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Roma. Tor Sapienza il giorno dopo, qualche riflessione

“Tor Sapienza non chiede privilegi, non chiede ricchezze e non pretende trattamenti di favore”

Di Tor Sapienza si è ormai detto, negli ultimi giorni, praticamente quasi tutto. Un quartiere della periferia est di Roma è adesso conosciuto nell’intera penisola dividendo le opinioni del popolo italiano sui fatti di cronaca che l’hanno visto protagonista.

Al di là dei fatti accaduti in queste ultime settimane e la ribalta conquistata dagli abitanti della zona compresa tra la via Collatina, via Prenestina e via Palmiro Togliatti è doveroso provare ad analizzare, lontano dai clamori mediatici quello che in realtà si vive in questo abitato del V Municipio. Siamo sicuri che tra un breve lasso di tempo determinabile al massimo in trenta giorni, la cronaca dei fatti di Tor Sapienza lascerà spazio, mediaticamente parlando, a qualcosa di più “attuale” e che abbia più appeal. Molte sono le vicende che dopo una breve parentesi di monopolio sui mezzi di informazione, locali e non, vengono dimenticate completamente. Sì, perché bisogna sempre cercare qualcosa di nuovo, qualcosa che catturi l’attenzione del lettore/spettatore. C’è la necessità quindi bilaterale, fruitori dei media e media stessi, di far salire alla ribalta sempre di qualcosa di nuovo, perchè le notizie riguardanti una questione un po’ datata sembrano quasi non essere più alla moda, come se si trattasse di un capo d’abbigliamento fuori stagione.

In tutto questo periodo temporale compreso tra l’esplosione di rabbia dei residenti di via Morandi, le passerelle dei politici e gli incontri televisivi tra il primo cittadino e le associazioni di quartiere secondo noi tanto si è detto ma probabilmente poco si è compreso della situazione locale.

Si è parlato molte volte di “guerra tra poveri”. Mai generalizzazione fu più umiliante per chi manifesta una situazione di degrado e abbandono. A cosa e soprattutto a chi ci si riferisce con l’aggettivo poveri? Non abitare al centro di Roma quindi e non avere un reddito alto rappresenta una colpa? E questa “colpa”, questo disagio o “non ricchezza” sembra diventi la causa del malcontento, negando al contempo che la motivazione principale della rabbia sia rappresentato dall’insicurezza, reale o percepita, da parte dei residenti. Guerra poi rappresenta un sostantivo non appropriato per definire i fatti di Tor Sapienza.

I “ribelli” sono stati spesso definiti fascisti o razzisti. Questo modo di raccontare ed etichettare chi protesta è una presa di posizione, a nostro avviso, superficiale. È riduttivo tacciare di razzismo donne con bambini, persone anziane e giovani di un quartiere solo perché manifestano per il senso di abbandono avvertito.

Ma cosa chiedono gli abitanti di quel quartiere? Pretendono una vita dignitosa che vada oltre il loro reddito, che vada oltre il semplice abitare in periferia, che vada oltre la provenienza geografica di chi è accusato di non rispettare le regole.

Secondo noi tutto quello che chiedono gli abitanti di via Morandi è il diritto di poter vivere il proprio quartiere. L’esigenza di non vedere calpestati i propri diritti e la sicurezza della propria persona. Chiedono un rispetto delle regole da parte di tutti. Pretendono che oltre ad esigere dei diritti, tutti debbano mostrare obblighi morali di natura etica verso la società. I cosiddetti doveri. Dovere, quindi, da parte di tutti di partecipare in maniera positiva, o comunque non ledere la libertà altrui, nella vita della comunità in cui si vive.

Tor Sapienza non chiede privilegi, non chiede ricchezze e non pretende trattamenti di favore. Tor Sapienza esige un luogo, uno spazio sociale dove poter costruire la propria comunità. Ma per questo c’è l’urgente bisogno che tutti gli attori interessati comprendano, con la diligenza del buon padre di famiglia, quali comportamenti bisogna tenere, nel contesto sociale di riferimento, e quali no.

Ma siamo sicuri che il coro che si potrebbe levare degli abitanti del quartiere sia quello di non voler essere strumentalizzati o usati dalle varie componenti politiche per le proprie campagne elettorali. La politica e le Istituzioni debbono garantire, a prescindere dei colori politici o dal periodo o meno di elezioni, una vita decorosa ai cittadini non facendo differenze tra abitanti del centro o delle periferie, ma soprattutto che non facendo mai differenze tra poveri e ricchi.

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