Paolo Crepet: “La Roma che ho vissuto non esiste più, ma può tornare a parlare alle sue periferie”
Paolo Crepet racconta la Roma che ha conosciuto: Nicolini, le Estati Romane, Trastevere di ieri, la città che cambia e quella che vorrebbe ritrovare
Paolo Crepet
Quando Paolo Crepet ricorda il suo arrivo a Roma, l’immagine che restituisce è quella di una città vibrante, ancora capace di sorprendere. Non c’erano smartphone né eventi costruiti con il marketing, ma entusiasmo diffuso, tavolate improvvisate, quartieri popolari che si mescolavano con il centro senza barriere. Il suo racconto, nell’intervista pubblicata dal Corriere della Sera, parte da molto lontano, dal 1979, quando il medico torinese venne chiamato da Franco Basaglia. E continua attraversando la Roma di Petroselli e di Nicolini, fino agli anni che hanno trasformato Trastevere in un quartiere irriconoscibile. È un ricordo lucido, affettuoso ma mai nostalgico, quello di Crepet: un modo per dire che quella città non è perduta, basta volerla.
Il primo passo verso Roma: una chiamata che cambiò la vita
L’inizio della storia sembra quasi un romanzo. Torino, Padova, Urbino. Poi, all’improvviso, Roma. «È stato Basaglia a volermi qui», racconta Crepet. Lo psichiatra che ha scardinato i manicomi e cambiato l’Italia sanitaria aveva scelto la Capitale per coordinare i servizi psichiatrici della Regione Lazio, e voleva con sé qualcuno di giovane, pronto a muoversi con coraggio dentro un mondo che stava cambiando.
La connessione non nasceva dal nulla. Il padre di Crepet, medico del lavoro, aveva collaborato con Basaglia negli anni in cui quest’ultimo veniva isolato negli ambienti universitari di Padova. Lavoravano sui test attitudinali per le fabbriche, un territorio che nessuno voleva e che invece diventò un terreno fertile di sperimentazione. «Era uno spirito libero», dice Crepet, «e aveva fiducia nei ragazzi».
I due si ritrovarono a Roma. Crepet aveva un incarico in Comune, Basaglia in Regione. La collaborazione durò poco, perché il medico triestino si ammalò gravemente e morì nel giro di pochi mesi. Ma quei mesi furono abbastanza per lasciare un’impronta.
La Roma che accoglie: Petroselli, Nicolini e una città che respirava cultura
Dopo la morte di Basaglia, Crepet decise di restare. E trovò una città piena di idee. Petroselli era sindaco, Nicolini reggeva l’assessorato alla Cultura, e il loro modo di intendere la città non assomigliava a niente che si fosse visto prima. «Con Nicolini è nata un’amicizia immediata», ricorda. La voglia di fare era ovunque, e il progetto che segnarono insieme fu un omaggio proprio a Basaglia: l’“Inventario della Psichiatria”, una mostra che portò a Palazzo Braschi fotografi da ogni parte del mondo e vinse persino un premio della rivista americana Life.
A Roma, in quegli anni, poteva succedere qualunque cosa. Un film d’essai proiettato accanto al Colosseo attirava migliaia di persone. La Festa de’ Noantri era un appuntamento popolare che univa, e non un evento ridisegnato per i turisti. «C’era un desiderio genuino di stare assieme», dice Crepet. «Una romanità ironica e accogliente».
Il viaggio nel mondo: Stati Uniti, Canada e le boat people
Dopo l’esperienza romana, Crepet partì per lunghi periodi. Harvard, Toronto, un corso in Brasile. In Nord America seguì i rifugiati dell’Asia orientale che arrivavano con le imbarcazioni in condizioni durissime. Donne e bambini che avevano vissuto violenze, fame e persecuzioni. «Erano viaggi che cambiavano chiunque», ricorda. E che gli diedero strumenti nuovi per comprendere la sofferenza.
La Roma di oggi: un legame spezzato e un centro storico che ha perso la sua anima
Quando parla della Capitale di oggi, Crepet non nasconde la sua inquietudine. «Il collegamento fra il cuore della città e le periferie si è strappato», afferma. Usa parole che hanno un peso, perché descrivono qualcosa che Roma rischia di non riconoscere più. Non è soltanto una questione urbanistica. È una relazione sociale, culturale, sentimentale.
Racconta il suo quartiere, Trastevere, dove vive da quarant’anni. «Siamo rimasti in pochissimi». E chi passeggia per le strade lo capisce subito: le botteghe storiche sono quasi sparite, gli affitti espellono i residenti, le vie si riempiono di locali che resistono una stagione.
Il lavoro dello psichiatra ieri e oggi: monumenti e nuove generazioni
Negli anni in cui arrivò a Roma, Crepet lavorava accanto a figure che considera giganti: Giovanni Bollea, fondatore della neuropsichiatria infantile italiana, e Massimo Ammanniti, che istituì il primo day hospital per adolescenti con disturbi psicotici. «Erano punti di riferimento enormi», dice. Oggi ci sono professionisti molto validi, ma quella stagione resta irripetibile.
Una città che può ritrovarsi se ricuce i suoi fili
Il racconto di Crepet non è un lamento nostalgico, ma un invito. Roma può tornare a essere un luogo dove le persone si incontrano davvero, dove i quartieri si parlano, dove la cultura non è decorazione ma occasione di vita. L’importante è voler ricostruire quel filo che un tempo univa tutto. Un filo che la città conserva ancora, nascosto ma vivo.
