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Scontri a Tor di Quinto, parla Alfredo Iorio

Una giornata al Centro Sportivo di Tor di Quinto

“Fuori c’era la guerra tra le tifoserie, mentre all’interno i bambini giocavano a pallone” – racconta Alfredo Iorio, responsabile del Trifoglio, a proposito dell’indagine su Daniele De Santis, tifoso fermato in seguito agli scontri della finale di Coppa Italia tra Napoli e Fiorentina. Perché l'inchiesta su De Santis ha inevitabilmente coinvolto la struttura nella quale alloggiava, ovvero i vecchi impianti sportivi dismessi dalla Lazio in via Tor di Quinto, riqualificati dal Trifoglio in seguito all’occupazione avvenuta nel 2004.

Per questo motivo, ieri, l’Associazione “Roma Sociale”, che ha in carico la struttura, ha aperto le porte a stampa e televisioni, per mostrare a tutti che le presunte “baracche di Tor di Quinto” di cui ha parlato Repubblica in realtà non esistono, né quelle, né “gli energumeni tatuati che quando provi a parlarci ringhiano”.

Arrivati al campo cogestito dal Trifoglio di Iorio, ci troviamo ad attraversare un ampio ingresso dove campeggiano lo stemma bianco-blu della U.S. Boreale, società di calcio popolare che si allena lì, e tanti fogli appesi alle pareti: sono i disegni realizzati dai più giovani degli allievi della società. Proseguendo poi all’esterno, ci sono i campi da gioco curati, un piccolo bar con tavolini e fioriere al suo esterno. Tutto molto ordinato, pulito e accogliente. Non ci sono all’apparenza simboli politici. “Noi non mentiamo, qui facciamo sociale” – dichiara Iorio. “Abbiamo impedito agli imprenditori romani di mettere le mani anche su questa struttura e l’abbiamo destinata non alla politica o al tifo come dicono, ma allo sport” – prosegue il leader del Trifoglio.

A dare conferma di questo c’è lo Statuto dell’Associazione, che all’art.3 enuncia tra le proprie finalità quella di “collaborare con le istituzioni pubbliche per favorire l’inserimento nel mondo dello sport e del sociale le classi meno abbienti e svantaggiate”.

C’è anche la testimonianza di Cesare Zaralli, presidente U.S. Boreale A.S.D., che ci permette di fare ulteriore chiarezza sulla natura di questa occupazione: “La campagna di screditamento mediatico ai danni di questo posto rischia di distruggere la società sportiva che presiedo, siamo nati nel 1964 e siamo una realtà storica di Roma nord. Per noi avere un campo dove allenarci determina la sopravvivenza della squadra – dichiara Zaralli, che racconta – Quel maledetto giorno qui si stavano allenando gli atleti più piccoli del Boreale, sono stati attimi di paura, sia i bambini che i genitori si sono spaventati”.

Ancora Iorio, sui ricordi di quella mattina, ribadisce che “fuori c’era la guerra tra le tifoserie, mentre all’interno i bambini giocavano a pallone”. Forse proprio per questo De Santis, allarmato dalla situazione di pericolo, è accorso all’esterno della struttura che, come osserva Iorio, “è casa sua”. Quello che è accaduto dopo non si sa. “Daniele abitava qui con i suoi cani, da cinque anni non andava più allo stadio, voleva cambiare vita” – racconta Iorio.

Presente all’incontro con la stampa anche Jaime Jimmy, presidente del Comitato Roma Capitale Italia Europa ed ex consigliere del Municipio I nella Comunità migranti, che conferma come “questo è un punto di riferimento per diverse comunità, le porte sono aperte a tutti ed è sempre stato un ambiente tranquillo”.

Una società sportiva, disabili e famiglie: è lunga la lista delle realtà che rischiano di trovarsi ‘in mezzo a una strada’ o comunque prive di un punto di riferimento in seguito a un’indagine ancora molto confusa, a carico di una sola persona, e che sinora non è approdata ad alcuna evidenza certa. Il timore è che la vicenda di Daniele “venga strumentalizzata per assegnare questo posto agli speculatori” – conclude Iorio.

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