Il suicidio di Paolo Mendico e l’ombra delle omissioni nella relazione del ministero
Dopo la morte di Paolo Mendico, la relazione degli ispettori del MIM contesta la gestione della classe e apre un nuovo fronte su scuola e indagini
A Santi Cosma e Damiano l’11 settembre non è una data come le altre. È la notte in cui Paolo Mendico, 14 anni, ha lasciato un vuoto che non si riempie con i comunicati. Sarebbe dovuto tornare a scuola il giorno dopo, per il secondo anno nella succursale dell’istituto tecnico Pacinotti collegata al territorio. Invece, col passare dei mesi, accanto al dolore si è fatta strada una parola che pesa: omissioni.
«Paolo Mendico e il ritorno a scuola mai arrivato»: cosa dice la relazione ispettiva
La novità di queste ore, riportata da quotidiani e siti d’informazione, è la relazione degli ispettori inviati dal ministro Giuseppe Valditara. In quel documento, secondo le anticipazioni pubblicate, si contesta la versione offerta da parte del personale scolastico durante l’ispezione, evidenziando divergenze rispetto ai verbali e alle annotazioni interne: un’autodifesa che, nella lettura ispettiva, non reggerebbe davanti alle carte.
Dentro quelle pagine, sempre secondo quanto diffuso, c’è un giudizio netto sul contesto di classe: comportamenti non in linea con il regolamento, segnali che avrebbero imposto una gestione più strutturata, con attivazione di misure antibullismo. E c’è un dettaglio che racconta meglio di mille analisi: il soprannome legato ai capelli lunghi, “Nino D’Angelo”, rimasto addosso a Paolo come un’etichetta.
«Paolo Mendico e il ritorno a scuola mai arrivato»: i tre procedimenti e il nodo della responsabilità
Gli ispettori avrebbero chiesto tre provvedimenti disciplinari: per la dirigente, la vicedirigente e la responsabile della succursale. L’accusa, sul piano amministrativo, è quella di “condotte omissive”. Il cuore del problema non è solo “cosa è accaduto”, ma “cosa è stato fatto” dopo le segnalazioni e le avvisaglie: richiami generici, rimproveri, frasi sul rispetto possono restare parole se non diventano un percorso con tempi, verifiche e interventi mirati.
Il quadro normativo esiste: il Ministero ha linee di orientamento su bullismo e cyberbullismo (decreto 13 gennaio 2021), e la legge 71/2017 ha fissato un impianto di tutela e prevenzione che attribuisce alla scuola un ruolo attivo, non meramente reattivo. Non è burocrazia: è organizzazione della protezione, anche quando i segnali arrivano in modo disordinato.
«Paolo Mendico e il ritorno a scuola mai arrivato»: l’inchiesta, i minori indagati e le chat al vaglio
La parte giudiziaria procede su due binari. Da un lato c’è l’indagine della Procura di Cassino, al momento senza indagati, che sta verificando eventuali profili di responsabilità collegati al contesto scolastico. Dall’altro, la Procura per i minorenni ha iscritto quattro studenti per l’ipotesi di istigazione al suicidio. È un passaggio che richiede prudenza: l’indagine serve proprio a chiarire fatti, ruoli, nessi, senza trasformare l’emotività in sentenza.
In questo quadro rientrano le chat, che le cronache indicano come contenenti elementi inquietanti e oggi sottoposte ad analisi. Le conversazioni digitali, da sole, non raccontano tutta la storia, ma possono far emergere pressione, scherno, isolamento, oppure smentire piste. È anche per questo che gli investigatori procedono con accertamenti tecnici e riscontri, passo dopo passo.
«Paolo Mendico e il ritorno a scuola mai arrivato»: il paese, la scuola, le famiglie che chiedono ascolto
Nei mesi successivi alla morte di Paolo, Santi Cosma e Damiano si è ritrovata in strada per ricordarlo, in una fiaccolata che ha dato un volto collettivo al dolore delle famiglie e dei ragazzi. Non è un dettaglio folkloristico: è il segno che un fatto del genere non resta chiuso dietro un cancello scolastico, perché scorre dentro le relazioni quotidiane di un paese.
Ora, con la relazione ispettiva, la vicenda entra in una fase diversa. Se gli addebiti disciplinari verranno confermati o ridimensionati lo diranno le procedure. Se l’ipotesi di istigazione reggerà lo stabiliranno i magistrati. Ma il punto, per chi vive qui, è un altro: la sensazione che i segnali ci fossero e che si potesse fare di più.
