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Roma. Via Ostiense rifatta, la madre di Elena Aubry: se qualcuno avesse urlato come ho fatto io mia figlia sarebbe qui

“Da qualche giorno è stato riaperto alla circolazione, adesso sembra un tavolo da biliardo, adesso lì non si può morire come è successo a Elena”

via ostiense elena aubry

Via Ostiense a Roma

Due anni fa, una ragazza stava tornando a casa in sella alla sua moto. Percorreva la via Ostiense (unisce Roma a Ostia) una strada tra le più pericolose d’Italia, tra buche e asfalto divelto dalle radici di pini. A un certo punto la centaura perde il controllo della moto e la sua vita viene spezzata da un assurdo incidente, causato dall’asfalto dissestato. Elena Aubry aveva 26 anni e tanta voglia di vivere, sempre pronta a regalare il suo sorriso al prossimo.

“La mamma di Elena, Graziella Viviano, non si è mai arresa, ha combattuto e tutt’ora continua a farlo per avere giustizia nel nome di una ragazza morta senza un perché”. Così inizia il post di Lorella Lattavo sul profilo Facebook di Graziella Viviano. “Una ragazza che ora poteva tranquillamente essere in vacanza con gli amici, divertirsi come tutti i giovani, lavorare, sognare, VIVERE.

Ora dopo tanta insistenza, manifestazioni, incontri voluti da questa indomita mamma coraggio, la strada dove la figlia ha perso la vita è a posto, ma lì c’è il cuore di Elena che Roma e l’Italia non dimenticheranno mai”. Il post di Lorella ricorda l’impegno profuso dalla mamma di Elena nella lotta contro l’indifferenza verso il problema delle buche stradali.

Dopo tanto urlare quella via è tornata a nuovo. E nel post è implicita la riflessione: se qualcuno prima di Graziella avesse manifestato, alzato la voce per indurre le istituzioni a rifare quel manto stradale, Elena oggi sarebbe viva.

Ed ecco l’amara considerazione della madre di Elena sul rifacimento di via Ostiense, affidata alla pagina Facebook di Graziella Viviano.

Adesso lì non si può morire come è successo a Elena

“Ecco la strada di Elena, il tratto dell’Ostiense che l’ha uccisa. Da qualche giorno è stato riaperto alla circolazione, adesso sembra un tavolo da biliardo, adesso lì non si può morire come è successo ad Elena. Non so cosa provo. Mi chiedo perché si debba arrivare a pagare con delle vite, prima di intervenire e non vale solo per questo tratto ma per tutte le strade pericolose che ci sono in Italia.

Perché bisogna aspettare che qualcuno muoia e a volte non è neanche sufficiente? Perché per fare l’ ovvio nel nostro Paese, bisogna insistere ed insistere finché diventa evidente che l’ovvio vada fatto?

Adesso su quella strada transiteranno altre persone, altre moto. Passeranno lì ‘normalmente’, forse neanche si accorgeranno di quella foto di Elena. Torneranno alle loro case, andranno al mare e la loro vita andrà avanti ‘normalmente’.

Anche quel 6 Maggio 2018 Elena stava andando ‘normalmente’ al lavoro, ma in quella strada di normale non c’era nulla. Penso che anche Elena avrebbe avuto diritto ad una vita normale. Però non è andata così. Io non so perché le nostre vite hanno certi corsi. Forse quella di Elena doveva servire a salvarne molte altre? Non lo so.

Se qualcuno avesse urlato come ho fatto io, forse Elena sarebbe qui

A volte penso che se qualcuno avesse ‘urlato’ come ho fatto io, forse Elena sarebbe qui e ‘normalmente’ , come le persone che transitano in questi giorni, adesso avrebbe una vita, un futuro. Giorni fa descrivevo ad un amico che è nelle Istituzioni, il carattere di Elena. Gli stavo dicendo che era davvero in gamba. Che avrebbe potuto fare tante cose, per la società, per gli altri. Lui mi ha fermato e mi ha replicato, di getto: ‘Le sta facendo’.”

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