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Roma nel ricordo di Gabriele Sandri

Da Prati a Balduina, da Vigna Clara a Ponte Milvio, ecco i manifesti: ‘Roma ti piange ancora’

Sono trascorsi già sette anni dall'omicidio di Gabriele Sandri. Sette anni d'attese processuali, ma anche di iniziative dedicate alla memoria di Gabriele, per gli amici “Gabbo”. Inziative come quella di ieri notte, perchè Roma non ha mai deposto il lutto per quei fatti. Così, nelle zone di Prati, Balduina, piazza Giuochi, Vigna Clara, corso Francia, Farnesina e Ponte Milvio sono apparsi centinaia di manifesti raffiguranti il giovane, il cui viso sorridente si stacca dallo sfondo nero. “Roma ti piange ancora”, è il messaggio che recano. C'è anche uno striscione, “Chi vive nel cuore di chi resta non muore mai, Gabriele con noi”, si legge.
 
Era l'11 novembre 2007 quando il dj 26enne, tifoso della Lazio, veniva freddato sulla A1, nei pressi dell'area di servizio di Badia al Pino Est, dove oggi sorge una stele e non mancano mai omaggi di fiori freschi e sciarpe di tutte le tifoserie. Ad esplodere il colpo mortale fu la pistola d'ordinanza dall'agente della Polstrada Luigi Spaccarotella, la cui sentenza di condanna a 9 anni e 4 mesi di reclusione viene confermata nel 2012 dalla Suprema Corte. Fu omicidio volontario, “l’esplosione di un colpo di pistola a quella distanza dall’obiettivo, pur costituito dalla parte inferiore del veicolo in movimento, non poteva oggettivamente garantire anche al più esperto tiratore la precisione del bersaglio in relazione al tipo di arma corta (pistola) utilizzata e alle altre peculiarità del caso (presenza della rete metallica e movimento del veicolo)”, si legge nelle motivazioni della sentenza. Il poliziotto è stato dichiarato “ragionevolmente” consapevole del reato ascritto.
 
In “11 novembre 2007”, libro del 2008, scritto a quattro mani da Cristiano, il fratello di Sandri, e il giornalista Martucci, viene meticolosamente ricostruita la dinamica di quegli accadimenti. “La si potrebbe definire una sequenza tragicomica. In ventiquattro ore si sono verificate una serie di reazioni a catena, che veramente avrebbero potuto far pensare a un film: dalla comunicazione sbagliata alle reazioni violente della sera, con gli assalti alle caserme. Anche per questo il titolo che all’inizio avevo pensato era “Il giorno più buio della Repubblica” perché malgrado ci siano state nella nostra storia pagine nere, tutto quello che ha scatenato gli eventi rende questa vicenda in un unicum, con una sua tipicità: qui non ci sono stati motivi ideologici, steccati e posizioni contrastanti. Qui tutto quello che è accaduto è un non senso. E in più, si è alimentata una situazione caotica allo scopo di non far capire e per confondere”, ha osservato Martucci.

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