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Saman Abbas e nozze forzate: in Italia ancora tante le ragazzine cedute per denaro

Nozze forzate e compravendita di esseri umani: cosa dicono le convenzioni sulla libertà matrimoniale

Saman Abbas

Saman Abbas

Il delitto Saman Abbas e la costrizione o induzione al matrimonio.

L’omicidio di Saman Abbas: una questione aperta per altre ragazze e bimbe

La vicenda dell’uccisione di Saman Abbas, che attualmente ha individuato cinque indagati per la sua morte e un’ordinanza di custodia in carcere per i medesimi, ci porta a soffermarci sul reato di “costrizione o induzione al matrimonio”, previsto dall’art. 558 bis del codice penale e introdotto dalla l. n. 69/2019, meglio conosciuta come “Codice Rosso”.

In Italia sono circa duemila le ragazzine che, pur crescendo nel nostro Paese, sono oggetto di veri e propri contratti matrimoniali. Le famiglie spesso cedono queste ragazzine in cambio di denaro.

Tale dato, è il risultato di una ricerca elaborata dal Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza. Esso risale all’anno 2007, e ancora oggi non sono stati studiati progetti specifici per ostacolare i matrimoni forzati.

L’associazione Trama di Terre di Imola, che si occupa di questa materia, ha potuto verificare come in Italia si concludano accordi e matrimoni.

Questi infatti, vengono poi perfezionati nei Paesi di origine della ragazza (Pakistan, India, Bangladesh, Albania o Turchia), in quanto vietati dal nostro ordinamento. Salvo il caso in cui il minore abbia compiuto i sedici anni e sia autorizzato dal tribunale per i minorenni a contrarre matrimonio per gravi motivi.

Una questione che riguarda anche i ragazzi di sesso maschile

Ricordiamo che le spose bambine, provenienti in maggioranza dalle comunità musulmane, sono considerate maggiorenni, secondo i loro ordinamenti, già a nove anni.

Non dobbiamo inoltre trascurare il fatto che i matrimoni forzati riguardano non solo le femmine, ma anche i maschi. Spesso le famiglie organizzano matrimoni tra ragazzini e donne adulte, intenzionate soprattutto a ottenere documenti e permessi di soggiorno senza dover attendere troppo.

Secondo la nuova disposizione prevista dall’art. 558 bis del codice penale, chi, con violenza o minaccia, costringe una persona a contrarre matrimonio o unione civile è punito con la reclusione da uno a cinque anni.

La medesima pena viene applicata anche a chi, approfittando delle condizioni di vulnerabilità o di inferiorità psichica o di necessità di una persona, la induce a contrarre matrimonio o unione civile. In tal modo abusa delle relazioni familiari, domestiche, lavorative o dell’autorità derivante dal suo affidamento per ragioni di cura, istruzione o educazione, vigilanza o custodia.

Viene previsto un aumento di pena, nel caso in cui i fatti vengano commessi a danno di un minore di anni diciotto.

La pena, inoltre, è da due a sette anni di reclusione, se i fatti vengono commessi a danno di un minore di anni quattordici.

La norma prevede che il reato si configuri, anche nel caso in cui il fatto venga commesso all’estero da un cittadino italiano o da uno straniero residente in Italia ovvero in danno di un cittadino italiano o di uno straniero residente in Italia.

Si ricorda, infine, che sono numerosi i provvedimenti adottati a livello europeo, volti ad ostacolare il fenomeno dei matrimoni precoci e forzati, evidenziando l’importanza della lotta contro un crimine per troppo tempo ignorato e trascurato.

Cosa dicono le convenzioni e il Diritto sulla libertà matrimoniale

Si ricordano, a tal proposito, i seguenti e più significativi atti: la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948, che, pur non facendo un diretto riferimento al fenomeno dei matrimoni forzati e precoci, riconosce il diritto al matrimonio e tutela la libertà di contrarre tale vincolo.

La Convenzione al matrimonio, l’età minima per il matrimonio e la registrazione dei matrimoni del 1962, che vieta i matrimoni forzati e obbliga gli Stati parte della Convenzione a fissare un limite di età per potersi sposare.

Ma anche la Convenzione aggiuntiva delle Nazioni Unite sulla punizione della schiavitù, della tratta degli schiavi e delle pratiche analoghe alla schiavitù del 1956, che definisce il fenomeno dei matrimoni forzati una nuova forma di schiavitù; la Convenzione sui diritti del fanciullo del 1989 (ratificata con L. 176/1991), che prende in esame la problematica dei matrimoni precoci e forzati, considerati espressione di una evidente violazione;

E ancora la Risoluzione dell’assemblea Generale dell’ONU sui matrimoni precoci e forzati del 18 dicembre 2014, la quale invita gli Stati ad assicurare che vengano celebrati matrimoni solo con il consenso libero e pieno di entrambe le parti.

Infine la Risoluzione del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite (2 luglio 2015). Essa tende a rafforzare l’impegno per prevenire ed eliminare i matrimoni precoci e forzati, considerati una grave violazione di diritti umani.

Enrico Sirotti Gaudenzi

Avvocato Cassazionista

Autore, assieme a J. Morrone e C. Paolini, de “Il Codice Rosso. L. 19 luglio 2019 n. 69”,

Revelino Editore, 2019, Bologna.

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