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La psichiatria è tabù: perché i media continuano a chiamare lo psicologo nei casi più gravi

La cronaca recente mostra come la psichiatria resti un tabu. Nei casi più gravi si interpella lo psicologo, ignorando la disciplina che cura i disturbi più seri

Mamma uccide il figlio di 9 anni

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La cronaca degli ultimi giorni ha riportato all’attenzione pubblica episodi drammatici in cui madri hanno tolto la vita ai propri figli. Ogni volta, puntualmente, il dibattito si accende, ma scivola verso un errore ormai ricorrente: si chiede un commento allo psicologo e non allo psichiatra. Una scelta che racconta quanto la psichiatria resti ancora oggi un argomento scomodo, quasi indicibile, nonostante riguardi patologie che richiedono diagnosi mediche e trattamenti specifici. La differenza non è un dettaglio tecnico, ma un elemento fondamentale per comprendere cause e possibili interventi. Ignorarla significa alimentare confusione, ritardi nell’assistenza e una percezione distorta di chi soffre di disturbi mentali severi.

Psichiatria ignorata: un tabu che emerge anche nei casi raccontati dalla cronaca

In Italia persiste una reticenza a nominare la psichiatria, come se indicare una malattia mentale grave comportasse un marchio indelebile. Così, nel racconto di episodi estremi, si finisce spesso per ricorrere al parere dello psicologo, professionista che svolge un ruolo prezioso, ma centrato su ascolto, supporto e interventi non medici. Le madri coinvolte in fatti del genere, secondo le ricostruzioni ufficiali e gli atti giudiziari, presentano spesso condizioni compatibili con disturbi severi, documentati da cartelle cliniche e pareri specialistici. Si tratta di malattie che richiedono valutazioni diagnostiche complesse e, quando indicato, l’uso di farmaci, competenze proprie della psichiatria. Eppure il dibattito pubblico continua a spostarsi su figure non mediche, contribuendo a un impoverimento dell’analisi e a un racconto impreciso.

Psichiatria ignorata: differenze professionali e responsabilità informative

Le differenze fra psicologo e psichiatra sono definite da leggi, ordini professionali e programmi di formazione. Lo psichiatra è un medico con specializzazione che può formulare diagnosi, prescrivere farmaci e trattare disturbi complessi come depressione maggiore, psicosi, disturbi bipolari o forme estreme di disagio post-partum. Lo psicologo, pur svolgendo un lavoro significativo, opera con strumenti diversi, orientati al sostegno e alla comprensione dei vissuti personali, senza possibilità di intervenire sul piano farmacologico. Presentare i due ruoli come intercambiabili, come accade spesso durante le trasmissioni televisive o nelle interviste pubblicate online, produce un cortocircuito informativo che finisce per fuorviare lettori e spettatori. Gli esperti dei vari ordini professionali ricordano da anni questa distinzione, invitando i media a maggiore precisione.

Psichiatria ignorata: le conseguenze sulla percezione del disagio mentale

La resistenza a nominare la psichiatria genera un effetto immediato: rende più difficile riconoscere la gravità dei sintomi. Quando un disturbo ha una natura medica, minimizzarlo può ritardare la cura, creando disagi profondi per chi ne è colpito e per i familiari. Nei casi più extremi, come quelli recenti, i periti forensi chiariscono spesso che le madri coinvolte presentavano segnali riconducibili a disturbi trattabili con interventi medici specifici. L’assenza di una corretta narrazione impedisce al pubblico di comprendere che molte condizioni hanno terapie efficaci e che rivolgersi al professionista giusto non è un giudizio morale, ma un atto di tutela. Anche chi lavora nei servizi territoriali sottolinea quanto sia essenziale un percorso chiaro, in cui diagnosi e trattamento procedano senza esitazioni.

Psichiatria ignorata: cosa chiedono gli specialisti ai media

Gli psichiatri che intervengono nei tribunali e nei reparti ospedalieri chiedono da tempo una comunicazione più accurata. Non si tratta di un appello corporativo, ma della richiesta di rispettare la distinzione fra discipline con funzioni e metodi differenti. Quando un quotidiano, un talk show o un servizio televisivo tratta casi di violenze familiari, infanticidi o gesti estremi, la presenza di uno psichiatra garantisce una lettura coerente con le evidenze scientifiche e con i dati clinici. Gli esperti invitano inoltre a superare l’imbarazzo nel nominare la malattia mentale grave: evitarla non protegge nessuno, anzi produce isolamento e incomprensioni. Una comunicazione corretta aiuterebbe a diffondere conoscenze affidabili e incoraggerebbe chi vive un disagio a rivolgersi ai servizi adeguati.

Psichiatria ignorata: verso una narrazione più attenta e responsabile

Il dibattito sorto dopo gli episodi recenti mostra quanto sia urgente un salto di qualità nel modo in cui il paese parla di salute mentale. Non si può continuare a usare termini generici né a interpellare professionisti non competenti per materia. Le redazioni, gli operatori dei media e chi comunica in spazi pubblici hanno la possibilità di contribuire a una cultura più consapevole, che permetta di distinguere le varie figure sanitarie e riconoscere tempestivamente i segnali d’allarme. La psichiatria non può restare in un angolo, soprattutto quando i fatti dimostrano che una diagnosi corretta può salvare vite, prevenire tragedie e offrire a molte persone un percorso di cura efficace e dignitoso. Una società informata è in grado di guardare senza timori alla malattia mentale, riconoscendo che la competenza medica è parte integrante del benessere collettivo.