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La Terrazza di Alberto Genovese, la ragazza torturata e il valore disumano del denaro

Da quel pranzo tutto cambia e la giovane nomina come legali, gli avvocati dello studio che segue Alberto Genovese

Alberto Genovese

Alberto Genovese

La storia della violenza perpetrata nell’attico dell’ormai celebre imprenditore Alberto Genovese a Milano è una di quelle storie che non possono passare inosservate. Se la notizia si fosse esclusivamente focalizzata sulla vicenda accaduta nella notte dell’11 ottobre scorsa, già di per sé, poteva destare sconcerto. Ma gli sviluppi del caso e le vicende riguardanti le strategie messe in atto dalla difesa come il dietrofront della vittima, ridefiniscono l’iniziale aberrante notizia di cronaca, scuotendo l’opinione pubblica e portando il lettore su riflessioni di ordine ancor più profondo. Partiamo dall’inizio.

Le feste sulla Terrazza Paradiso

L’11 ottobre una ragazza presente ad una delle consuete feste sul famoso attico, “Terrazza paradiso”, finisce dopo una serie di drink e qualche striscia di cocaina nella camera da letto di Genovese. Le telecamere a circuito chiuso riprendono ogni istante e confermano agli investigatori ciò che la ragazza denuncerà. A distanza di 20 ore dall’arrivo nell’appartamento, dopo l’arrivo in ospedale per gravi lesioni e shock traumatico. Dai video risulta evidente che alla ragazza viene data ketamina e cocaina. Una volta stordita dal mix di droghe ed alcool viene condotta nella stanza del magnate e qui legata e abusata per diverse ore.

La pratica sessuale è estrema come testimoniano le telecamere e la ragazza è legata e non sempre cosciente. Solo la sera dopo riesce in qualche modo a districarsi dalla situazione e a fuggire in strada. E in strada una sua amica e un suo amico, avvertiti per telefono, la trovano con vestiti non suoi e con solo una scarpa. L’altra le verrà lanciata giù dal balcone dallo stesso Genovese. Scatta una denuncia e l’appartamento viene ispezionato come anche le linee telefoniche dei cellulari in possesso dell’imprenditore, nei quali si accertano oltre alle telefonate con gli avvocati, anche un fitto scambio di messaggi con l’azienda di manutenzione del sistema a circuito chiuso di videosorveglianza.

La prova schiacciante del sequestro e delle violenze

È lo stesso Genovese a chiamare il titolare e a chiedere la cancellazione dei filmati delle ultime 24 ore, cosa che sarà fatta solo da remoto e permetterà agli inquirenti di estrapolare dalla memoria interna del server la prova schiacciante del sequestro e delle violenze denunciate dalla giovane. Potrebbe bastare già tutto questo per far inorridire il lettore e farci riflettere sul degrado sociale che anche certi ambienti vivono. E invece no. Perché ciò che segue perde la veste di fatto cruento e assume la dimensione ancor più disumanizzante di natura antropologica, classico del modello di mercificazione nel quale siamo caduti.

Subito dopo la denuncia e gli accertamenti da parte della polizia la ragazza contatta l’avvocato Macrì e dopo aver delegato allo stesso il mandato, sottolinea il desiderio che il suo aguzzino possa essere condannato severamente per ciò che ha compiuto. Dalla controparte i legali di Genovese cercano da subito uno spiraglio per un eventuale patteggiamento con un risarcimento per la vittima, senza però trovare la minima possibilità di apertura da parte della ragazza. Nel frattempo la giovane appare sui social mentre tranquillamente frequenta di nuovo i locali più conosciuti di Milano e addirittura si conferma come abituale consumatrice di cocaina.

Arrivano altre denunce ai danni di Genovese

I suoi legali intervengono sulla vicenda delle foto e consigliano alla giovane un breve ricovero presso una struttura psicologica specializzata nel recupero di soggetti post-traumatizzati che confermerà la diagnosi di disturbo post traumatico, già evidenziato nel primo ricovero in ospedale.

Nel frattempo la vicenda di Genovese si complica notevolmente. Iniziano ad arrivare in procura altre denunce di ragazze abusate in circostanze simili. Ma ecco il colpo di scena. Proprio durante un popolare talk show su La7, al quale partecipavano i legali della giovane, trasmettono un filmato riguardante un pranzo in un ristorante di Milano. Seduti al tavolo, malgrado il divieto imposto dal nuovo lockdown, la ragazza e i legali di Genovese. Da qui in poi la vicenda non possiamo più trattarla solo ed esclusivamente come un resoconto di fatti e date ma diventa obbligatorio un pizzico di investimento intellettuale in più.

Un’incredibile giravolta della ragazza

Perché da quel pranzo tutto cambia. La giovane nomina come legali lo studio che segue Genovese e lo staff di Macri è costretto a rimettere la propria consulenza. Compresi tutti gli accertamenti clinici prodotti, i referti e le diagnosi. Tra le quali una in particolare di carattere psicologico che dichiarava la giovane ancora troppo immatura per i suoi 18 anni e seriamente dipendente da uno stile di vita non equilibrato.

Quale è stato il vero protagonista di quel pranzo? Lo stoccafisso di Mammola o la cotoletta alla milanese? O forse più delle pietanze il vero sapore che ha catturato la giovane si rifarebbe al profumo di un generoso compenso? Ecco lo strattone che il lettore avverte in tutta questa storia. Siamo inevitabilmente presi di sorpresa, tirati per il collo della camicia e portati dove mai avremmo voluto finire di credere. Tutto sempre gira intorno ai soldi. Tutto è acquistabile. Talmente tutto che il valore umano diviene paradossalmente disumano.

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