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Dumas, 150 anni dopo. Ha una scadenza la grande letteratura del passato?

Perché non celebrare questi 150 anni concedendovi il ripescaggio di una delle opere di Dumas, anche in audiolibro?

Alexander Dumas

Alexander Dumas

150 anni fa, il 5 dicembre 1870, moriva Alexandre Dumas (padre).

Dumas, tradottissimo in ogni lingua, è sempre continuamente citato. Ci affiora subito alla bocca quando vogliamo evocare certi stili e atmosfere, e naturalmente quando parliamo di romanzo storico.

Ma conosciamo davvero Dumas?

Lo abbiamo letto in età ragionevolmente adulta? Ne serbiamo solo un ricordo di letture fatte da ragazzi, in edizioni illustrate (talvolta male) e ridotte? Lo riconosciamo come un grande e sapremmo dirne il perché?

Ve lo chiedo perché noto che quelli di buone letture e gli addetti, quando nominano l’Olimpo degli scrittori davanti a cui si genuflettono, hanno reticenza ad includerlo, temono di passare per sempliciotti di bocca buona, orecchianti. La maggior parte di chi ne parla o ne scrive finisce per considerarlo parte della riserva (come se non fosse importantissima) della letteratura per ragazzi.

Ma Alexandre Dumas un grande lo è stato davvero, e per giunta un grande che si fece da sé, un autodidatta

Era di pelle scura; pochi sanno. Infatti era figlio di un generale francese, rivoluzionario e poi napoleonico, mulatto (una rarità per l’epoca) perché figlio di una schiava haitiana. E quel cognome non veniva da lontano, lo aveva adottato il generale stesso quando – ripudiati cognome e titolo del marchese suo padre – scelse, a mo’ di soprannome, “Du mas”, “che viene dalla masseria”; Du-mas, Dumas.

Il generale morì che Alexandre era molto piccolo; lui fu allevato dalla madre, e istruito quel poco che le ristrettezze imponevano. Lavorò fin da giovane; anche in cucina, cosa che ne fece un gastronomo (suo anche un dizionario di cucina giunto fino a noi) e un gran mangiatore, come si arguisce dai ritratti e dalla famosa foto di Nadar che vedete qui riprodotta. Anche grande amatore, se è per questo; le due cose vanno spesso a braccetto.

Dumas, una straordinaria esuberanza

Ma quest’esuberanza, unità a una grande curiosità, Dumas la mise anche nella scrittura: oggi le sue opere occupano 257 volumi, più 20 di memorie. Talmente tanta roba che più d’uno lo accusò (e ancor oggi lo sospetta) di essersi fatto scrivere buona parte delle pagine; pagando bene – una volta baciato dal successo – una schiera di ghost writers. Ma c’è una continuità di spirito e di stile nei suoi libri, difficile da riprodurre; molto probabilmente si servì di collaboratori (certo lo fu Auguste Maquet), per il “backoffice”, come diremmo oggi, ovvero per le ricerche d’archivio, per i piani d’opera, per le parti di raccordo; come d’altro canto fanno attualmente tutti gli sfornatori seriali di bestseller.

Senza peraltro che il suo appeal scadesse mai; cosa indispensabile al funzionamento dei feuilleton (“romanzi d’appendice” da noi), di cui fu tra gli antesignani: ogni puntata pubblicata sui giornali doveva finire sul più bello perché il lettore si vedesse costretto a comprare il numero successivo. Così furono pubblicati alcuni dei suoi romanzi più famosi: fra cui Il Conte di Montecristo e I tre moschettieri, per farvi capire.

Un grande viaggiatore, soprattutto in Italia

E girò molto, Alexandre Dumas. Visse anche tre anni in Italia, a Napoli, dove arrivò al seguito dei Mille delle cui imprese fu testimone oculare, e dove ricoprì cariche pubbliche, che gli valsero inimicizie. Nel frattempo scriveva I Borbone di Napoli, storia di una dinastia a cui era stato profondamente avverso (e si vede leggendola). Il Corricolo, gustosissimo diario di appunti partenopei carico di aneddoti, osservazioni, ricordi, colore. E La Sanfelice, storia romanzata di una delle eroine dell’effimera stagione della Repubblica Napolitana.

Tornato in Francia, al termine di una vita vissuta con intensità Alexandre Dumas si spense, semiparalizzato, a Dieppe, appunto il 5 dicembre di 150 anni fa, nel 1870. Nel 2002 le sue spoglie furono trasferite al Panthéon di Parigi dove, a consacrarne la grandezza, si unirono a quelle di Mirabeau, Voltaire, Rousseau, Hugo, Zola.

Le sue opere più famose e popolari

Non si contano i romanzi famosi che ci ha lasciato. Il Conte di Montecristo può essere considerato il “metro campione” del romanzo ottocentesco, e quindi del romanzo tout court: è una summa di tutti gli ingredienti utilizzati nel tempo nella narrazione romantica: l’amore, la giustizia, la vendetta, la meschinità, il perdono, la gratitudine, la peregrinazione. Il ciclo dei Moschettieri (I Tre Moschettieri, Vent’anni dopo, Il Visconte di Bragelonne), apoteosi della guasconeria non per niente incarnata dal guascone D’Artagnan, ma anche incentrata sulle figure archetipe dei tre suoi compagni.

E se credete di trovarvi solo complotti, duelli e inseguimenti sbagliate, perché è una prosa piena di ironia, indulge a descrizioni di un fine umorismo, anche quando gioca sulla prevedibilità di certe reazioni, sul tutto-o-niente di certi suoi personaggi.

La televisione e il cinema con Dumas

E i romanzi che non abbiamo letto ci sembra di averli conosciuti ugualmente, attraverso un numero incalcolabile di adattamenti cinematografici e serie televisive: pensate a La Regina Margot (nella sanguigna e funerea versione di Patrice Chéreau), a Il cavaliere di Maison-Rouge, rutilante serie degli anni ’60 di Claude Barma, apoteosi del filone dei nobili irredenti dalle nuove idee, che continuano a combattere la loro idealistica e perdente sfida privata; in questo affiancato da I Compagni di Jehu (in Italia I Banditi del Re) in cui non possiamo non fare il tifo per quei romantici lealisti vandeani che sulla coda della Rivoluzione Francese si oppongono agli eccessi del Terrore.

La mitologia sorta intorno a un grande scrittore si misura anche dal numero dei suoi epigoni, nonché delle opere, anche di valore, che orfane dell’iniziatore non resistono alla tentazione di immaginare situazioni che continuano a coinvolgere questo o quel personaggio, in narrazioni di fantasia che traggono lustro e richiamo dagli echi di quelle prime famose storie. Per non parlare degli apocrifi, che sotto mentite spoglie hanno raccolto e portato avanti filoni rimasti incompiuti o “aperti” nelle trame originali. Dumas ne conta un’infinità.

Perché non celebrare questo 150° anniversario concedendovi il ripescaggio di una di queste opere, anche in audiolibro (ma scegliete bene la voce)? Ne sarete ripagati, coglierete in voi qui un risolino divertito, lì il guizzo della riscoperta di sensazioni che non provavate da tanto, altrove il gusto di un modo di narrare che oggi non si usa, ma di cui in molti abbiamo bisogno.

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