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Con Marina Ripa di Meana se ne va l’ultima grande Diva

Il saluto di Romait a una donna unica, inimitabile e irripetibile

Con Marina Ripa Di Meana già Lante Della Rovere se ne va probabilmente l’ultima grande icona di un periodo che Roberto D’Agostino, non ancora Dagospia, sublimò magistralmente con l’ironico concetto di “edonismo reganiano”, difficile da spiegare a chi non ha vissuto lo stato d'animo di un Paese che usciva dal decennio buio del terrorismo con un solo desiderio: dimenticare.

Marina è stata un personaggio dai mille volti, o mille volti per un personaggio, un universo brachettiano dove nulla era mai fermo tranne la sua centralità. Il suo posto, nel teatro della vita è sempre stato quello della protagonista; sempre in primo piano, capace di rubare la scena solo con la sua presenza. Una diva.

E come ogni diva è stata amata, odiata, invidiata, disprezzata, dileggiata, corteggiata, adulata, insultata e lascio al lettore la facoltà di aggiungere altri sentimenti. La sua cifra è stata unica, non ripetibile, non imitabile: dama e popolana, sofisticata e volgare, ironica e graffiante, dolce e arrabbiata, affabile e insopportabile. L’unico aggettivo che avrebbe presumibilmente detestato è “convenzionale”; lei si sentiva una rivoluzionaria.

È stata un’ antesignana, percepì subito le potenzialità del media televisivo che, con l’avvento della tv privata ossessionata dall’audience, ampliava gli spazi a dismisura ed era sempre disponibile a chi sapesse bucare lo schermo, in persona o in parodia. La sua popolarità televisiva inizia infatti con una parodia, quella di Gianfranco D’Angelo a "Drive in”, la trasmissione all’epoca trashissima e oggi di culto che ha cambiato definitivamente la tv italiana. D’Angelo, con la sua dissacrante parodia, rese nota alle masse una persona all’epoca conosciuta solo nei rotocalchi e nel mondo dell’alta moda. E infatti nonostante la parodia fosse all’insegna dell’eccesso (tutto in Drive in era portato all’eccesso), lei piombò nello studio e disse “guai a voi se smettete”. Aveva capito tutto.

Oppure quando abbracciò la causa ecologica del marito Carlo Ripa di Meana, condannando con una naturalezza sorprendente quelle pellicce presumibilmente indossate sino al giorno prima, mostrando il petto nudo, dieci anni prima delle Femen, con la scritta “No Fur” (basta pellicce) alla Scala di Milano, fino alla celebre pubblicità in cui appariva completamente nuda all’infuori di un pube “pelosissimo" con lo slogan “l’unica pelliccia che non mi vergogno di indossare”.

E si potrebbe continuare a lungo, ma sarebbe solo un elenco da ricerca Google che ciascuno di noi può personalizzare a piacere.
L’unica cosa che forse non gli è riuscita come avrebbe desiderato è l’uscita di scena: “Invecchierò ma con calma” è infatti il titolo della sua autobiografia, uscita nel 2013; ha invece dovuto lottare contro un male implacabile per ben 16 anni.
Ma forse lottare era la cosa che sapeva far meglio.

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