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Roma Film Fest: l’amore scongela l’anima, l’alcool esalta e il nazionalismo algerino

Tre film raccontati direttamente dal Roma Film Fest: Ammonite, Druk e De Nos Frères Blessés, scelti per voi

Roma Film Fest

Roma Film Fest

La 6ª giornata del Roma Film Fest, raccontato per voi.

Selezione Ufficiale

AMMONITE

film, GB 2020, durata 117’. Regia: Francis Lee. Con Kate Winslet, Saoirse Ronan

Selezione Ufficiale

DRUK

film, Danimarca 2020, durata 116’. Regia: Thomas Vinterberg. Con Mads Mikkelsen

Selezione Ufficiale

DE NOS FRÈRES BLESSÉS

film, Francia, Belgio, Algeria 2020, durata 105’. Regia: Hélier Cisterne. Con Vicky Krieps, Vincent Lacoste

Ammonite al Roma Film Fest

Preceduto da una grancassa mediatica che metteva l’accento sulle interpretazioni (soprattutto quella di Kate Winslet), e quindi fra i più attesi, ecco l’inglese Ammonite, che mette in scena un episodio della vita della paleontologa Mary Anning. Reduce da un importante passato di scoperte e studi, nel 1840 Mary si è ritirata in una cittadina dell’aspra costa meridionale dell’Inghilterra, ad accudire la madre e vendere, per sostentarsi, reperti di poco valore ai turisti. Ma l’arrivo della giovane Charlotte inserirà un cuneo nella solida barriera di isolamento che si è creata.

La storia ti prende, la rigida ambientazione è una cornice che si riverbera sui caratteri, le due interpreti sono effettivamente intense (e non solo nella forte scena erotica regalata ai feticisti). Eppure vorremmo la Mary di Kate Winslet meno coriacea, monolitica, scostante; o almeno vorremmo vedere sciogliersi quella crosta col dipanarsi della storia, occhieggiare ogni tanto fra quei musi lunghi una qualche vibrazione emotiva, una traccia di empatia. Non sappiamo se sia una scelta registica o l’interpretazione che lei sa/vuole dare al personaggio; sta di fatto che ci viene di solidarizzare con l’altra, l’apparentemente fragile Charlotte, a cui la Saoirse Ronan reduce dal successo di Lady Bird e di Piccole Donne dona invece una duttilità che ci piace.

Drunk, un altro giro

Ed attendevamo Druk (“Un altro giro”), ed attendevamo Thomas Vinterberg (ricordate “Dogma”, il film Festen?) ed attendevamo Mads Mikkelsen; solo quest’ultima attesa ci è parsa ben riposta: per la sua presenza fisica, per l’aderenza al ruolo.

Il film avrebbe premesse che incuriosiscono: quattro demotivati professori di una scuola superiore di Copenhagen si imbattono in una teoria, secondo la quale si nasce con un deficit alcolico nel sangue; ovvero, se ne assumiamo uno 0,05% al giorno colmiamo il deficit e raggiungiamo un livello di performances, di serenità e di presenza a noi stessi che ritenevamo fuori portata. I quattro decidono di sperimentare “scientificamente” la cosa, cominciando ad assumere la quota prescritta; e poiché i primi risultati sembrano confermare la teoria, decidono di elevare progressivamente la dose. Ma qui le cose cominciano a confondersi.

Non male, diremmo. Peccato che quello che accade dopo non dà alcuna risposta all’ipotesi iniziale: non la conferma nè la nega; anzi, accadono cose che dànno un colpo al cerchio e uno alla botte, lasciando almeno noi spettatori a chiederci: e dunque? Ora, Vinterberg non confeziona raccontini: è un regista al vetriolo che fa film a tesi, finalizzati a smascherare vizi e vezzi nascosti della società; se alla fine del suo film ci chiediamo, come Simona Marchini in un noto tormentone, “Ch’avrà voluto dì”, qualcosa non funziona.

De Nos Frères Blessés, un bel film per una brutta pagina della Storia

Ci è piaciuto invece De Nos Frères Blessés, che ci riporta a un fatto accaduto nel 1956 ad Algeri, nei durissimi giorni che furono raccontati da Gillo Pontecorvo nel suo famoso La battaglia di Algeri. La città è sotto il tallone implacabile della Francia, che vuole mantenerla come sua colonia (fu una brutta pagina della storia; il film ci ricorda che sotto François Mitterrand, allora Ministro del’Interno, furono giustiziati 45 nazionalisti algerini). Fernand, operaio franco-algerino sostenitore della causa, piazza una bomba dimostrativa in maniera che non faccia vittime; ma è scoperto e arrestato. Il film procede con continui salti temporali, alternando gli sviluppi della rivolta con i flashback parigini dell’incontro fra Fernand ed Hélène, che lo segue ad Algeri venendo fatalmente coinvolta nella vicenda, anche perché vista dall’opinione pubblica come moglie di un “traditore” e di un “terrorista”.

Ben girato, serrato ma con squarci di allegria e tenerezza, splendidamente interpretato da un’attrice che vi segnaliamo: Vicky Krieps, scoperta ne Il filo nascosto di Paul Thomas Anderson e confermatasi nella bella serie franco-tedesca Das Boot che potrete recuperare su Sky Atlantic.

Immagine di Archivio in copertina

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