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Tour del degrado tra gli insediamenti abusivi di Roma Sud

Da Dragoncello a Castel di Leva: tante segnalazioni, poche azioni

Sono numerose le segnalazioni che giungono da parte dei cittadini, soprattutto nel quadrante di Roma sud, relativamente alla presenza di campi nomadi che, seppur sgomberati, si riformano a distanza di pochi giorni.

Partiamo da Dragoncello, nel Municipio X di Roma: “Gli insediamenti insistono al di sotto del ponte ciclo pedonale che attraversa Viale Alessandro Ruspoli, adiacente alla Parrocchia Santi Cirillo e Metodio, dove i senza fissa dimora stazionano anche all'interno di 2 automobili situate proprio nel parcheggio di una vicina struttura scolastica e, a detta dei residenti, ne starebbero distruggendo il muretto di cinta al fine di utilizzare i mattoni di cui è composto per completare la loro arrangiata abitazione. Un altro stanziamento si trova poco più avanti, prima dell'incrocio tra Viale Ruspoli e Via Pio Foschini, in un contesto in cui i nomadi hanno occupato due strutture (presumibilmente cabine elettriche) e lentamente le stanno trasformando in altre abitazioni di fortuna con addirittura bagni esterni, canna fumaria improvvisata, delimitando il luogo con recinzioni di completamento” – dichiara il Comitato DifendiAmo Roma, a cui alcuni cittadini si sono rivolti.

Dopo Dragoncello, la seconda tappa del tour è Montagnola, Municipio VIII: “La cittadinanza lamenta la presenza dei rom anche all’interno dei portoni condominiali nelle ore serali, dove gli androni vengono adibiti a bagni pubblici, lo sversamento dei rifiuti in pieno giorno e la proliferazione di roghi tossici. Spesso scoppiano risse e le automobili nei pressi dell’abitato sono sempre più oggetto di furto” – continua il Comitato DifendiAmo Roma.

La terza tappa del tour, poco lontano dalla Montagnola, è a Castel di Leva, Municipio IX. Questa volta, la segnalazione giunge direttamente da un cittadino, con cui abbiamo deciso di parlare, Andrea G.
Con Andrea, ci siamo recati sul luogo per verificare la presenza dei campi nomadi nel territorio di Fonte Laurentina. Tra i campi, anche quello sgomberato appena 6 giorni fa (5/3/2014) proprio su via Laurentina, poco prima del supermercato Elite. Nonostante la Polizia Locale abbia provveduto a riposizionare i new jersey in modo da impedire ai rom l’accesso alla zona, il campo è stato ricostruito in pochi giorni. Oggi, mentre eravamo sul luogo con Andrea, abbiamo potuto verificare come il campo fosse in piena attività. Come testimonia anche la foto, dalle baracche si levava del fumo. Poco distante dal campo, una macchina, ora bloccata dal riposizionamento dei new jersey (ma come mai nessuno si è preoccupato di vedere a chi appartenesse quella macchina in stato di abbandono?), ridotta in malo modo, con la targa pendente. “Queste sono le macchine con cui si fanno vedere in zona – ci dice Andrea – Queste macchine non sono assicurate. Se ci mettono sotto, non siamo nemmeno tutelati”.

Andrea è un cittadino attivissimo, che ha a cuore la vita del suo quartiere, ma soprattutto quella di suo figlio. “Se continuo a battermi per far notare tutto quello che non va, lo faccio solo per mio figlio” – ci racconta, mentre ci accompagna ad un altro insediamento abusivo, quello all’incrocio tra via Castel di Leva e via Pietro Cuppari. "Noi oggi non ce ne accorgiamo – continua – ma chissà tutti questi fumi che vengono da qui cosa ci provocheranno".

Andrea ci ha mostrato alcuni documenti che attestano la sua battaglia, e quella di chi ha deciso di combattere come lui. Tra i documenti, una lettera indirizzata al comandante del XII Gruppo della Polizia di Roma (la lettera quindi, risale addirittura ad un tempo precedente alla nuova denominazione dei Municipi di Roma Capitale, ndr), a firma di M. F. avente ad oggetto “il campo nomadi abusivo che nuovamente e periodicamente viene a creare fra via Castel di Leva e via Laurentina (alle spalle del deposito AMA)”.

