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“Il treno degli emigranti”, omaggio in musica agli immigrati italiani, canta Silvana Di Liberto VIDEO

Un omaggio in musica agli immigrati italiani, sullo sfondo del disastro di Marcinelle

il treno degli emigranti

Silvana Di Liberto

Un omaggio in musica a tutti gli immigrati italiani, “Il treno degli emigranti”.

Era la mattina dell’8 agosto 1956. Un incendio scoppia nella miniera di carbone di Marcinelle, distretto Bois du Cazier in Belgio. Morirono tra le fiamme 262 persone, di cui 136 emigrati italiani. La tragedia è ricordata tra le stragi su lavoro più gravi nella storia.

Causa del disastro fu un incendio scoppiato a quota 975 della miniera, nel distretto carbonifero di Charleroi, i minatori morirono a causa di un banale e  prevedibile incidente. La mancata applicazione di semplici misure di protezione, la disorganizzazione che utilizzava e sfruttava, allora come oggi, la forza lavoro, determinarono l’accaduto.

Specie soggetta a emigrazione dai paesi di origine, posta sempre in competizione tra le diverse nazionalità ed etnie e con lavoratori-trici italiani. La forza lavoro, una merce umana di scambio per accordi internazionali e l’ottenimento o il mantenimento di margini di profitto di pochi, a danno di tanti e tante. Allora, erano gli  accordi tra i Governi belga e italiano, forza lavoro e braccia in cambio di quote di carbone , l’oro nero dell’epoca, per la “ripresa economica”.

Il 23 giugno 1946 fu firmato il protocollo Italo – Belga, che prevedeva l’invio di 50mila lavoratori italiani in cambio di carbone. Nel 1956 fra i 142 mila operai presenti nelle miniere del Belgio, 63mila erano stranieri di cui 44 mila emigrati italiani (oltre il 30%).

Quella non fu la prima e neanche l’ultima tragedia sul lavoro. In seguito ad uno scoppio nella fabbrica metallurgica Siepmann – Werke di Belecke in Germania avvenuto il 9 marzo 1963, perirono 20 persone, tra cui emigrati italiani di Pietrapaola, provincia di Cosenza.

Il racconto di Giampiero Avruscio

I miei genitori e i miei tre fratelli erano emigrati proprio a Belecke, attraverso un accordo bilaterale tra il governo italiano e quello tedesco, e mio padre con mio fratello maggiore Nicola era impegnato nel settore dove avvenne la tragedia.

Ma quella mattina era a casa a letto con la febbre alta, nonostante mio padre avesse insistito con lui il giorno prima che se era in condizioni di stare in piedi di andare lo stesso a lavoro. All’epoca non esisteva l’Europa come la intendiamo oggi e le condizioni ‘ambientali’ per gli emigrati italiani di tutte le regioni, non erano certo facili.

Mio padre quella mattina corse sul luogo dello scoppio e seppe per fortuna che mio fratello quel giorno era a casa, ma non fu lo stesso per quei 20 operai e per le loro famiglie.

Nicola aveva il diploma di ragioniere, all’epoca non riconosciuto in Germania e più avanti prese il diploma del liceo tedesco e si laureò in Storia all’Università di Bielefeld.

Non sono un musicista, perché il mio lavoro è quello di medico, ma ho composto una canzone: ‘Il treno degli emigranti’, perché non venga dimenticata la storia delle migliaia di persone che come la mia famiglia, hanno dovuto lasciare la propria terra, dal sud al nord dell’Italia, nella speranza di dare un futuro migliore ai propri figli.

La parte musicale è stata curata magistralmente nell’arrangiamento e nel mixaggio dall’amico ed ex compagno di liceo Carmelo Labate dello studio K di Cosenza. Le immagini video sono state ricercate da Andrea Antico con integrazioni di Silvana Di Liberto, la cui calda e appassionata voce di cantante poliglotta italo – spagnola, l’ha arricchita di emozioni.

Jack Lucchese, con le sue magiche note di trombettista Jazz, ha notevolmente dato spessore e poesia ad alcuni passaggi musicali.

La canzone è in versione italiana, in lingua cosentina e in versione francese, la cui traduzione è stata curata dalle professoresse Rosanna Fortunato e Marilina Russo di Cosenza.

Nel testo della canzone si fa riferimento letterario al poeta siciliano Ignazio Buttitta, che proprio nell’occasione della tragedia di Marcinelle scrisse: ‘Lu trenu di lu suli‘ e alla canzone di Marilena Monti, ‘L’emigrante e la valigia’.

Ancora oggi la vocazione migratoria dell’Italia continua. Al tempo dei miei genitori e dei loro genitori si lasciava la campagna per andare a lavorare in fabbrica e all’estero per miseria economica, per fame. Oggi i nostri giovani emigrano da laureati e specializzati per miseria di opportunità.

Londra ad esempio è considerata la città più a nord d’Italia per il gran numero dei cittadini italiani presenti. Questo succede per la Sanità ospedaliera, per i ricercatori, ma anche per molti altri settori. Un Paese che lascia andare via i giovani, è un Paese che non ha un futuro!”

Così scrive in una nota Giampiero Avruscio, autore della canzone “Il treno degli emigranti”.

Pubblico questo video perché si ricordi – spiega Giampiero Avruscio – conoscere i sacrifici, gli sforzi, le sofferenze vissute dai nostri padri e dai padri dei nostri padri…vuol dire avere coscienza delle nostre radici, conoscere la nostra Storia, da dove veniamo, la nostra identità…perché non succeda come in natura per gli alberi che non hanno radici, che qualsiasi colpo di vento possa abbatterli!” Il Dott. Giampiero Avruscio è Direttore del reparto di Angiologia dell’Ospedale di Padova e ideatore del ‘progetto’ “Il treno degli emigranti”.

Il treno degli emigranti (testo in italiano)

Parte il treno, se ne va lontano per arrivare fino a domani,

porta occhi e volti scavati per la vita che li ha segnati,

hanno tutti lo stesso nome, sopra il treno, il treno del sole,

portano sguardi e valige pesanti, sopra quel treno: gli emigranti.

Lasciano la casa, la piazza e gli amici, lasciano la festa del paese,

lasciano la terra dove sono nati per un pezzo di pane onesto e sudato,

per la speranza di un lavoro: nel cuore lacrime, nelle mani il sudore…

prega la mamma, la Madonna e i Santi perché li accompagnino: gli emigranti.

Sopra i binari il treno sferraglia, saluta il mare, saluta la campagna…

cambia il tempo e i colori, cambia la lingua e i sapori,

passano i mesi e passano gli anni e la vita è sempre più pesante,

e anche adesso che viene Natale, stringono i denti…e vanno avanti.

(Lettera)

Miei cari vi scrivo che io sto bene, nello scoppio che c’è stato io non c’ero, ma li conoscevo tutti quanti, quei morti nello scoppio, quegli emigranti, e a Natale più non torneranno a portare ai bambini il loro regalo, ma anche Gesù Cristo quando è nato, era dentro una capanna, come un emigrato.

Canzone composta da Giampiero Avruscio. Voce: Silvana Di Liberto. Arrangiamento musicale e mixaggio: Carmelo Labate (Studio K – Cosenza).

Tromba: Jack Lucchese. Immagini video: Andrea Antico e integrazioni di Silvana Di Liberto. Traduzione in francese: Rosanna Fortunato e Marilina Russo.

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