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Tajani su Telecom: “Meglio in Europa che fuori”

Marco Guidi e Antonio Tajani ai microfoni di Radio Radio per parlare di Alitalia e Telecom

Marco Guidi, de “Il Messaggero”, e Antonio Tajani, vicepresidente della Commissione europea, ai microfoni di “Un giorno speciale”, la trasmissione di “Radio Radio” condotta da Francesco Vergovich, per parlare di Alitalia e Telecom.

CASO ALITALIA – Interventi a gamba tesa, quelli di Guidi: “Per Alitalia e Telecom, bisogna seriamente iniziare a parlare di responsabilità. La trovata dei ‘patrioti’ per Alitalia fu una buffonata, e tutti sappiamo come è andata a finire”.
“L’Italia si sta sfasciando – ha continuato – In Italia gli industriali sono sempre stati abituati ad essere assistiti dai governi, ad avere una copertura di capitale in un mercato che allora tirava, ma oggi non funziona più. Gli industriali, a parte qualche rara eccezione, non hanno mai voluto osare. Mi viene in mente un articolo di trentanni fa, di un noto capitalista, che parlava di capitalismo straccione”.

Ma cosa vuol dire capitalismo straccione?
Secondo Guidi, si tratta di “una vera botta per l’Italia”.
Perché “il capitalismo straccione – ha spiegato – è sinonimo di tasse non pagate, debiti contratti, migliaia di cassaintegrati. In un qualunque altro Paese, a questo punto, sarebbe già stata avviata una discussione seria; noi, invece, continuiamo a parlare di cazzeggi, come se la nave stesse affondando e noi, indifferenti, continuassimo a ballare il valzer”.

Alitalia precipita, Ryan Air decolla. Come mai?
“Perché Alitalia è sempre stata amministrata in modo antieconomico”. Questa la risposta di Marco Guidi.
“Un mucchio di gente con Alitalia vantava privilegi assurdi e ingiustificabili; Alitalia è stata utilizzata per giochi in borsa discutibili. Quindi il punto non è capire perché ora stia precipitando, ma bisogna chiedersi come abbai fatto a resistere così a lungo. E la risposta è semplice: perché il soldi per Alitalia li abbiamo messi noi, il salvataggio ci è costato 6 miliardi di euro. E ora, paradossalmente, ci ritroviamo con i Comuni che minacciano di non poter pagare gli stipendi di ottobre perché mancano 2 miliardi di euro”.

CASO TELECOM – Per quanto riguarda Telecom, il vicepresidente Tajani, ha dichiarato che “trattandosi di un’azienda privata, Stato ed Europa possono fare ben poco. Il loro intervento non è richiesto, a meno che non ci si trovi di fronte a violazioni di norme comunitarie”.
“Il caso Telecom – ha continuato Tajani –, che ora viene acquistata in una parte maggioritaria da una compagnia privata spagnola, ricorda la vicenda degli italiani nei confronti degli spagnoli inerentemente al settore elettrico. Certo, dispiace perdere una parte di un comparto industriale, ma sono decisioni che spettano solo ai privati che si giocano la partita. E comunque, meglio in Europa che fuori dall’Europa”.
“L’Italia – ha proseguito – purtroppo è indietro rispetto ad altri Paesi. Servono serie riforme, come una riduzione dei costi dell’energia, uno snellimento dell’azione amministrativa, una riforma della giustizia. In questo Paese spesso la pubblica amministrazione è la prima nemica delle imprese, e la giustizia civile va a passi di lumaca provocando danni al PIL che vanno dall’1 al 2%”.

Ma non bisogna dimenticare, secondo Tajani, che l’ingresso in Europa e il mercato interno hanno aperto scenari diversi, con cui bisogna fare i conti. “Poi ogni Paese deve fare in modo di essere il più competitivo possibile, e l’Italia non lo è”.
“La vicenda Telecom è sintomo di una situazione di progressiva deindustrializzazione, posto che le industrie non sono solo quelle con le ciminiere. Mi riferisco, ad esempio, anche all’industria hi-tech, al digitale, su cui bisogna assolutamente investire. Noi, per esempio, usiamo molto 3G ma ancora poco 4G. L’Italia non ha fatto abbastanza per agganciarsi in tempo alla ripresa, e ora bisogna correre ai ripari, e molto in fretta”.

Non è d’accordo Marco Guidi, che sottolinea che “la Telecom è solo tecnicamente un’azienda privata”.
“Questa società, infatti, non possiede solo i software, ma anche l’hardware, ovvero i cavi e il sistema di trasmissione italiano. Uno Stato che sia degno di questo nome, non può rimanere indifferente, perché in gioco c’è la cessione di una parte, e nemmeno così piccola, di sovranità nazionale. Certo, non deve essere un problema di Bruxelles, ma il governo italiano, i vari Letta e Alfano, avrebbero dovuto fare di più, o comunque dovrebbero impegnarsi sul serio”.
“Ma mi rendo conto – ha concluso – che a molti oggi queste due parole, ‘sovranità’ e ‘nazionale’, non piacciono. A me invece piace molto dire ‘nazione’, ‘patria’“.

In questo momento, proprio Antonio Tajani sta discutendo in Commissione due rapporti sulla competitività degli Stati: l’uno riguarda l’Europa in generale; l’altro analizza i singoli Paesi.
L’Italia si trova nel terzo gruppo. Nel primo, ci sono gli Stati ad alta competitività, come la Germania; nel secondo, gli Stati con un livello di competitività sopra la media, come il Belgio o la Spagna; nel terzo, gli Stati a competitività medio-bassa, come l’Italia. Fanalino di cosa, gli Stati affatto competitivi.

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