“In pratica – scrive M. F. – uscendo dalla rotatoria di via Laurentina e prendendo via Castel di Leva si possono scorgere tranquillamente un accampamento composto da alcune decine di "baracche" che sembrano aumentare con il passare del tempo.  Non sottovalutando il problema dei rifiuti abbandonati nel prato e dell'inquinamento del ruscello che scorre in quel punto, vorrei sensibilizzarLa sui gravi problemi di sicurezza sia per quanto riguarda l’aumento dei furti subiti dagli abitanti del quartiere (sia nei garage che negli appartamenti), sia per quella stradale dal momento che è facile incrociare di notte su Via Castel Di Leva (in un tratto non illuminato) delle file di extracomunitari che si recano all’accampamento”.

C’è poi la mozione, a firma dell’ex consigliere dell’allora Municipio XII (attuale IX) Federico Siracusa, datata 6 marzo 2012, indirizzata all’ex presidente Pasquale Calzetta, e avente ad oggetto “l’insediamento abusivo abitativo abusivo di via Laurentina, angolo via Castel di Leva”, in cui viene sollecitato un intervento per risolvere la questione. Nella mozione, Siracusa, cita anche le continue segnalazioni dei cittadini. Segno evidente del fatto che il problema risale molto indietro nel tempo.

Anche lo stesso Andrea, ha provveduto ad inoltrare una lettera, datata 11/03/2014 e indirizzata all’attuale comandante del IX Gruppo Eur della Polizia di Roma Capitale, al direttore dell’Ufficio Relazioni con il Pubblico, Pierluigi Ciutti, e al vicepresidente del Municipio IX e assessore all’Ambiente Alessio Stazi.

La storia del luogo in cui sorge l’accampamento abitativo abusivo di via Castel di Leva, come Andrea ci ha spiegato, è davvero molto particolare: da riserva naturale, si è trasformato in una discarica a cielo aperto in pochissimo tempo. A contribuire al degrado, gli stessi cittadini romani che hanno evidentemente identificato un luogo dove gettare i loro rifiuti a costo zero. Tanto che, all’ingresso della via che porta a sinistra verso i palazzi e verso un parco e a destra verso l’insediamento abusivo, un cartello recita così: “Attento a te porco che vieni a gettare la tua immondizia in questa strada. Adesso basta. Ti stiamo cercando, ti troveremo, e saranno cazzi tuoi”. Poche parole, che però evidenziano l’esasperazione dei residenti. Tra di loro, anche Andrea, che porta avanti la sua battaglia da tempo e che ha cercato il sostegno di tutti gli altri abitanti del comprensorio. Ma si è ritrovato da solo, o quasi. “Ma che ti metti a fare? Combatti contro i mulini a vento?” – gli dicono. “Meno male che chi ha voluto fare le rivoluzioni non ha mai pensato così!” – risponde lui.

Per accedere al campo abusivo, ci sono 2 stradine, battute nel tempo dalle ruote delle macchine che utilizzano i rom per giungere fino alle loro baracche. Dalla strada, l’accampamento non è visibile, bisogna addentrarsi e percorrere un pezzo di queste stradine per scorgere le prime baracche. Alla loro sinistra, una collinetta. Che nasconde quella che un tempo era la riserva naturale di Cava Covalca, e che ora è abbandonata a se stessa. A Cava Covalca c’era un laghetto naturale – “che da quanto so si era creato a seguito della rottura di una falda acquifera”, spiega Andrea –, c’erano animali. C’era il verde. C’era aria buona. Ora l’area è recintata da reti metalliche che circoscrivono la zona e la dividono dalla strada. “Quando ho scoperto dell’esistenza di Cava Covalca sono subito venuto a vedere cosa fosse – ci racconta Andrea – Non sai quanti bei momenti ci ho passato con mia moglie”. E ora? Ora Cava Covalca, che fa da sfondo all’insediamento abusivo, è una vera e propria discarica a cielo aperto. Oltre ai rifiuti che i cittadini gettano nella zona circostante – che è addirittura video sorvegliata! –, oltre al degrado che la presenza di un accampamento comporta, i camion giungono lì e scaricano terra e detriti.

"Non mi resta che sperare che qui intorno costruiscano palazzi su palazzi" – ci dice ancora Andea. Non perché sia favorevole alla cementificazione, ma perché è l'unico modo per sperare che si ristabiliscano livelli minimi di normalità e sicurezza.

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