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Renzo Arbore racconta una vita irripetibile: ricordi, incontri e passaggi che hanno segnato la cultura italiana

L’infanzia di guerra, l’amicizia con Dalla, il debutto in Rai, la nascita di programmi cult e gli amori: Renzo Arbore ripercorre una vita fuori dall’ordinario

Renzo Arbore

Renzo Arbore

La lunga intervista del Corriere della Sera a Renzo Arbore offre un viaggio vivido in una storia personale che coincide spesso con quella del Paese. Dall’infanzia negli anni del regime ai primi contatti con la musica americana, fino ai programmi che hanno cambiato la radio e la tv italiana, Arbore attraversa ricordi e figure che hanno lasciato un segno duraturo. Il suo racconto, ricco di aneddoti sorprendenti e confermati da fonti note, permette di comprendere meglio come sia nato uno dei talenti più originali dello spettacolo nazionale.

L’infanzia di Renzo Arbore e il peso della storia

Il primo ricordo di Arbore riguarda un’Italia che viveva ancora sotto il fascismo. Da bambino assisteva alle visite di Mussolini a Riccione, circondato da applausi che lui non poteva comprendere ma che segneranno per sempre il suo modo di osservare il mondo. Nella memoria riaffiora perfino un episodio grottesco, quello del costume perso in mare dal Duce. Con un misto di ironia e lucidità, Arbore ricorda la guerra non attraverso date o fatti bellici, bensì attraverso sensazioni precise: l’odore delle micce usate per illuminare le case, la fame combattuta con pane e zucchero, l’olio che mancava perfino nelle cucine più fortunate.

Palazzo Arbore, a Foggia, diventò rifugio durante i bombardamenti, luogo di preghiere dette quasi per coprire il rombo degli aerei. Il bambino Renzo, incaricato dal padre di intrattenere chi si nascondeva l, cantava melodie popolari imparate dalla balia friulana. Quei momenti, insieme alla paura, contribuirono a coltivare il suo talento naturale per lo spettacolo e l’ironia.

Gli americani a Foggia e la nascita di un grande amore musicale

Lo sguardo del piccolo Arbore si accese quando vide passare le ultime truppe tedesche da una vecchia inferriata e, poco dopo, ascoltò la musica che arrivava dalle prime jeep americane. Un mondo nuovo, pieno di suoni inediti, si stava avvicinando. Il ritorno a Foggia coincise con un cambiamento inatteso: Palazzo Arbore era stato sequestrato dal vescovo, mentre di fronte si faceva festa in un circolo ricreativo americano. Lì si esibivano nomi come Benny Goodman e Stan Getz, e al tempo stesso, dietro quell’edificio, i lavoratori cantavano antichi brani napoletani. Due universi musicali diversi che confluiranno poi nel suo stile, capace di fondere jazz e tradizione partenopea.

Gli anni della formazione e le prime scoperte di Renzo Arbore

La goliardia, vissuta come spirito leggero e intelligente, fu centrale nella sua crescita. A Bologna ottenne perfino un simbolico titolo goliardico consegnato da Umberto Eco. Anni segnati da incontri memorabili: da un giovanissimo Lucio Dalla, figlio della “modista di Bologna”, fino all’eccentrico Humbert, l’artista del corso principale di Foggia, inventore dell’“acqua tiepida”. Tutti tasselli che alimentarono un senso dell’umorismo fine e mai volgare.

Napoli, l’università e il mondo americano

A Napoli Arbore studiò giurisprudenza, con la consapevolezza che il suo vero interesse era la musica. Si esibiva all’USO, il circolo militare americano, suonando per ufficiali e soldati. Fra clarinetto e contrabbasso finto, viveva momenti che considerava quasi una permanenza negli Stati Uniti. Con il suo amico Gerardo si atteggiava a “finto americano”, con i capelli a crew cut e abiti ispirati a quello stile. Fu proprio quell’atteggiamento a ispirare Carosone per “Tu vuo’ fa’ l’americano”.

L’arrivo a Roma e il debutto in Rai

Dopo la laurea si presentò alla sede Rai grazie a una segnalazione arrivata da una conoscente di famiglia. Non sapeva bene quale strada prendere finché una portiera elegante lo indirizzò verso il concorso da maestro programmatore di musica leggera. Insieme a lui, a quell’esame, c’era Gianni Boncompagni. Arbore arrivò primo. La sera del suo arrivo a Roma incontrò anche Gabriella Ferri, con cui ebbe una relazione e una profonda intesa artistica.

L’amicizia con Boncompagni, fatta di idee geniali, battute e imprevisti, portò alla scoperta di Lucio Battisti. Arbore intuì che quel giovane autore dall’aria timida doveva cantare le sue canzoni. Vide in lui una voce autentica, capace di dare un’anima diversa a brani come “Acqua azzurra, acqua chiara”, che lui stesso spinse per la pubblicazione.

Gli anni dei grandi programmi e dei personaggi indimenticabili

Il successo di “Per voi giovani” fu imponente, ma Arbore venne sostituito per ragioni politiche. La sua risposta arrivò con “Alto gradimento”, creato insieme a Boncompagni e costruito comicamente su un titolo volutamente paradossale. La trasmissione lanciò figure come Mario Marenco e Giorgio Bracardi, talenti capaci di reinventare la comicità radiofonica.

In seguito, “L’Altra domenica” aprì nuovi spazi alla satira e permise il debutto televisivo di Roberto Benigni, che Arbore volle dopo averlo visto improvvisare un intervento irresistibile. Poi vennero “Quelli della notte”, nato dopo un colloquio con Minoli, e “Indietro tutta!”, fenomeni culturali che ancora oggi rappresentano un punto di riferimento per chi studia l’intrattenimento italiano.

Gli affetti, gli amori e gli incontri inattesi

Accanto alla carriera scorrono storie personali forti: la lunga relazione con Mariangela Melato, iniziata quasi per caso durante una festa; l’amore importante con Mara Venier; il rapporto fraterno con tanti protagonisti del mondo dello spettacolo. Non mancano episodi sorprendenti, come il saluto ricevuto da Bettino Craxi prima della partenza definitiva, o l’incontro inaspettato con Adriana Faranda, che confessò di aver tentato di telefonare alla sua trasmissione negli anni della clandestinità.

Il bilancio di una vita vissuta con intensità

Dopo un percorso segnato da musica, televisione e migliaia di concerti con l’Orchestra Italiana, Arbore ammette un unico rammarico: non aver avuto figli. Ma al tempo stesso riconosce che senza una vita familiare tradizionale, ha potuto dedicarsi completamente alle sue creazioni. Oggi si sente accompagnato dal nipote e dalla consapevolezza che il suo cammino artistico, ricco di invenzioni e intuizioni, ha lasciato un’impronta profonda nella cultura italiana.