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Eutanasia negata in Spagna: donna si suicida in hotel

La paziente soffriva di una patologia cronica incurabile, di un tumore alla vescica ed era intollerante agli antidolorifici

Manifestazione per l'eutanasia in Spagna

Mentre in Italia le firme al referendum sull’eutanasia superano il milione, in Spagna, dove il suicidio assistito è legale da marzo, la scelta di porre una fine dignitosa alla propria vita sembra una battaglia ancora difficile da vincere.

Una richiesta d’aiuto senza risposta

L’opinione pubblica spagnola è scossa queste ore da una tragedia accaduta a Madrid. Riguarda il dramma della richiesta di aiuto, senza risposta, di una persona che voleva smettere di soffrire, ma che si è dovuta scontrare con obiettori di coscienza e burocrazie impossibili. Ecco come una donna ha dovuto, da sola, mettere fine alla sua vita in una stanza d’albergo, senza che lo Stato la sostenesse neppure nella scelta di avere una morte dignitosa e senza sofferenze.

Sofferenze insopportabili

La donna soffriva da 14 anni di una patologia muscoloscheletrica cronica e incurabile. Intollerante agli oppioidi, nessun farmaco riusciva a lenire i lancinanti dolori che era costretta ogni giorno a sopportare. E quando la vita le si è messa ulteriormente contro, un altro male, un tumore alla vescica, ha attaccato il suo corpo. Eppure, nonostante l’eutanasia fosse stata legalizzata nel suo Paese, la donna non è riuscita a porre diversamente fine al suo calvario; se non con il suicidio.

Il medico che avrebbe dovuto aiutarla, infatti, dopo un primo assenso ha fatto un passo indietro, dichiarandosi obiettore di coscienza. Le autorità sanitarie della città di Madrid non l’hanno aiutata in nessun modo e così, dopo aver prenotato la camera nella capitale spagnola, ha posto la parola fine, nella più totale solitudine. La notizia, che nelle ultime ore sta scuotendo l’opinione pubblica spagnola, è stata diffusa dal quotidiano nazionale El Pais.

Nessuna ulteriore valutazione delle condizioni fisiche

Un dramma che si è trasformato in una vera e propria inchiesta. Diverse, infatti, sono le incongruenze tra quanto raccontato da Fernando Marìn, consigliere dell’associazione “Right to Die with Dignity” e quanto invece è riferito dalle autorità di Madrid. La paziente aveva chiesto il 7 luglio la possibilità di poter accedere alla pratica al suo medico curante dell’ospedale Gómez Ulla di Madrid. Quest’ultimo, nonostante avesse inizialmente dato il suo consenso, dopo 48 ore cambia idea, professandosi obiettore di coscienza.

In questo caso, per legge, un altro medico avrebbe dovuto valutare le condizioni fisiche della paziente; e avrebbe dovuto stabilire se questa soddisfacesse i requisiti legali per ottenere il suicidio assistito. Stando a quanto dichiarano fonti vicine alla donna però, dalle autorità non sarebbe giunta alcuna risposta. Un portavoce della Regione, invece, dichiara che un altro medico ospedaliero avrebbe ritenuto che la paziente non rispondesse ai criteri.

La denuncia del dotto Marìn

Ma il dottor Marìn non la pensa così. E a El Pais, invece, ha comunicato non solo dell’ampio rapporto che lui stesso aveva redatto in cui spiegava che la donna soddisfacesse tutti i requisiti del regolamento sull’eutanasia. Il medico dell’associazione ha denunciato a gran voce che la richiesta di un’ulteriore valutazione non ha mai ricevuto responso: la paziente non sarebbe mai stata valutata da un secondo medico.

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