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Roma, assedio Campidoglio: oggi tocca ai Marino-boys

Centinaia di irriducibili del sindaco sono scesi in piazza per difendere “il nostro sindaco dalla politica di infangamento”

Si sono dati appuntamento in Campidoglio, oggi a mezzogiorno, al grido di: “Daje, basta movemose”. Sono l’altra faccia, quella meno rumorosa e più sommersa, di una città che invece ha sempre approfittato di tutte le occasioni per urlare la sua sfiducia verso il sindaco uscente. E proprio per questo, oggi, questi cittadini rimasti “silenti” un po’ troppo a lungo vogliono uscire allo scoperto e il “casino” sono decisi a farlo loro.

Si tratta di qualche centinaia di irriducibili del sindaco, i “Marino boys” dirà qualcuno scherzosamente, scesi in piazza per difendere “il nostro sindaco dalla politica di infangamento”. Perché “Marino tante cose le ha sbagliate e tante non le ha capite”, avvisano i promotori, ma nella dinamica della sua uscita dalla scena politica c’è qualcosa di poco chiaro, qualcosa che “sa di marcio, di affari sporchi, di speculazioni, dei soliti che ci macinano e dei soliti che ne pagano le conseguenze”.

Le ragioni dell’evento di solidarietà in favore del primo cittadino dimissionario sono anche altre. E oggi, la piazza che sembra voler elevare Marino a simbolo della lotta al malaffare romano, è gremita di chi “non vuole lasciare Roma ai fascisti e ai clan mafiosi”, di “chi ama Mamma Roma”, di chi vorrebbe che “le cose buone iniziate da Marino fossero continuate”. 

Dal canto suo Marino non ha certo tardato a ringraziare i suoi sostenitori. Stamani, infatti, ha diffuso un post molto toccante sui suoi social network. “Ho pianto, mi sono scese le lacrime a vedere le migliaia di cittadini romani che in queste ore si stanno mobilitando con ogni mezzo, anche presentandosi qui in Campidoglio di domenica. Vorrei dire loro che li vedo, che li ascolto, che li leggo e che li ringrazio uno ad uno. Voi che vi attivate, che coinvolgete, che mettete in moto la nostra coscienza collettiva, voi siete il sale della democrazia e costituite un patrimonio che Roma non può e non deve perdere”.

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