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Expo. Milano e quella lezione che i romani non impareranno mai

“Milano ci ha dato una lezione che noi romani non impareremo mai”: la guerriglia urbana e le riflessioni del giorno dopo

Milano è il centro del mondo. Almeno in questi giorni. L’Expo fa parlare di sé, per tanti motivi. Il grande evento mondiale del 2015 ha preso il via lo scorso Primo maggio, tra contestazioni e speranze. La speranza di chi, nonostante tutto e nonostante le inchieste, si augura un successo italiano; le contestazioni di chi, invece, esprime il suo dissenso verso ciò che l’Expo, prima ancora di iniziare, ha rappresentato.

1 maggio 2015: mentre si inauguravano i padiglioni dell’Expo, in città si protestava. Erano due i blocchi dei manifestanti, da una parte i No Expo, dall’altra i cosiddetti Black Bloc che, come tradizione vuole, hanno oscurato la protesta misurata e pacifica di chi aveva qualcosa da dire, canalizzando l’attenzione mediatica su di sé, nel modo più banale che esista: distruggendo e mettendo a ferro e fuoco una città. Vetrine in frantumi, macchine in fuoco, scritte, bombe carta: la guerriglia urbana era esplosa e stava distruggendo una città intera.

2 e 3 maggio 2015: è tempo di bilanci. E di rimboccarsi le maniche. 15mila cittadini milanesi sono scesi in piazza. Hanno ripitturato i muri, hanno cancellato il degrado, hanno ricucito le ferite. Si sono presentati all’appuntamento qualche ora prima del previsto. Hanno “assaltato” – in senso buono, si intenda – i camioncini che mettevano a disposizione scope, rastrelli, vernice e pennelli. E hanno ridato dignità a una città. Milano non si piange addosso, i milanesi non si autocommiserano. I milanesi combattono. I milanesi hanno dignità.

La discesa dei Black Bloc su Milano ha ricordato, per certi versi, quella degli olandesi a Roma, nel giorno della partita di Europa League della As Roma contro il Feyenoord. In quell’occasione, un branco di ultras olandesi ha devastato piazza di Spagna, dopo aver creato disordini, la sera precedente, a Campo de’ Fiori. E le riflessioni sono inevitabili.

“La memoria potrebbe ingannarmi, ma non ricordo romani in piazza dopo la discesa dei subumani tifosi olandesi. Ricordo uno sparuto gruppo di persone, le stesse che combattono da sole ogni giorno in questa città, darsi da fare. Ricordo molti olandesi, quelli non subumani, raccogliere tanti fondi per Roma. Poi, ricordo tanti altri romani gridare e lamentarsi, rimanendo però comodi in casa. Milano ci ha dato una lezione, che noi romani non impareremo mai”, scrivevo ieri sera su Facebook. Certo, era impensabile che i romani si mettessero a riparare la Barcaccia, peraltro di recente restaurata; per quello bisogna essere degli esperti nel settore. Ma non è questo il punto. Il punto è che, al contrario dei milanesi, i romani hanno solo dimostrato di sapersi piangere addosso. Di autocommiserarsi. Di non avere dignità.

Sono stati pochi i cittadini che si sono riuniti, che hanno dimostrato amore per Roma. E sono gli stessi che poi, armati di rastrello o di telefono per le segnalazioni, dimostrano ogni giorno di avere a cuore la cura dell’Urbe Eterna. Gli altri hanno solo saputo lamentarsi, dietro una tastiera, puntando il dito contro gli altri, che non è mai colpa nostra. Certo, è vero che piazza Navona è stata distrutta da un gruppo di barbari, che non è stata colpa nostra. Ma Roma, quotidianamente, ci presenta immagini che raccontano disamore per questa città, dalle scritte sui muri ai rifiuti pesanti lasciati vicino ai cassonetti: i romani per primi infangano il loro nome e sono ben lungi dall’assumersi le proprie responsabilità.

“A me pare che dopo lo schifo che le tute nere riunite a Milano hanno fatto nella città, la città abbia risposto con migliaia di milanesi scesi in strada a ripulire, a manifestare, a cancellare quelle vergogne! Questo è magnifico ed è un segnale molto importante per tutti. È un segnale di identità , di impegno civile, di voglia di custodire la propria città e l'enorme opportunità che gli è stata data con l'Expo. Ma come è possibile che da noi questo non sia avvenuto, ad esempio dopo i fatti della barcaccia? Tutti arrabbiati ma tutti contro tutti. Ma a Milano la risposta è stata diversa e unanime! E a Roma, la coesione dov’era? La partita di calcio l'ha impedita? Il cuore della città è stato offeso ugualmente! Ma niente, non è successo niente. Cosa siamo diventati?”, è un commento apparso sul gruppo Facebook Roma Pulita!. Identità, impegno civile: ecco le parole chiave.

E se proprio vogliamo trovarci un alibi, dicendo che quella dei tifosi olandesi era un’invasione annunciata, un’invasione che si poteva bloccare, possiamo andare indietro nel tempo, ad altre manifestazioni. Roma ospita ogni giorno diverse manifestazioni. E il ricordo va a quella di San Giovanni, quella in cui “Er Pelliccia” lanciava un estintore, per capirci. Anche in quell’occasione sono state distrutte vetrine e incendiate macchine. Dove erano i romani il giorno dopo? E dove erano i romani il giorno dopo ogni manifestazione, quando ciò che rimaneva di quelle dimostrazioni erano scritte ovunque e adesivi in ogni dove? E dove saranno i romani in tutti i giorni a venire? Saranno nelle loro case, a lamentarsi. Facebook e la rivoluzione 2.0.

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