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L’Europa tra passato e presente: cento anni per un classico

La ricchezza di un libro accade spesso che non stia nelle tesi esplicite che propone, ma nelle tensioni inespresse che, tuttavia, in qualche modo si liberano dal suo dettato

Accade spesso, per non dire quasi sempre, che la ricchezza di un libro non stia nelle tesi esplicite che propone, nella coerenza dell’articolazione complessiva, ma nei crepacci, nelle tensioni inespresse che, tuttavia, in qualche modo si liberano dal suo dettato. I classici della storia della filosofia non fanno eccezione, da questo punto di vista.

Ed è possibile enumerare, tra gli altri, il libro di Werner Jaeger del 1923, intitolato “Aristotele. Prime linee di una storia della sua evoluzione spirituale” (trad. it. La Nuova Italia e ristampe); il libro di Ernst Cassirer, “Vita e dottrina di Kant” (trad. it. La Nuova Italia e ristampe) del 1918; l’opera di Karl Löwith, “Da Hegel a Nietzsche. La frattura rivoluzionaria nel pensiero del secolo XIX” (trad. it. Einaudi) del 1941.

Si tratta, in tutti e tre i casi, di opere di grandi storici della filosofia e non di opere di grandi filosofi. La cosa cambia? Più di quello che potrebbe sembrare a prima vista. Le opere di esegesi critica scritte da filosofi di primo rango sono state, nel Novecento, moltissime: Croce, Heidegger, Jaspers, Bloch, Adorno, Marcuse, fino a Deleuze, Gadamer, Derrida.

La differenza, sottile ma non troppo, è che il filosofo tende ad inglobare l’autore trattato nel proprio ‘sistema’ di pensiero, mentre lo storico della filosofia prova a restituire al lettore una chiave di interpretazione storico-critica del pensatore da lui preso in esame.

Ci soffermeremo brevemente, in questa occasione, sul libro dedicato a Kant da Cassirer, che, tuttavia, era anche filosofo in proprio.
Ma se il Cassirer filosofo – quello della “Filosofia delle forme simboliche” (1923-1929) – è oggi un po’ passato in secondo piano rispetto a pensatori più forti e brillanti sul piano teoretico, Heidegger e Adorno in primis, il Cassirer storico della filosofia ci ha lasciato in eredità studi memorabili su aspetti passati del pensiero occidentale, che restano insuperabili e imprescindibili, anche quando la critica specialistica ha l’impressione di essere andata oltre.

Dai monumentali studi sul corso complessivo del pensiero filosofico e scientifico moderno, alle monografie sulla filosofia del Rinascimento e dell’Illuminismo, all’attenzione riservata alla relatività di Einstein e a Kant che fu, sempre, il centro dei suoi interessi filosofici e storico-filosofici.

“Vita e dottrina di Kant” uscì nel 1918, al termine della Prima guerra mondiale, così come “La filosofia dell’Illuminismo” uscì nel 1932, quasi che, in momenti drammatici della storia d’Europa, l’autore volesse rivendicare il progetto di razionalità insito nel cuore del Moderno, i toni soffusi, l’umanesimo, l’etica, i criteri di serietà scientifica, la sobrietà delle parole e, in generale, il valore dell’intelligenza critica. 

Il volume su Kant accompagnava un’edizione delle opere complete del filosofo, lavoro nato nel contesto della scuola neo-kantiana di Marburgo, di cui Cassirer fu il principale esponente, insieme ad Hermann Cohen. All’inizio del libro troviamo la frase, carica di significato, che l’opera non si rivolge a coloro che, con il pensiero di Kant, pensano di aver già finito.

Ed eccolo qui il senso della filosofia: l’interrogazione infinita sui capolavori del passato. In “Dopo Nietzsche”, Giorgio Colli – grande studioso di Schopenhauer e autore di una delle migliori traduzioni in italiano della “Critica della ragione pura” di Kant – dice che chi cerca la sapienza può buttare al mare tutti i libri, ma non chi cerca la filosofia. Inviti potenti, in un’epoca drammaticamente svogliata verso l’oggetto-libro, come la nostra.

Dal libro di Cassirer, pure tutto giocato sulla misura e il senso delle sfumature, Kant appare come il vero titano del pensiero moderno. Cartesio e Spinoza, Leibniz e lo stesso Hegel impallidiscono di fronte a lui. L’unico paragone possibile è con il ruolo giocato da Platone nel pensiero antico.
Ciò che il libro di Cassirer ci offre, dunque, è un’esperienza totale di quel fenomeno di eccezionale rilevanza europea e mondiale che furono il pensiero e la vita di Kant.

Per averne un’idea, niente è più adatto di un passo di una lettera a Mendelssohn, scritta da Kant nel 1766, ossia quindici anni prima dell’uscita del suo grande capolavoro, quella “Critica della ragione pura” destinata a cambiare, radicalmente e una volta per tutte, il corso del pensiero occidentale.
Scrive Kant: “Con la più radicata convinzione e a mia grande soddisfazione penso molte cose che non avrò mai il coraggio di dire, ma non dirò mai qualcosa che non penso”

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