Bambini nel bosco, la decisione ufficiale ribalta tutto | Possono tornare a casa: ma i genitori…
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La vicenda che nelle ultime settimane ha acceso il dibattito pubblico su genitorialità, tutela dei minori e interventi delle istituzioni conosce ora un passaggio decisivo, destinato a ridefinire l’intero quadro.
Il caso, diventato rapidamente di interesse nazionale, ha sollevato interrogativi profondi sul confine tra responsabilità familiare e protezione giudiziaria, in un clima emotivo carico e spesso alimentato da polemiche. Le ultime indicazioni emerse dai magistrati minorili offrono però un chiarimento importante su ciò che potrebbe davvero accadere nei prossimi giorni.
Il tribunale dei minori de L’Aquila ha infatti adottato un provvedimento che, pur imponendo una misura restrittiva temporanea, apre alla possibilità di un rientro dei bambini in famiglia, a precise condizioni. Una decisione che non chiude il caso, ma ne definisce i contorni reali, lontano da interpretazioni semplificate o narrative distorte.
Cosa ha stabilito il tribunale e quali condizioni devono rispettare i genitori
Secondo il giudice Claudio Cottatellucci, presidente dell’Associazione italiana dei magistrati per i minorenni e la famiglia, il rientro dei minori nelle loro case sarà possibile solo se i genitori dimostreranno fiducia nel percorso giudiziario e collaboreranno in modo attivo. Il provvedimento emanato dal tribunale è infatti provvisorio e non definitivo, e mira a tutelare la salute e la vita di relazione dei bambini, senza prevedere una separazione permanente.
La misura adottata non ha carattere ideologico né punitivo: deriva da una lunga istruttoria durata 13 mesi, durante i quali i servizi sociali hanno tentato più volte di recuperare le funzioni genitoriali della coppia. La documentazione evidenzia però una collaborazione ritenuta insufficiente, soprattutto in relazione a interventi sanitari e scolastici essenziali per il benessere dei minori. Il tribunale ha rilevato inoltre il rifiuto da parte della famiglia di sottoporre i bambini a una valutazione neuropsichiatrica e la richiesta di 50mila euro per ogni figlio come condizione per autorizzare le visite, un comportamento giudicato incompatibile con un percorso di recupero.

La difesa della magistratura, il ruolo dei servizi sociali e le prossime mosse legali
Il giudice Cottatellucci ha difeso pubblicamente l’operato della presidente del tribunale de L’Aquila, Cecilia Angrisano, destinataria di pesanti accuse sui social definite una distorsione della realtà. Il magistrato ha ribadito che l’obiettivo della giustizia minorile è uno soltanto: proteggere gli interessi dei bambini, anche quando ciò richiede misure impopolari. Per questo, il Csm ha avviato una pratica a tutela dei magistrati coinvolti, in seguito all’ondata di odio generata online.
Dal punto di vista legale, la famiglia dispone ora di dieci giorni per presentare appello contro il provvedimento. Un passaggio cruciale, che si affianca alla valutazione degli assistenti sociali, chiamati a verificare quotidianamente le condizioni della famiglia e l’eventuale possibilità di ripristinare gradualmente la vita dei minori nel loro contesto originario. La presidente dell’Ordine nazionale degli assistenti sociali, Barbara Rosina, ha ricordato che ogni allontanamento è l’ultima risorsa e arriva solo dopo aver tentato, senza successo, tutte le misure di sostegno previste dai protocolli.
Rosina ha sottolineato che l’amore dei genitori non può compensare l’assenza di scuola, cure sanitarie e socialità, elementi considerati basilari per uno sviluppo equilibrato. Da qui il ruolo delle comunità madre-bambino e delle visite protette, strumenti pensati per mantenere il legame affettivo senza mettere a rischio la tutela dei minori. Le forti contestazioni mediatiche, ha spiegato, nascono anche dal fatto che gli operatori sociali sono tra i pochi professionisti a entrare nelle case delle famiglie, generando timori e tensioni alimentate da narrazioni scorrette diffuse sui social.
