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Roma, ma che fine ha fatto il buon cappuccino di una volta?

Una bevanda mattutina spesso influenza le prime ore della giornata: il cappuccino è un rito

Approfittando di una mattinata senza rigorosi vincoli orari da rispettare e con il buon umore che una giornata di piacevole sole ci trasmette, decido di andare a consumare una buona colazione seduto tranquillamente in un bar. Non ho voglia di prepararmi il solito cappuccino fai da te con la mia macchinetta per cialde. In pantaloni corti e infradito mi dirigo con passo lento e assonnato verso la piazza del mio quartiere dove è presente una concentrazione di bar da far invidia solo alla densità abitativa di Hong Kong.

In soccorso alla mia indecisione arriva una visione simile a quelle che hanno coloro che attraversando il deserto si trovano di fronte ad un’oasi: un nuovo bar. Conoscendo tutti gli altri esercizi commerciali che somministrano colazioni, più o meno buone, decido di provare anche le qualità del nuovo arrivato. Ordinato al bancone il solito cappuccino e cornetto semplice mi accomodo nei tavolini esterni coperti da un grande ombrellone.

Dopo pochi minuti arrivo ciò che ho richiesto. Il cornetto è buono e lo mangio con gusto. Ora però arriva la prova del nove riguardo al cappuccino. Ho sempre pensato che un buon barista debba saper preparare un buon cappuccino per il semplice fatto che questa bevanda mattutina spesso influenza le prime ore della giornata. Osservando la tazza che ospita la parte liquida della mia colazione, decido di documentarmi a riguardo sul mio smartphone, in realtà poco smart e molto phone.

Ebbene, scopro che il cappuccino, bevanda di origine italiana, è composto da caffè espresso e latte montato a schiuma. Dovrebbe essere costituito nella misura di 125 ml di latte e 25 ml di caffè. Le varianti sono il cappuccino chiaro o scuro e spesso si accompagna con una spolverata di cacao. A prescindere dalle note tecniche, dalle giuste dosi, dalle varianti e dalla storia, io desidero solamente un buon cappuccino. Questa aspettativa purtroppo nella quasi totalità dei casi viene disattesa. È ormai difficile se non impossibile trovare un buon cappuccino. E per buono intendo che non abbia sapore di caffè bruciato, che non sia privo di schiuma o al contrario non abbia tutta schiuma per buona pace della proporzione 125 a 25.

Un buon cappuccino è diventato raro, più raro di un animale in via di estinzione. Ma almeno quegli animali sono protetti. Il cappuccino è allo sbando, e non per sua colpa. Una eccellenza che dovrebbe essere priorità del barista italiano è diventato un punto debole. Una caratteristica che dovrebbe contraddistinguere le nostre colazioni è diventata per noi italiani quasi una roulette russa. La colazione, veloce o meno, è ormai quasi un castigo o una via crucis che dobbiamo sopportare a causa della non conoscenza riguardo al prodotto che gli italiani amano.

Tutti saranno concordi nel riconoscere che all’aumentare del costo – siamo arrivati nel migliore dei casi ad un euro – diminuisce la qualità. Se diminuisce questa imprescindibile componente, la qualità, non possiamo lamentarci se poi altri paesi ci surclassano in campi dove prima eravamo leader. La parola d’ordine dovrebbe essere per i baristi una sola: Formazione Formazione e Formazione anche, e soprattutto, per le cose più semplici, per quelle cose che danno piacere per il solo fatto di rappresentare un rito. Tornando al mio cappuccino in attesa di essere consumato, con tutte queste riflessioni nella testa inizio a berlo.

Con un sorriso amaro sulla bocca, dovuto in parte al cattivo gusto e in parte all’amarezza nel trovare l’ennesimo cappuccino non buono, mi sono alzato e sono andato a prepararne uno con la mia macchina a cialde…

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