto contrario: accendere i riflettori sull’importanza del giornalismo investigativo e sulla necessità di difendere chi, come Ranucci, continua a indagare su criminalità, poteri economici e intrecci oscuri.

Le intimidazioni ai giornalisti sul litorale romano

  • Federica Angeli (2013): la cronista di Repubblica ha denunciato le infiltrazioni mafiose a Ostia, finendo sotto scorta dopo le minacce ricevute dal clan Spada.
  • Attacchi redazionali (2017-2019): diverse redazioni locali, tra cui Ostia Tv, hanno subito incendi e atti vandalici come ritorsione per articoli su criminalità e abusivismo.
  • Minacce social e fisiche (2021): giornalisti che seguivano i processi contro i clan sul litorale hanno ricevuto intimidazioni verbali e sui social network.
  • Intimidazioni con bombe carta (2022-2023): a Ostia e Acilia diversi ordigni artigianali sono stati utilizzati per colpire attività commerciali e mandare messaggi di terrore.

Il caso Ranucci si inserisce dunque in un contesto già segnato da un clima ostile all’informazione libera e rappresenta l’ennesimo allarme sullo stato della sicurezza dei giornalisti in Italia.