Grande ritorno, in tavola dopo 14 anni c’è di nuovo la pajata
Via libera dall’Unione Europea. La Coldiretti festeggia con una maxipajata
Per 14 anni è mancata dalle tavole degli italiani, ma ora è tornata: dopo essere stata vietata nel luglio 2001, per via delle restrizioni sanitarie adottate per far fronte all’emergenza mucca pazza (BSE, diagnosticata per la prima volta tra i bovini nel Regno Unito nel 1986), la vera pajata farà deliziare di nuovo il palato. La pajata è il termine romanesco per definire la prima parte dell’intestino tenue del vitello da latte che è stato fino a oggi sostituito nei ristoranti e nelle trattorie dall’intestino d’agnello. È l’ingrediente principale di uno dei piatti più tipici della cultura gastronomica della Capitale.
IL RITORNO DELLA PAJATA. Il ritorno della pajata è il risultato della lunga battaglia della Coldiretti culminata con successo: dopo il parere positivo dell'Organizzazione mondiale per la sanità animale (Oie), arriva anche il voto favorevole a Bruxelles dal comitato permanente vegetali, animali, derrate alimentari e mangimi dell’Unione Europea nella serata del 17 marzo per la modifica del regolamento comunitario n. 999/2001 sulle misure di prevenzione e controllo della Bse. “Un risultato importante per consumatori, ristoratori, cuochi, macellatori e allevatori che oltre ad avere rilevanza sul piano gastronomico ha anche effetti su quello economico con la valorizzazione dell’allevamento italiano in un difficile momento di crisi”, dice il presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo, sottolineando “il determinante impegno del Ministero della Salute”.
COSA CAMBIA? “Viene modificato – continuano da Coldiretti – l’elenco degli organi a rischio e consente di recuperare la colonna vertebrale ma, soprattutto, l’intero pacchetto intestinale. Una decisione che mette fine ad un doloroso divieto e apre finalmente le porte al ritorno del piatto più tipico della tradizione romana, la pajata, nella sua forma originale”.
DALL’OIE ALL’UNIONE EUROPEA. “La decisione della Commissione Europea è una giusta conseguenza del fatto che – sostiene Coldiretti – dal 2009 non si registrano casi di mucca pazza tra bovini in Italia per il rigido sistema di controlli e per le misure di sicurezza messe in atto anche con grandi sacrifici dagli allevatori. Una spinta decisiva al risultato è stata data dal giudizio positivo dell’Organizzazione mondiale per la sanità animale (Oie) che a fine maggio del 2013 nell’ambito dell’Assemblea generale ha adottato la risoluzione che aveva ufficialmente sancito per l’Italia un nuovo stato sanitario per l’encefalopatia spongiforme bovina (Bse), con il passaggio dal livello di rischio ‘controllato’ a quello ‘trascurabile’, il più basso”. Il nostro Paese, con Giappone, Israele, Olanda, Slovenia e Usa, fa parte della ristretta cerchia di 19 Paesi, sui 178 aderenti all’Oie, che – precisa la Coldiretti – “hanno raggiunto la qualifica sanitaria migliore di rischio ‘trascurabile’ per la mucca pazza”.
“Il nuovo regolamento di esecuzione dal comitato permanente vegetali, animali, derrate alimentari e mangimi dell’Unione Europea – spiega ancora la Coldiretti – passa ora al servizio giuridico della Commissione Europea per la traduzione in tutte le lingue e sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale entro 15-20 giorni”.
BSE O MORBO DELLA MUCCA PAZZA. La Bse detta anche morbo della mucca pazza è “stata diagnosticata per la prima volta tra i bovini nel Regno Unito nel 1986 dove da allora si contano 180671 casi tra i bovini contro gli appena 144 in Italia dove non ci sono state contaminazioni dal 2009”, conclude la Coldiretti.
A ROMA SI FESTEGGIA CON UNA MAXIPAJATA. La notizia ha scatenato la voglia di festeggiamenti: le donne della Coldiretti, dalle 10.30 di oggi, al Centro Congressi di Palazzo Rospigliosi di Roma, consacrano la buona notizia con una maxipajata per celebrare l’atteso ritorno.