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Capranica Prenestina, quella pace attraverso i comignoli

Superai San Vito Romano e deviai verso Bellegra, in prossimità dei castagneti. Non c’era nessuno…

Accadde anni fa.. Comincio così, con il preciso intento e la speranza di dare un senso ad una storia. E’ la mia vicenda, la mia esperienza e da questo punto di vista,  poco o nulla può interessare, lo so, ne sono perfettamente consapevole, ma vi porto con me lo stesso, chiedendovi di seguirmi piano piano,  affinchè  questa storia, possiate viverla con me, io e voi insieme. Accadde anni fa, era un giorno di novembre, una domenica come tante altre. Volevo concedermi il lusso di una pietosa ed efficace bugia, ma non era così, non era affatto una domenica come tante altre. Avevo bisogno di solitudine, essere libero da pensieri,  spezzare le catene del caos, combattere il tiranno della confusione esteriore e non. Partii…

Erano le sei del mattino: buio fuori, dentro di me e nessuno in strada, conoscevo la meta. Avanzai fra la bruma che preannunciava l’inverno, senza alcuna premura di arrivare in tempo, non avevo limiti di tempo, perchè desideravo fortemente rinunciare al tempo, non ne potevo più di questo tempo despota, il tempo ero io.  Percorsi un bel tratto di strada, lasciandomi coinvolgere dalle prime luci dell’alba, osservando  distese di campagne deserte,  alberi spogli, tappeti di foglie caduche, respirando effluvi di terra umida. Così fino a Pisoniano… Un altro giorno nasceva, ma non era un giorno come gli altri.

Superai San Vito Romano e deviai verso Bellegra, in prossimità dei castagneti. Non c’era nessuno, ovunque mi voltassi nessuno, se non la solitudine che cercavo, amica fedele e complice del silenzio discreto. Sulla tortuosa e stretta strada che portava verso l’Eremo Francescano, individuai dei ricci caduti a terra e aprendoli con l’ausilio della suola delle scarpe, ne ricavai i frutti maturi. Erano così belli a vedersi, tanto erano grandi e lucidi! Decisi di spostarmi, non di molto però, con la mia bisaccia mezza piena che portavo in spalla. Non volevo perdere il momento della nascita di un giorno nuovo, anche se non era un giorno come gli altri, non poteva esserlo, ma sentivo che in me qualcosa si stava trasformando Tornai in macchina.e ripresi a guidare, anzichè andare avanti, tornai indietro, fino al momento in cui vidi un’indicazione: Capranica…. Guadagnolo.

Una voce di dentro, tra realtà e sogno, mi suggeriva di andare avanti, fino a che arrivai a Capranica Prenestina. Era ancora molto presto, troppo presto per individuare anima viva. Subito una piazza, l’insegna di un ristorante, un distributore di benzina, un negozio di generi alimentari, una fontana più avanti, di fronte a me… dimentico qualcosa forse. Tra realtà e sogno, stavo ritrovando la gioia delle cose essenziali, indispensabili e tra queste, al primo posto, la pace. Non avevo freddo, seppure fossi capitato per la prima volta in quel paesino di montagna, per di più durante l’inverno, a 915 metri di altezza. Decisi di restare lì, senza muovere un passo, per godermi i primi vagiti di quella domenica che mi stava regalando sentimenti decisamente diversi.

Notai i comignoli della case e il loro primo fumigare. Il profumo che l’aria abbracciava e diffondeva intorno, era intriso di una ricchezza antica, gentile. Il giorno aveva decisamente preso le redini di quella domenica, con il primo vociare, le prime persone in piazza, gli sguardi inevitabilmente curiosi che percepivo su di me. Neanche l’attimo fuggente di un battito di ciglia ed ecco la scia di fragranza prodotta dal pane caldo, appena sfornato. Mi misi a correre su per la salita, fino al forno locale ed entrai. Un tripudio di pane, biscotti, ciambelle, dolci tipici, una meraviglia assoluta. Stavo ritrovando motivazioni perdute. Scambiai quattro chiacchiere con qualcuno e cominciai a conoscere quella realtà dove la provvidenza mi aveva condotto.

Mi parlarono della Chiesa della Maddalena, del “Cupolino” attribuito alla scuola del Bramante, del palazzo Barberini, una volta Palazzo Capranica, edificato su antiche strutture medioevali, delle architetture militari… e poi? E poi di nuovo a parlare di cibo, dei formaggi e delle carni locali, delle fettuccine fatte in casa, condite con funghi porcini o sugo di castrato. Quel giorno non poteva essere un giorno come un altro e non lo fu. Si trasformò in meraviglia di vita, incarnando il cuore di ciò che avevo perduto. La provvidenza mi condusse là dove avrei trovato ciò di cui avevo bisogno. Fu la felicità figlia della pace che mi permise di ritrovarmi. Capranica e la sua gente, avevano compiuto un miracolo!

Foto di Adriano Di Benedetto

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